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“Messe des Morts” di Gossec: una grandiosa architettura musicale

La “Messe des Morts” è la più grande tra le opere che ci ha lasciato in eredità François Joseph Gossec. In questa composizione, la musica guarda al passato, ma possiede anche molti aspetti innovativi che hanno influenzato sia i musicisti contemporanei sia quelli successivi al compositore francese.

La “Messe des Morts” è la più grande tra le opere che ci ha lasciato in eredità François Joseph Gossec. In questa composizione, la musica guarda al passato, ma possiede anche molti aspetti innovativi che hanno influenzato sia i musicisti contemporanei sia quelli successivi al compositore francese.

La Messe des Morts, Grande Messe des Morts o Missa pro Defunctis, composta nel 1760, è un Requiem di François Joseph Gossec (Vergnies, 17 gennaio 1734 – Passy, 16 febbraio 1829) che fu compositore, violinista, direttore d’opera e pedagogo francese.
Lavorò al servizio del Principe di Condé e del Principe di Conti; diresse la Scuola Reale di Canto e Declamazione (futuro Conservatorio di Musica) del quale fu membro del consiglio di amministrazione.
Durante la Rivoluzione francese, Gossec fu nominato compositore ufficiale, fu tra i musicisti più onorati sotto Napoleone I. Morì durante la Restaurazione, all’età di 95 anni.

Per comprendere le influenze musicali in cui si trovò immerso, ma anche per capire quale fu il suo personale contributo, nei confronti dei suoi contemporanei e dei musicisti che lo seguirono, basti pensare che, Gossec nacque due anni dopo Haydn (1732-1809); aveva solo 16 anni quando morì Bach (1750); 22 quando nacque Mozart (1756), che fu suo amico; 30 quando morì Jean-Philippe Rameau (1764).

François Joseph Gossec ci ha lasciato ben 160 opere musicali.
La Messe des morts è ritenuta la sua più grande opera. Essa ha una concezione notevolmente innovativa. Essa presenta ancora passaggi in stile barocco, ma, al contempo, si avvicina alle opere di Haydn e Mozart, quelle degli anni intorno al 1780; per certi versi, il suo requiem anticipa addirittura Beethoven.

Questa Messe des Morts fu musicata da Gossec per essere eseguita nel maggio 1760, nel convento dei Giacobini in Rue Saint-Jacques, l’occasione fu la morte di Charlotte-Godefride-Élisabeth de Rohan Soubise (1737 – 1760; aristocratica francese che si sposò all’interno del Casato di Condé, un ramo cadetto della Casa regnante di Borbone, durante l’Ancien Régime), principessa di Condé, morta nel marzo 1760, all’età di 23 anni.

Tra il 1760 e il 1792, il requiem di Gossec fu eseguito una dozzina di volte. Nell’agosto del 1789 due volte, per “il riposo delle anime dei fratelli morti per la difesa della patria” e altre due volte ancora nel 1792, per celebrare i morti della Bastiglia.
La musica di Gossec era stata realizzata con lo scopo di commemorare e fu eseguita un’unica volta in concerto: nel 1762 all’Hôtel de Soubise. Fu poi ripresa a Parigi, nel 1805 e nel 1814, successivamente a Berlino, nel 1911, e nel 1932 a Würzburg. Attualmente, viene eseguita in Belgio, ma non in Francia.

I motivi per cui ai nostri giorni l’opera di Gossec non compare nelle stagioni concertistiche, che invece includono altri requiem, ad esempio, quello di Verdi o di Mozart, è dovuto al fatto che Gossec non rientra nella rosa dei compositori più noti. Inoltre, la sua Messe des Morts ha una lunghezza notevole e necessita di un organico piuttosto consistente.

La prima edizione di questo requiem risale al 1780 e fu pubblicato 20 anni dopo la sua realizzazione, dall’editore Henry. Fu stampato ancora altre due volte, la terza e ultima edizione è del 1785, l’editore stavolta era Leduc.

