Gli Etruschi avevano un rapporto complicato con la morte che, nei secoli in cui la loro civiltà crebbe e si diffuse, attraversò fasi diverse. Le loro necropoli erano vere e proprie città nella città e le tombe erano singolari repliche delle abitazioni dei vivi.
Gli Etruschi, denominati Rasenna o Rasna nella loro lingua, erano un popolo dell’Italia antica.
Vissero tra il IX e il I secolo a.C., stanziati in una vasta area chiamata Etruria che copriva le attuali Toscana, una porzione di Umbria e Lazio, parte della pianura padana, della Lombardia, del Veneto e della Campania.
Gli Etruschi avevano molto vivo il culto dei morti e le prime testimonianze archeologiche che li riguardano sono le necropoli e le tombe, che hanno lasciato a ricordo del loro passaggio.
Le città, i resti delle loro attività economiche e della loro vita quotidiana sono scoperte successive.
In una prima fase, la visione della morte per gli Etruschi era estremamente serena. Essi credevano che i defunti continuassero a vivere nella loro tomba e per tale motivo arredavano l’ultima dimora dei morti con ogni genere di suppellettili e arredi.
Era chiaro in ogni parte di questi sepolcri, il richiamo al mondo dei viventi che ancor più si manifestava nelle rappresentazioni dipinte sulle pareti delle tombe che riecheggiavano scene di vita quotidiana: giochi atletici; danze; banchetti e feste, in compagnia di parenti e amici; battute di caccia e pesca.
Anche nella struttura: travature, cornici, soffitti, ecc., le tombe degli Etruschi replicavano l’ambiente domestico, e i familiari del defunto, nella stessa ottica, arricchivano il corredo della tomba con armi, vestiti, gioielli e cose che il defunto aveva usato durante la vita.
Oggetti, arredo e dipinti servivano ad alleggerire il soggiorno dei defunti, ribadivano che la tomba era la casa dell’aldilà e trasfondevano al morto un po’ della vitalità che rappresentavano.
Gli Etruschi erano un popolo di grande vitalità, in grado di accogliere persino la morte con un sentore di gioia e serenità, come una tappa inevitabile della vita.
Il passaggio nell’aldilà di un defunto era celebrato come una festa, questo almeno in una prima fase, nella successiva, influenzati dalla cultura greca, gli Etruschi assimilarono una ben diversa idea della morte.
Tra il IX e l’VIII secolo a.C. gli Etruschi cremavano i loro defunti e ne raccoglievano le ceneri in particolari contenitori di varia fattura; l’inumazione compare dall’VIII secolo a.C. in poi.
Per quanto riguarda le tombe, all’inizio si utilizzavano semplici fosse, successivamente, gli Etruschi scavarono tombe nella roccia oppure le costruirono, ricoprendole con tumoli di terra.
Le tombe etrusche erano solide e, solitamente, contenute nelle dimensioni; ne esistevano però anche di più grandi per accogliere più defunti di una stessa famiglia.
I primi esempi di tombe monumentali erano chiaramente ispirate alle abitazioni degli Etruschi: capanne a pianta circolare o ellittica; costruite con grandi blocchi di pietra, sormontati da una falsa cupola.
Il vero e proprio sepolcro era una camera interna cui si giungeva passando per un corridoio, ove erano collocate suppellettili e offerte di cibo.
Più avanti, si sostituì questo tipo di tomba con altre scavate sottoterra (ipogei, situate sui fianchi delle colline; tumuli, scavate in terreni pianeggianti e ricoperte da terra e pietrisco), che all’inizio presentavano un solo ambiente, successivamente, furono aggiunte altre camere laterali.
È evidente che gli Etruschi avevano un profondo rispetto per i morti, ciò si evince dalla ben calcolata sistemazione delle aree funerarie e dall’orientamento delle aperture dei sepolcri: ogni dettaglio era studiato per rispettare uno specifico contesto sacrale e religioso.
Per molti aspetti, le cerimonie funebri degli Etruschi erano simili agli attuali funerali: il giorno della sepoltura, un corteo partiva dalla casa del defunto per recarsi alla tomba di famiglia; i sacerdoti, i suonatori di flauto insieme ai familiari e ai conoscenti accompagnavano il defunto che era trasportato su un carro a quattro ruote.
Durante il tragitto si potevano udire litanie e musiche meste; giunti alla tomba si proseguiva con il rito della sepoltura.
Danza, musica e preghiera rivestivano una grande importanza in queste cerimonie e non mancavano neppure gare atletiche e combattimenti.
Alla metà del VI a.C. gli Etruschi trasformarono le loro necropoli.
Le nuove tombe “a dado” erano poste una accanto all’altra e le città dei morti si fregiavano di strade e piazze. All’interno delle tombe c’erano solo due ambienti, mentre all’esterno, delle scale conducevano alla sommità del dado dove erano collocati degli altari.
Dal V secolo a.C. per gli Etruschi cambia radicalmente la visione della morte: figure demoniache, serpenti e mostri iniziano a popolare le tombe dei loro defunti.
Questa profonda trasformazione non è dovuta unicamente all’influenza della civiltà greca, ma è probabilmente legata alla consapevolezza che gli Etruschi svilupparono, specie intorno al III secolo, che la loro civiltà era agli sgoccioli.
Il senso di angoscia per l’imminente fine investe non solo la vita quotidiana ma determina anche la visione dell’aldilà che diventa un luogo terrificante, dove i defunti dimorano privi di speranza e circondati da demoni mostruosi.
In copertina: Tomba del Triclinio. Particolare di due ballerini sulla parete destra (Necropoli di Monterozzi nei pressi di Tarquinia)