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Madame Bovary: il romanzo dell’infelice vita di Delphine Couturier

Il romanzo “Madame Bovary” di Flaubert fu un grande successo ai suoi tempi e tuttora resta una pietra miliare della letteratura. La sfortunata storia di Delphine appassiona e coinvolge ancora numerosi lettori.

Il romanzo “Madame Bovary” di Flaubert fu un grande successo ai suoi tempi e tuttora resta una pietra miliare della letteratura. La sfortunata storia di Delphine appassiona e coinvolge ancora numerosi lettori.

Lo scrittore Gustave Flaubert (Rouen, 12 dicembre 1821 – Croisset, 8 maggio 1880), ritenuto il maestro del realismo nella letteratura francese è ricordato per diverse opere, quali “L’educazione sentimentale” e “Salammbô”, ma la sua grande notorietà la deve a un romanzo in particolare: “Madame Bovary” per il quale fu accusato di immoralità.

Madame Bovary. Mœurs de province” (Madame Bovary. Costumi provinciali) è il titolo completo del romanzo di Flaubert, più noto nella sua abbreviazione, concentrata sul nome della protagonista.
Il romanzo, tra i più importanti e conosciuti dello scrittore francese, inizialmente, fu pubblicato a puntate sul giornale “La Revue de Paris”, in un periodo che va dal 1° ottobre al 15 dicembre del 1856.

“Madame Bovary” è considerata una delle opere principali della letteratura francese e mondiale, nonché uno dei primi esempi di romanzo realista.
Fin dagli esordi divenne oggetto di attacchi da parte dei pubblici inquirenti del Secondo Impero, per immoralità e oscenità. Questo fatto, invece di nuocere allo scrittore, aumentò il consenso nei suoi confronti e in quelli del suo romanzo.
Flaubert fu assolto nel febbraio del 1857 e il libro fu pubblicato in due volumi, il 15 aprile 1857, ottenendo un immediato successo.

Come il romanzo “Anna Karenina” di Lev Nikolàevič Tolstòj (1828 – 1910), anche la storia di Emma Bovary è ispirata a un fatto di cronaca e Flaubert, come lo scrittore russo, conosceva personalmente uno dei soggetti coinvolti nella vicenda realmente accaduta, cioè, Eugène Delamare (nato nel 1813) che era stato suo compagno di scuola ed ex allievo di suo padre che insegnava all’Università di Medicina.

La storia, che condurrà ad eventi tragici, ha inizio nel 1839, quando Eugène Delamare, che già esercitava la professione di ufficiale sanitario a Ry (Normandia), restò vedovo e decise di convolare a nuove nozze con la giovanissima Veronique Delphine Couturier (1822 – 1848).

La ragazza era figlia di contadini normanni benestanti. Era una giovane avvenente e sognatrice, e dopo la nascita della figlia Alice intrecciò una relazione adulterina con un ricco proprietario terriero, Louis Campion Road che la abbandonò, mentre lei cercava di convincerlo a fuggire con lei.
Per consolarsi Delphine si getterà nelle braccia di un altro amante, il giovane studente di Legge, Narcisse Bollet che, ugualmente, la abbandonerà.

La ragazza, oltre a concedersi distrazioni sentimentali, spendeva senza ritegno i soldi del marito e ben presto, finì sommersa dai debiti. A questo punto, presa da sconforto, si avvelenò.
Il marito tentò in ogni modo di salvarla, consultando tutti i migliori medici di sua conoscenza, tra cui anche il padre di Flaubert, ma non ci fu niente da fare. Delphine non svelò quale veleno avesse ingerito e senza il giusto antidoto, morì, l’8 marzo del 1848. Più o meno l’anno dopo, Eugène, che ignorava sia i tradimenti della moglie sia debiti da lei contratti, restò sconvolto scoprendo l’amara verità e morì all’improvviso, di crepacuore, almeno secondo i suoi amici.

All’epoca dei fatti, Gustave Flaubert viveva ancora presso la sua ricca famiglia che di fatto ancora lo manteneva, mentre lui sognava di intraprendere la carriera di scrittore e collaborava con vari giornali, e scriveva racconti.
La vicenda colpì profondamente Flaubert che era affezionato ad Eugène e lo stimava, e ben presto, si formò in lui l’idea di tradurre il fatto di cronaca in un romanzo.

