Nell’opera poetica di Giosuè Carducci (Valdicastello, 27 luglio 1835 – Bologna, 16 febbraio 1907) è presente una dualità conflittuale tra vita e morte. Una delle sue poesie più famose, “Pianto antico”, riflette tale contrapposizione con grande efficacia.
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Pirandello pubblicò “Il fu Mattia Pascal” nel 1904; il romanzo fu subito un successo.
Le vicissitudini del protagonista e soprattutto la sua curiosa condotta di vita, che include due presunte morti e alla fine – si presume – una vera, incontrarono un grande favore di pubblico.
Calvino ci ha lasciato indimenticabili opere letterarie.; il romanzo “Le città invisibili” è una di queste: un curioso excursus di luoghi immaginari, tra i quali è annoverata anche una città dei morti.
Foscolo è l’autore del sonetto “Alla sera”. In questa poesia, il dileguarsi della giornata al crepuscolo richiama la morte che conduce alla pace e allontana dagli affanni della vita.
Virginia Woolf non ci ha lasciato solo grandi opere letterarie, ma attraverso la sua scrittura, ci ha mostrato uno scorcio della sua complessa e tormentata umanità che continua a farci riflettere.
Lord Byron, famoso poeta inglese, ha scritto molti capolavori, tra questi ricordiamo un commovente epitaffio scritto in onore del suo cane.
La peste è una tra le malattie infettive che ha lasciato più segni non solo nell’ambito sociale e sanitario, ma anche nell’arte e nella letteratura. Esistono diversi resoconti di epidemie di peste e trattati che parlano distesamente di questo morbo letale, alcuni sono molto famosi, come quello contenuto ne “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni.
Il termine “catabasi” ha origine dal greco “katábasis”, che significa “discesa”. È composto da katá “giù” e básis “cammino”.
Sono molte le storie dove la morte è la protagonista o comunque, possiede un ruolo di rilievo. Una di queste è “Le intermittenze della morte” di José de Sousa Saramago (1922-2010; scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario e traduttore portoghese).
In questo periodo, in cui il Covid ha messo a nudo tutte le nostre fragilità e ci ha privato della presenza di molti dei nostri cari, la poesia “Solo la morte” di Pablo Neruda (1904 – 1973) mi sembra riassumere e rappresentare in modo adeguato il volto stravolto di questi tempi.