Edgar Allan Poe ebbe fama di poeta maledetto; in realtà, fu solo un figlio della propria epoca, un genio che diede vita a nuovi generi letterari e precorse con largo anticipo i tempi.
Singolare è il suo rapporto con la morte, una costante nei suoi scritti e nelle sue riflessioni.
Autore: Anna Rita Rossi
Come potevano mancare premonizioni di morte nell’opera musicale?
La scena nel cupo antro di Ulrica, la misteriosa indovina di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, ne è un interessante esempio.
Nelle opere musicali, almeno quelle “serie”, la tragedia è di casa.
Morte, malattie, malvagità umane, colpi impietosi del destino e persino presagi di morte erano il pane quotidiano per librettisti e compositori di melodrammi.
Ma spesso, situazioni melodrammatiche si verificavano anche durante la genesi di un’opera.
Un ballo in maschera è uno dei tanti esempi di queste vicissitudini “tragiche” che musicisti e drammaturghi si trovavano a dover affrontare, in un’epoca in cui la censura era ferrea e imponeva non poche costrizioni ai poveri artisti.
Giuseppe Verdi è stato un grande musicista, con notevoli capacità drammaturgiche. Il suo singolare uso delle figure musicali della morte ha contribuito a dare unità alle sue opere e ad accrescere la loro capacità espressiva.
Le figure musicali della morte sono degli espedienti, delle convenzioni divenute topoi per esprimere sentimenti o situazioni negative nei melodrammi.
Giovinezza perduta e precarietà dell’esistenza questi i concetti chiave che Leopardi esprime in “A Silvia”.
La morte di una giovane donna è una dei tanti inganni crudeli, delle promesse impossibili della Natura. Gioia e felicità sono solo una pia illusione, un meraviglioso miraggio destinato a infrangersi contro la realtà.
Per Franz Schubert, il tema della morte e la fanciulla, prima come Lied e poi quartetto, assume la forma di un dialogo musicale nel quale le frasi di una fanciulla terrorizzata e incredula si oppongono all’eloquio composto e suadente della morte.
La figura di Giuseppe Tartini, compositore e virtuoso del violino, è legata a una famosa composizione musicale che ha avuto una curiosa genesi: la sonata in sol minore.
La Danza Macabra (Danse macabre) op. 40 di Camille Saint-Saëns, in origine è una chanson per voce e pianoforte, successivamente fu strumentata e divenne un poema sinfonico. È una composizione vivace e trascinante che riecheggia in modo ironico e coinvolgente sia il muoversi in processione tenendosi per mano sia l’invito della morte a danzare.
Di epoca tardomedievale, la danza macabra era un memento mori (ricordati che devi morire) e raffigurava una danza tra uomini e scheletri.