Lo scrittore dedicherà ben cinque anni (1851-1856) alla stesura del manoscritto. La maggiore difficoltà che si trovò ad affrontare fu la veridicità del personaggio di Delphine. La realtà, però, finì per dargli di nuovo una mano.
Anni prima, a Parigi, Flaubert aveva avuto una relazione con la poetessa e scrittrice, Louise Colet (1810 – 1876). La donna, sposata con un musicista, conduceva una vita spregiudicata; era molto attratta da Flaubert e nonostante lui fosse tornato in Normandia, lei continuava a intrattenere con lui una fitta corrispondenza.

Inizialmente, infastidito dalle lettere di Louise, lo scrittore finì successivamente per considerarle una rivelazione: attraverso le parole della sua ex amante riesce a intravvedere il personaggio femminile del suo romanzo.
La donna, infatti, ha tutte le caratteristiche che il romanziere sta cercando: è frivola e fatua, particolarmente prodiga con il denaro e ritiene di essere una donna colta, anche se a torto.
Flaubert impugna la penna e inizia a rispondere alle lettere della sua ex spasimante, le pone domande personali e lei si infervora, credendo che lui abbia ancora interesse per lei.
Intanto, il romanzo procede e lo scrittore utilizza spudoratamente le parole di Colet, facendole diventare quelle della sua protagonista.

Ormai avviato con la definizione del personaggio principale, Flaubert traspone luoghi e soggetti dalla realtà al suo mondo romanzesco: Ry diventa Yonville; Eugène Delamare si trasforma in Charles Bovary; Delphine/Louise prenderà il nome di Emma Rouault; Louis Campion Road sarà tradotto nel cinico Rodolphe Boulanger; Narcisse Bollet si tramuterà in Léon Dupuis.
I personaggi di contorno saranno facili da tracciare per Flaubert che si ispirerà al copioso bagaglio di conoscenze ed esperienze che ha personalmente immagazzinato durante l’infanzia e l’adolescenza nei paesi della campagna normanna.

Il romanzo di Flaubert ha inizio nell’ottobre del 1827 e finisce nell’agosto del 1846. L’epoca è quella della “Monarchia di luglio” (ovvero il regno di Luigi Filippo). In questo periodo storico, si assiste a una netta ascesa della classe medio-borghese che lo scrittore detestava per la sua mediocrità e utilizzò la repulsone che Emma provava per la propria classe sociale, come mezzo per proiettare il proprio odio verso la classe media.

Ai tempi di Flaubert, la “borghesia” non disponeva dell’agiatezza e neppure della genealogia della nobiltà; in ogni caso, le professioni che svolgevano i borghesi consentivano loro di vivere, evitando il duro lavoro fisico. Gli appartenenti a tale classe sociale si concedevano lussi e comodità di genere materiale, spendevano il denaro per mettersi in mostra ed erano privi di giudizio critico.

Quale ambientazione geografica, l’autore di Madame Bovary sceglie dei luoghi conosciuti, quelli della sua nascita e della sua infanzia: la città di Rouen (Normandia) e le immediate vicinanze.
La scelta di tale ambientazione serve a generare un proficuo contrasto con i personaggi: i vagheggiamenti romantici di Emma, al confronto con la soffocante vita di tutti i giorni, la fanno apparire come una donna assurda e capricciosa, ma la banalità della gente attorno a lei è amplificata, se raffrontata alla sensibilità per la bellezza e la grandezza della protagonista.

Emma vive una vita inquieta perché l’ambiente borghese francese le va stretto. Ciò che lei desidera è possedere un gusto più raffinato e sofisticato della classe cui appartiene.
La sua frustrazione non è però un evento isolato: rispecchia una tendenza storica e sociale in crescita nella seconda metà dell’Ottocento.

La protagonista del libro di Flaubert è una giovane donna che si è mentalmente votata all’agiatezza e alla passione. Questa sua predisposizione, ispirata ed esaltata dalle letture che la giovane ha fatto durante l’adolescenza, la porta a vagheggiare ideali romantici del tutto irrealizzabili nella sua posizione e la condurrà al contempo a odiare la condizione noiosa e opprimente che invece si trova a vivere. Questo conflitto tra realtà e aspirazioni rappresenta il fil rouge di gran parte del romanzo; è la causa scatenante dei suoi due adulteri e dell’entità dei debiti da lei contratti che la spingeranno inesorabilmente verso il suicidio.

Flaubert ha un atteggiamento duplice nei confronti di Emma Bovary, da un lato schernisce le sue inclinazioni romantiche, dall’altro lato, non la biasima, ma critica la fonte delle sue illusioni: i romanzi tardoromantici che tanta influenza avevano sulle donne borghesi dell’epoca di Flaubert.

