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Treno o Trenodia: un termine che fa rima con… Covid

Se la parola treno o trenodia vi fa venire in mente stazioni vuote e vagoni affollati, siete fuori strada. Questo termine significa tutt’altro e le sue origini risalgono all’antica Grecia.

Se la parola treno o trenodia vi fa venire in mente stazioni vuote e vagoni affollati, siete fuori strada. Questo termine significa tutt’altro e le sue origini risalgono all’antica Grecia.

L’etimologia è una scienza davvero affascinante: consente di scoprire cose curiose e interessanti.
Nel caso di treno (o trenodia), con la stessa parola si indicano cose completamente diverse.
La parola “treno”, se facciamo riferimento all’uso comune di mezzo di locomozione, deriva dal francese “train”, propriamente, “traino”, derivazione di “traîner” che corrisponde all’italiano “trascinare”.
Se però facciamo riferimento al greco antico, la parola “treno” (θρῆνος, thrênos) o “trenodia” (θρηνῳδία, thrēnōdía, composto da “thrénos” treno e “odé” canto), ci ritroviamo a parlare di tutt’altro, addirittura di un canto funebre, di compianto per un defunto che classicamente era strutturato come alternanza di cori o come voce solista contrapposta a un coro.

Il primo esempio conosciuto di treno o trenodia appartiene all’Iliade, sono le “Lamentazioni sulla morte di Ettore” (Il., XXIV, 720-776). In questa versione esametrica (esametro: verso tradizionale dell’epopea greca e romana) si intravvedono i caratteri di un antico uso lirico: il coro, con il ritornello delle donne e gli “a solo” delle parenti, Elena, Ecuba, Andromaca.

Nell’epoca della grande lirica corale, la trenodia conquistò le vette dell’arte. Famose sono le trenodie di: Simonide, ci restano alcuni brevi frammenti; Pindaro, nell’edizione alessandrina delle sue poesie, i treni formavano un libro a parte; Eschilo, ne “Le Coefore” (tragedia che fa parte della trilogia della “Orestea”); Sofocle, nella tragedia “Antigone”; Euripide, nella tragedia “Le Troadi” (o “Le troiane”).

Attualmente, il termine trenodia è usato per indicare anche la lamentazione in genere, la lagna o il piagnisteo, intesto solitamente come manifestazione di gruppo e utilizzato con risvolti ironici.
Resta in uso anche un’accezione seria del termine, ad esempio,il “Libro delle Lamentazioni” (ebraico Qinot, “lamenti funebri”; greco, thrénoi, “lamenti”; latino Lamentationes) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica e in quella cristiana.

In ogni caso, la lamentazione è un ampio genere letterario e musicale che comprende sia esempi ricercati ed elevati sia di carattere popolare; esempi religiosi e al contempo pagani.

Anche nell’antichità, la lamentazione era impiegata per la morte, ma anche per altre situazioni: crisi sociali ed economiche; episodi dolorosi di vario tipo. Si pensava che tali manifestazioni avessero un potere curativo.

Un esempio musicale che appartiene a tale genere è la “Trenodia per le vittime di Hiroshima”, per cinquantadue strumenti ad arco, del compositore polacco Krzysztof Penderecki (1933–2020), composta nel 1961.
L’opera è un omaggio alle vittime della bomba atomica sganciata dagli americani ad Hiroshima, il 6 agosto 1945.

In copertina: rilievo di un sarcofago, Il cadavere di Ettore riportato a Troia, scena tratta dal Libro XXIV dell’Iliade (ca. 180-200 d.C.),

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