Per la sua Messe des Morts, Gossec ha previsto una strumentazione davvero ampia per la sua epoca, anticipando le soluzioni realizzate successivamente da Berlioz e Verdi nei loro rispettivi requiem.
Per avere un’idea della grandiosità, menzioniamo l’orchestrazione indicata nella partitura della prima edizione (1780). In questa versione non troviamo i fagotti che però, erano sicuramente compresi nelle esecuzioni, in quanto sostituivano il basso.
Strumenti a corda: violini primi, violini secondi, viole, violoncelli, contrabbassi
Strumenti a fiato: (legni) 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti – (ottoni) 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni
Percussioni: timpani
In quanto alle voci, oltre ai solisti (soprano, contralto, tenore, basso), è presente anche il Coro (soprani, contralti, tenori e controtenori, bassi).

Gossec variava l’orchestrazione in base alle circostanze, in certi casi essa era più ampia.
L’orchestra, “La Société académique des enfants d’Apollon”, fondata dallo stesso compositore, comprendeva musicisti dilettanti e professionisti e riuniva dai 60 agli 80 musicisti, ma poteva anche essere più grande.

Abbiamo una testimonianza dello stesso Gossec di un’esecuzione avvenuta il 15 dicembre 1784, nella chiesa di Saint-Eustache con ben 200 musicisti. Il compositore commenta l’effetto del prodigioso organico e dei particolari posizionamenti che aveva previsto per alcune sezioni: “Siamo stati spaventati dall’effetto terribile e sinistro di tre tromboni uniti insieme a quattro clarinetti, quattro trombe, quattro corni e otto fagotti nascosti in lontananza e in un luogo alto della chiesa per annunciare il Giudizio Universale, mentre l’orchestra esprimeva timore con un tremito soffocato di tutti gli strumenti a corda. A questo terribile effetto presto successe nell’orchestra un effetto morbido, soave e consolante, prodotto dall’unione di flauti con clarinetti e corni”.

Per quanto riguarda la struttura del requiem, esso è composto da venticinque sequenze che non seguono strettamente il rituale, ad esempio, Gossec omette il Kyrie.
I. Introduzione orchestrale (grave in do maggiore)
II. Requiem in do minore (coro accompagnato da archi con sordina)
III. Te decet hymnus Deus (dialogo tra orchestra, solisti, soprano e contralto, e coro)
IV. Exaudi (Largo in fa minore passaggio in bel canto)
V. Requiem
VI. Et lux perpetua (Fuga in do minore del coro accompagnato dall’orchestra)
VII. Dies irae (in sol minore).
VIII. Tuba mirum (baritono accompagnato dall’orchestra divisa in due gruppi)
IX. Stupebit bit
X. Quid sum miser (recitativo del contralto seguito da un trio – soprano, contralto e basso – accompagnato dagli oboi)
XI. Registrare
XII. Inter oves (soprano solo)
XIII. Confutatis (coro)
XIV. Oro supplex
XV. Lacrymosa (due soprani solisti con l’orchestra)
XVI. Judicandus (coro e violini)
XVII. Pie Jesu (si conclude con una fuga sull’Amen del coro, sorretto da violini e violoncelli)
XVIII. Vade et non reverde conspicio (recitativo cantato dal tenore)
XIX. Spera in deo (Aria)
XX. Cedant hostes (coro diviso accompagnato dagli archi)
XXI. Sanctus (canto piano in fa maggiore armonizzato, cantato dal coro)
XXII. Pie Jesu (coro, prima solo tenori e bassi, poi tutte le voci)
XXIII. Agnus Dei (do maggiore)
XXIV. Lux aeternam (coro in do maggiore, senza i soprani)
XXV. Requiem (voce dei solisti, voce di basso seguita da tenore, viola e soprano, termina con una fuga del coro in do maggiore)

In copertina: Il requiem in “Les Très Riches Heures” (le ore più ricche) di Duc de Berry

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