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Lugere: i passi del lutto Tanatologica(mente)

Lugere: i passi del lutto

“L’angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere”.

Frida Kahlo

Questa nuova rubrica propone, attraverso le più emergenti teorie, uno sguardo su ciò che effettivamente il lutto è: un insieme di reazioni psicofisiche dovute alla perdita di un Altro significativo per la quale vengono attuate una serie di strategie a livello sociale – ed in base alle diverse culture – per comprendere e “metabolizzare” l’evento morte.

Dal latino “luctus”, pianto, e “lugere”, essere in lutto e piangere, secondo Umberto Galimberti – sociologo, psicanalista e filosofo – il lutto è:

uno stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza.

La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili“.

(1997)

Vi sono, in ambito accademico, diversi riferimenti per definire il lutto, ovvero:

  • Modello Cognitivo – comportamentale;
  • Modello psicodinamico – psicoanalitico;
  • Modello biofunzionale corporeo;
  • Modello sistemico relazionale;
  • Modello umanistico esistenziale;
  • Modello pluralistico integrato.

Cominciamo dunque dal modello cognitivo comportamentale per poi procedere, nel tempo, con l’approfondimento degli altri modelli.

Il modello Cognitivo – comportamentale: teorie e definizioni

Questo modello, il quale si basa sulla Teoria dell’Apprendimento sociale, appartiene al ramo della Psicologia Sperimentale:

ogni soggetto determina i propri comportamenti di tipo disadattivo in base sia ai fattori ambientali che quelli propri del comportamento.

Questo modello viene a definirsi nel 1913 con John Watson, padre del movimento behaviourista e comportamentista. Differentemente dal modello freudiano, Watson propose un’analisi della conoscenza senza porre come rimedio principale il metodo introspettivo, attraverso il riconoscimento della psicologia quale scienza del comportamento.

L’essere umano non sarebbe cioè mera introspezione ma il risultato delle proprie esperienze, il suo comportamento è dunque valutabile e rilevabile per mezzo dello studio dell’apprendimento.

Negli anni ’80 del secolo scorso il lutto – analizzato attraverso l’approccio cognitivo-comportamentale – risultava connesso allo stress da separazione: lo stress dovuto ad una perdita significativa si riteneva potesse comportare talune interferenze emotive capaci a loro volta di generare pensieri disfunzionali.

Per mezzo, quindi, della ristrutturazione cognitiva la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale si mostrava capace di analizzare il lutto.

Negli ultimi anni si è giunti ad esplorare il lutto ed il cordoglio attraverso un’analisi più processuale, legata al sostegno al lutto, all’accettazione dell’evento morte e alla modifica di alcuni aspetti personali.

Come mai questo cambiamento? In primis per una differente visione del lutto che si è evoluta, ovvero l’idea che l’elaborazione del lutto non sia basata esclusivamente sul lavoro delle emozioni e, in secondo luogo, che alcuni lutti – ad esempio quello complicato – possano comportare (ma anche no) un vissuto depressivo, di ansia e altri disturbi, dunque riportando la necessità di strategie differenziate in base alla soggettività esperita.

Di recente è stato perfezionato il Traumatic Grief Reattment, il quale promuove una concomitanza di terapie interpersonali per la depressione e altre tecniche cognitive comportamentali per affrontare i sintomi da PTSD (post traumatic stress disorder).

Il ruolo del terapeuta è determinante, capace cioè di acquisire il ruolo di “contenitore emotivo” e di conduttore nelle fasi del lutto, evidenziandone la funzione di rito di passaggio.

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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