Invece, per quanto riguarda il marito di Emma, Charles Bovary, ciò che si evince dalle parole di Flaubert, è che ci troviamo di fronte a un uomo semplice, ordinario, non troppo abile nella sua professione.
Charles adora sua moglie e crede fermamente nella sua innocenza, nonostante i fatti conducano in ben altra direzione. Non nutre neppure alcun sospetto sui suoi tradimenti e le lascia il controllo completo dei propri averi. Purtroppo, solo dopo il suicidio di Emma, verrà a conoscenza dei suoi inganni, restandone sconvolto.
Alla fine della storia, la sua figura sarà rivalutata, perché in effetti, è l’unico personaggio positivo e degno di compassione di tutto il romanzo.

In vari passi di Madame Bovary, Flaubert dimostra di avere ben chiari i problemi che tormentano le donne della sua epoca: “una donna ha continui impedimenti. A un tempo inerte e cedevole, ha contro di sé le debolezze della carne e la sottomissione alle leggi. La sua volontà, come il velo del suo cappello tenuto da un cordoncino, palpita a tutti i venti, c’è sempre un desiderio che trascina, e una convenienza che trattiene”.

Emma Bovary è alle mercé dei suoi compagni. Il marito e i suoi amanti hanno in mano il suo destino nel bene e nel male, mentre lei non ha alcun potere di per sé.
Gli uomini possono disporre di proprietà e avere disponibilità economiche, Emma possiede solo il suo corpo per poter ottenere qualcosa dagli altri. Persino nell’atto finale, per procurarsi l’arsenico al fine di suicidarsi, dovrà fare ricorso alla sua unica arma: la sensualità, arma che le consentirà di accedere al magazzino dove il veleno è custodito.

Checché se ne dica, Emma resta una delle donne più affascinanti della storia della Letteratura. Nonostante sia sciocca, patetica, ignorante e irresponsabile, è anche vitale e passionale. La sua figura risalta nel romanzo, perché è l’unica persona vera tra tante comparse scialbe che si abbassano a recitare la parte che la società gli ha imposto, animate da sogni banali destinati a non vedere mai una realizzazione.

Le due muse ispiratrici del personaggio di Emma Bovary sono accomunate da un altro curioso risvolto artistico che ha fornito loro un’altra occasione per diventare immortali.
Louise Colette, amante di Flaubert, che lo aiutò inconsapevolmente a creare il personaggio del suo romanzo, fu raffigurata in una scultura da un altro suo amante: Jean-Jacques Pradier (1790 – 1852; scultore francese di origine ginevrina, noto per le sue opere in stile neoclassico). L’opera, presentata per la prima volta nel 1837, si intitola “Penserosa”. Lo scultore ha rappresentato una donna con un lungo abito, i capelli acconciati a boccoli, che è sdraiata sul fianco destro e con una mano sostiene il capo.

Louise Colet lesse “Madame Bovary” e la sua prima reazione fu chiaramente negativa: ruppe definitivamente la relazione con Flaubert e si vendicò, parlando male di lui con gli altri intellettuali.
Successivamente però, il suo giudizio sulla cosa si ammorbidì e finì per essere in parte lusingata dalla notorietà che ne ricavò negli anni, notorietà che non era riuscita a ottenere con la sua scrittura.

Veronique Delphine Couturier fu anche lei raffigurata in un dipinto “Rigolette prova a distrarsi in assenza di Germain” (Rigolette e Germain sono i personaggi del romanzo “I misteri di Parigi” di Eugène Sue), opera di Joseph-Désirè Court (1797 – 1865; pittore francese di soggetti storici e ritratti), presentata per la prima volta nel 1842. Delphine è ritratta come una ragazza dall’aria malinconica che sta ricamando, seduta a un tavolo, sotto una finestra. Sul fondo, possiamo ammirare il panorama di una città al crepuscolo.

Delphine Coutourier è sepolta nel vecchio cimitero di Ry, dove lei e suo marito riposano uno accanto all’altro.
La celebrità che ha raggiunto grazie a Flaubert, però, non ha giovato del tutto alla povera Delphine che è stata persino derubata della lapide, dedicata alla sua memoria dal comune di Ry, nel 1990.

In copertina: particolare del dipinto di Joseph-Désiré Corte, ” Rigolette prova a distrarsi in assenza di Germain” (1842)

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