Nell’antichità, il Necromanteion era il luogo in cui era possibile comunicare con l’aldilà, qui accorrevano i fedeli, per colloquiare con i loro antenati defunti.
Necromanteion o Nekromanteion significa “Oracolo della morte”, in pratica, era un tempio, dedicato ad Ade e Persefone.
Era situato nelle vicinanze dell’antica città di Efira, presso le rive dell’Acheronte, in Epiro, nel punto in cui si riteneva che i fiumi dell’Ade: Flegetonte (“carboni ardenti”), Cocito (“lamento”) e Acheronte (“priva di gioia”) si incontrassero.
Il Necromanteion era considerato la porta attraverso la quale si accedeva al regno dei defunti.
Questo tempio fu costruito nel III secolo a.C. e continuò a svolgere la sua funzione di porta di comunicazione con l’oltretomba fino al 167 a.C., quando fu saccheggiato e incendiato dai Romani.
Esistevano anche altri templi con oracoli di morti, come quello di Poseidone a Taenaron, quello di Cuma e quello dell’Argolide, ma il tempio di Efira era il più importante e apparteneva ai Tesprozi (o Tesproti, antica tribù greca di Tesprozia, Epiro).
Al Necromanteion si recavano le persone che volevano parlare con le anime dei defunti, perché si credeva che i morti fossero capaci di prevedere il futuro.
Avere un colloquio con i defunti richiedeva una preparazione attraverso complesse cerimonie.
Come primo passo, si effettuava un rito di purificazione, a questo seguiva un sacrificio di animali (di solito, pecore), poi, i visitatori passavano in una serie di tortuosi corridoi sotterranei e qui depositavano denaro e offerte.
Il celebrante (nekyomanteia) poneva delle domande a quelli che volevano comunicare con i defunti e pronunciava preghiere e canti. Alla fine del rito, si giungeva in una sala centrale, qui il sacerdote emergeva dalla terra e iniziava a volare attorno al tempio. Nessuna magia: era sollevato da una gru, come quelle impiegate nei teatri. L’effetto sugli astanti era garantito.
Coloro che giungevano al Necromanteion e partecipavano alle cerimonie sostenevano di vedere ombre e fantasmi. Queste “visioni” potevano essere influenzate sia da bevande che assumevano, contenenti sostanze stupefacenti, sia da effetti scenici ben congegnati.
Nella stanza cosiddetta “dei morti” si sono rinvenute diverse parti meccaniche che, probabilmente, rappresentano i resti dei congegni usati per convincere i visitatori di essere in contatto con l’aldilà. L’oscurità e il trovarsi sottoterra facevano il resto.
Il Necromanteion era composto da vari ambienti: l’Oracolo vero e proprio; tre corridoi; le sale di preparazione per i postulanti; il peribolo (nell’architettura classica recinto sacro posto attorno a un tempio) con delle stanze circostanti; il muro esterno.
Il corpo principale del Necromanteion era costituito da: una Sala sacra che aveva sei stanze su entrambi i lati; un piano superiore; la Casa dell’Ade.
La Sala sacra era posta nello spazio centrale della costruzione e si estendeva in senso longitudinale da nord a sud.
Alcuni autori classici parlano nelle loro opere del Necromanteion.
Omero, nell’Odissea, narra che Ulisse, consigliato da Circe, si spinse negli inferi per incontrare Tiresia, il veggente cieco, per avere un oracolo riguardante il suo ritorno a Itaca.
Anche Erodoto nelle “Storie” cita il Necromanteion, quando riferisce l’episodio di Periandro, il tiranno di Corinto, che si era recato al tempio per parlare con Melissa, la moglie da poco defunta.
L’uomo voleva sapere dove la donna avesse nascosto una somma di denaro. Melissa non rispose al quesito del marito, ma si lamentò del freddo che pativa agli inferi, perché Periandro non aveva bruciato i suoi vestiti, come si usava al momento della morte di una persona. Il marito, avuta certezza dell’identità della defunta, si affrettò a far svestire le donne presenti e a bruciare le loro vesti in onore di Melissa.
Il luogo dove era ubicato il Necromanteion fu rivelato nel 1958, dall’archeologo Sotirios Dakaris.
Grazie agli scavi, che si prolungarono fino al 1977, sono emerse alcune interessanti curiosità.
Nell’area del sito archeologico, furono ritrovati semi di fave e di lupini, che consumati crudi avevano effetti allucinogeni. Questo ritrovamento spiega in parte il perché il luogo avesse fama di porta dell’aldilà, le sostanze psicotrope di sicuro accrescevano l’effetto soprannaturale già incrementato dall’oscurità e dalla singolarità del luogo.
L’altra curiosità riguarda la Sala sacra del Necromanteion. Nel pavimento di questa stanza furono rinvenuti molti frammenti di cocci dei recipienti di argilla che contenevano le offerte dei fedeli ai defunti.
Chi si recava al tempio per porre domande alle anime dei morti lanciava dei sassi sui recipienti delle offerte, questi dovevano essere infranti, perché tale gesto faceva parte del rito che consentiva di comunicare con i defunti.
Ancora oggi in Tesprozia (una delle quattro unità periferiche in cui è suddivisa la periferia dell’Epiro; a nord confina con l’Albania, a est con Giannina, a sud con Prevesa), nel luogo in cui si è verificato un delitto, i passanti lanciano sassi per avere il permesso di transitare dal fantasma dell’assassinato. Inoltre, ai funerali, quando esce il feretro, è usanza rompere una tazza oppure un bicchiere.