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Tanatologica(mente)

La fotografia postmortem

In epoca vittoriana iniziò a comparire una forma di ricordo alquanto particolare e straordinaria, la fotografia postmortem, erede delle rappresentazioni in chiave ritrattistica dei propri defunti.

Quando ancora non era possibile avere una foto del proprio caro, l’unico modo per averne un mero ricordo del volto e delle fattezze era il ritratto, soprattutto (o forse meglio dire solamente) per coloro che potevano permettersi tale possibilità.

Il dagherrotipo, comparso verso gli anni ’30 del 1800 fu un metodo avanguardistico che permise anche alla classe media di poter immortalare i propri cari da poco deceduti.

A pensarci oggi, la maggior parte di noi potrebbe in verità storcere il naso o ritenerla una pratica poco decorosa e non in linea con il nostro modo di vivere il ricordo delle persone che amiamo.

In realtà questa tipologia prese parte della cultura statunitense e d’Europa sino al 1900, proponendosi in chiave contemporanea anche attraverso la tecnologia sempre più avanzata e per le necessità legate alla pandemia mondiale che ci ha colpiti.

In epoca vittoriana la mortalità rasentava picchi elevati, legati spesso alle malattie, la mortalità infantile e alle guerre, così l’unico modo per avere una foto – spesso l’unica che si potesse avere – fosse quello di scattarla al proprio caro defunto.

Credits: https://finestresuartecinemaemusica.blogspot.com/

Con la comparsa delle carte da visite fu possibile – grazie alla possibilità di ottenere molteplici copie da un negativo soltanto – spedire le foto ai parenti più lontani, così da far conoscere e coinvolgerli nella perdita.

Dalle figure intere, spesso in camere preparate con fiori, candelabri e tessuti pregiati, adagiate sul proprio letto (o anche spesso nel feretro) alle foto del solo volto veniva proposta un’immagine il più naturale e serena possibile attraverso posizioni sedute o sdraiate, a cui seguivano dei ritocchi in postproduzione per rendere la foto ancora più preziosa e veritiera.

Di macabro, in questa usanza, in realtà non vi era proprio nulla, anche se tendiamo a leggere la realtà attraverso la lente dell’età contemporanea che ci inghiotte.

Credits: https://finestresuartecinemaemusica.blogspot.com/

Non è raro che il defunto venisse immortalato tra le braccia dei propri cari, come fosse ancora vivo e..con gli occhi aperti. Non sono rare le foto soprattutto dei neonati in braccio alla madre, probabilmente l’unica foto che poteva avere del e con il proprio figlio.

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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