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Il viaggio di Ulisse nell’Ade: un eroe alla scoperta del suo destino

Ulisse, come Enea e poi Dante, affrontò, la singolare e terrificante esperienza del viaggio nell’oltretomba. Un viaggio irto di pericoli e difficolta, riservato a pochi eletti, allo scopo di conoscere se stessi e il proprio fato.

Ulisse, come Enea e poi Dante, affrontò, la singolare e terrificante esperienza del viaggio nell’oltretomba. Un viaggio irto di pericoli e difficolta, riservato a pochi eletti, allo scopo di conoscere se stessi e il proprio fato.

Un altro temerario viaggiatore dell’aldilà, oltre a Enea, è Ulisse. Il suo viaggio è narrato nel libro XI dell’Odissea, tradizionalmente indicato con il termine nékya (presso gli antichi Greci, rito o sacrificio con cui si evocavano i morti a scopo divinatorio).

L’episodio narrato da Omero è un documento fondamentale per conoscere come era concepito anticamente l’Ade. Inoltre, la descrizione del poeta greco è assurta a modello per le successive rappresentazioni letterarie di viaggi nell’aldilà (catàbasi, cioè discesa dell’anima del defunto negli Inferi), vi fa riferimento, in particolare, Virgilio per la stesura del VI libro dell’Eneide.

Dopo aver lasciato l’isola di Eèa, dove insieme ai suoi compagni era stato trattenuto dalla maga Circe per un anno, Ulisse si accinse ad affrontare la discesa nel regno dei morti.
Salpato dall’isola e grazie a un giorno di vento favorevole, l’eroe, seguendo le indicazioni di Circe, giunse con la sua nave fino ai confini dell’Oceano, nel paese dei Cimmeri (antica popolazione di origine indoeuropea del Caucaso). Qui, l’eroe offrì una libagione a tutti i defunti: latte, miele, vino dolce e acqua, poi uccise delle bestie sacrificali e si apprestò a scendere nel regno dei morti, per incontrare Tiresia, l’indovino, e conoscere da lui il suo futuro.

Gli animali sacrificati evocarono i morti e diversi si avvicinarono a Ulisse per parlargli.
Elpenore fu il primo; l’uomo, morto sull’isola della maga Circe, giaceva ancora là, insepolto. Ulisse lo riconobbe ed entrambi si commossero.

A questo punto, giunse Tiresia che intimò a Ulisse di allontanarsi per permettergli di bere il sangue delle vittime. Poi l’indovino pronunciò l’agognata profezia. Ulisse incontrerà molte difficoltà nel suo viaggio di ritorno a Itaca, per la fiera opposizione di Poseidone e per l’uccisione dei buoi del Sole.
Inoltre, una volta che arriverà in patria, troverà ad attenderlo altri ostacoli: i suoi rivali si sono insediati nella reggia e lui, quando avrà ottenuto la sua vendetta, dovrà ripartire, ma la sua morte avverrà lontano dal mare.

Anche la madre di Ulisse bevve il sangue e parlò a suo figlio. L’eroe le spiegò la sua presenza in quel luogo e poi le chiese di Itaca e delle circostanze della sua morte.
La donna gli disse di Penelope, sempre fedele al suo sposo lontano, di Telemaco e Laerte e alla fine, parlò della sua morte, causata dal rimpianto e dall’amore per lui, suo figlio. Ulisse allora, tentò di abbracciarla, per ben tre volte, ma, essendo lei un’ombra, non vi riuscì.

Subito dopo, si avvicinarono delle donne (Tirò, Antiope, Megare, Alcmena, Epicaste, Leda, Erifile, Ifimedea, Fedra, Procri, Ariadne, Clori, Maira, Climene) alle quali Ulisse pose delle domande. Omero ce le presenta in pochi ma efficaci versi.

Dopo le donne giungono gli eroi: Achille, Agamennone, Patroclo, Aiace e Antiloco.
Alcuni rievocano la propria morte e dispensano consigli; altri chiedono notizie dei loro cari; altri ancora restano in disparte.
Ulisse vede anche alcuni dannati famosi: Minosse che giudica i morti; Orione a caccia; Tizio, Tantalo e Sisifo, mentre subiscono tremendi tormenti.
Poi Ulisse si allontanò e si diresse dai suoi compagni, alla nave.

Nell’Odissea, le anime dei defunti si differenziano molto tra loro: alcuni sono fantasmi, altri corpi volatili che, seppur reali, dispongono di scarsa vitalità. Il sangue sacrificale dona però loro forza, non appena lo bevono.
I grandi dannati invece hanno grande forza fisica con la quale affrontano i tormenti eterni che devono subire: Sisifo deve spingere un grande macigno; Tantalo ha abbondanza di acqua e frutta, ma non può mangiare né bere; Tizio ha due avvoltoi che gli rodono il fegato.

Il viaggio di Ulisse è diverso dalla visita nel medesimo luogo fatta da Enea.
L’eroe greco si affaccia appena al regno dei morti, sostando sulla soglia dell’Ade, da cui scorge approssimarsi le anime dei defunti, attirate dal sangue sacrificale.
Nell’Eneide, invece, Virgilio ci fornisce una dettagliata descrizione dell’oltretomba.

Il viaggio di Ulisse nel mondo dei morti è intriso di significati simbolici.
In primo luogo, c’è il desiderio dell’uomo di conoscere il proprio destino e il ruolo che gli compete nella società e nel mondo; in secondo luogo, c’è l’aspirazione a vedere con i propri occhi che cosa ci attende dopo la morte.

Enea, grazie al suo viaggio negli Inferi, scoprirà che lo attende la fondazione di una nuova Troia, alla foce del Tevere.
Ulisse, attraverso le parole di Tiresia, apprenderà che la sua regalità è intatta e che dovrà riprendere il suo complicato viaggio di ritorno verso casa.

I viaggi nell’Ade, non solo quelli degli eroi dell’antichità, ma anche quello intrapreso personalmente da Dante, hanno diverse cose in comune.
Innanzitutto, sono viaggi di sofferenza e penitenza; tutti gli eroi che li hanno affrontati oltrepassano un confine, quello tra il mondo dei vivi e quello dei morti; i viaggiatori sono consapevoli della pericolosità del percorso che stanno per intraprendere e per procedere si avvalgono dell’aiuto di una guida. Tutti affrontano il viaggio per scoprire la loro missione nella vita.

Esistono però anche differenze sostanziali tra questi viaggi: per l’eroe del mondo antico, l’oltretomba fa parte del mondo, quindi, fisicità e spazialità sono elementi fondamentali della sua esperienza.
Per il viaggiatore medievale, è il mondo a far parte dell’oltretomba, secondo questa ottica lo scopo della vita umana è raggiungere Dio nell’aldilà e la vita è solo una fase di passaggio che serve a conquistare la vita ultraterrena.

Il viaggio nell’aldilà può essere anche una manifestazione della forza dei sentimenti, come nel caso di Orfeo che scenderà negli inferi con l’unico scopo di riportare la sua amata Euridice dal mondo dei morti a quello dei vivi.

In copertina: Testa di Ulisse, da un gruppo scultoreo che rappresenta Ulisse che acceca Polifemo (marmo greco, probabilmente del I secolo d.C., dalla villa di Tiberio a Sperlonga. Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga)

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