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Cultura letteratura poesia

“A Silvia”: una poesia sulla condizione umana tra speranza e disillusione

Giovinezza perduta e precarietà dell’esistenza questi i concetti chiave che Leopardi esprime in “A Silvia”.
La morte di una giovane donna è una dei tanti inganni crudeli, delle promesse impossibili della Natura. Gioia e felicità sono solo una pia illusione, un meraviglioso miraggio destinato a infrangersi contro la realtà.

Giovinezza perduta e precarietà dell’esistenza questi i concetti chiave che Leopardi esprime in “A Silvia”.
La morte di una giovane donna è una dei tanti inganni crudeli, delle promesse impossibili della Natura. Gioia e felicità sono solo una pia illusione, un meraviglioso miraggio destinato a infrangersi contro la realtà.

La poesia A Silvia – in realtà la ragazza si chiamava Teresa Fattorini ed era la figlia del cocchiere di casa Leopardi – è un dialogo appassionato, con diversi interlocutori, non solo la ragazza, morta di tubercolosi nel 1818, ma anche la Natura e la giovinezza perduta.

Giacomo Leopardi scrisse questa poesia, dedicata alla sua dirimpettaia, nel 1828, dopo un lungo silenzio poetico. Composta da 29 endecasillabi e 34 settenari, dove l’ultimo verso di ogni strofa rima con uno dei versi che lo precedono, si divide in due parti della medesima lunghezza.

I versi dedicati a Silvia sono realizzati con grande abilità letteraria e musicale, grazie a un uso sapiente di figure retoriche: anafore (Che pensieri soavi, / Che speranze, Che cori); ossimori (lieta e pensosa); epanalessi (o natura, o natura); metonimie (sudate carte); enjambements (sonavan le quiete / stanze); metafore (cara compagna dell’età mia nova – il poeta parla della speranza) chiasmi (fredda morte, tomba ignuda); iperbati (agli anni miei anche negaro i fati / la giovinezza); allitterazioni (ripetizione della sillaba “vi”).

Leopardi per scrivere “A Silvia” fa riferimento al passato, scava nei ricordi e mette in versi le conclusioni filosofiche alle quali era giunto nell’intervallo di silenzio poetico intercorso tra il 1823 e il 1827.
La poesia è giocata su due piani temporali il passato felice (giovinezza e speranza) e il triste presente (età adulta e disillusione). Il ricordo (rimembri ancor) rappresenta il prima, quando la Natura schiude agli occhi di chi si affaccia alla vita lo scrigno delle sue meraviglie e le aspettative di un luminoso futuro.
Il dopo, invece, è la morte (per Silvia), la gioventù non vissuta (per Leopardi), le speranze perdute.

Il confronto tra passato e presente è drammatico e la colpa di queste promesse tradite, non mantenute, è da imputare alla Natura matrigna che inganna e illude e non fornisce risposte alle incalzanti domande del poeta alla continua ricerca di un senso alla condizione umana.
O natura, o natura / Perché non rendi poi / Quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi?
Alle accorate domande di Leopardi un’unica silenziosa risposta:
con la mano / la fredda morte ed una tomba ignuda / mostravi di lontano.

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