Frida Kahlo, in parte per motivi biografici e in parte per le sue origini messicane, ebbe un rapporto stretto con la morte che figura spesso nei suoi dipinti, rappresentata attraverso singolari simbolismi o in maniera esplicita.
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón (Coyoacán, 6 luglio 1907 – Coyoacán, 13 luglio 1954) nacque da genitori ebrei tedeschi, emigrati dall’Ungheria a Città del Messico. Occupò un ruolo importante nell’arte messicana e divenne la pittrice latinoamericana più famosa del XX secolo.
Frida e suo marito, Diego Rivera (1886 – 1957), pittore e muralista messicano, sono stati tra le coppie più discusse ed emblematiche della storia dell’arte mondiale.
L’arte di Frida si nutrì di molti elementi diversi: dei valori della Rivoluzione messicana; del suo amore profondo per la cultura popolare; dell’influenza religiosa della madre; delle nozioni tecniche sulla fotografia che le trasmise il padre.
La sua produzione artistica fu anche toccata da un evento traumatico molto grave, che le cambiò la vita per sempre. Il 17 settembre del 1925, l’autobus su cui viaggiava si scontrò con un tram
Frida riportò gravi fratture e ferite che la costrinsero a letto per un lungo periodo e le lasciarono segni indelebili nel corpo, oltre a dolori terribili e continui per il resto della sua vita.
Durante la convalescenza prese confidenza con la pittura, dipingendo se stessa, grazie a uno specchio collocato sul soffitto della sua camera.
Oltre ai dolori che la afflissero senza sosta, la vita di Frida Kahlo fu tormentata anche sul lato sentimentale. Diego Rivera, l’uomo che sposò nel 1938, le avvelenò la vita con i suoi continui tradimenti.
Nelle sue opere, Frida Kahlo riportò le sue esperienze di vita e le sue sofferenze; i suoi dipinti esprimono il caos interiore e le angosce esistenziali, mescolati a continui richiami al Messico, alle sue trasformazioni politiche, sociali e culturali.
Frida Kahlo rappresentò anche la morte. Del resto, nella cultura messicana essa è un elemento fondamentale, per questo entrò di prepotenza nella produzione artistica della pittrice, come oggetto del folklore e della tradizione che toccava il suo vertice nella celebrazione del “dia de muertos”.
In la “Niña con máscara de calavera” (bambina con maschera della morte), un dipinto del 1938, è probabile che Frida abbia ritratto se stessa, all’età di quattro anni.
La protagonista del quadro tiene in mano un fiore di calendula e indossa sul volto una vistosa maschera di un teschio, la maschera che, tradizionalmente, nel giorno dei morti, si porta per elaborare il lutto e festeggiare la morte.
Il dipinto ha anche un sottotitolo: “Ella juega sola” (lei gioca da sola). Questa frase è l’emblema della sua infanzia tormentata e solitaria. Frida visse nell’angoscia, a causa dei suoi problemi di salute fin dalla tenera età e spesso doveva isolarsi, anche durante la sua vita da adulta.
Negli anni che precedono questo quadro, la pittrice, a causa dei suoi problemi di salute, ebbe un aborto spontaneo. Questo fatto la lasciò turbata, come appare dal suo diario, nel quale l’artista confessò che uno dei suoi più grandi dispiaceri fu quello di non aver potuto mettere al mondo dei figli.
Da sola, immersa in una landa deserta, alle spalle montagne innevate e un cielo cupo, la figura della bambina si contrappone con forza alla maschera terrificante che le copre il viso, ed evoca l’atroce ineluttabilità del destino crudele e violento.
A terra, vicino alla bambina, c’è una maschera di tigre. Nella tradizione messicana, questo tipo di maschera era usata come talismano, serviva a proteggere i fanciulli dagli spiriti maligni.
Il quadro contiene quindi una serie di rimandi espliciti alla tragedia personale di Frida Kahlo e alle sue origini messicane. A partire dalla maschera della morte, proseguendo con la maschera-talismano della tigre che rappresenta l’avvicendarsi delle stagioni e il ciclo di vita e morte, sino alla calendula, usata in diversi rimedi dopo il parto, nonché fiore da offrire ai defunti nel loro giorno di festa e da adagiare sulle tombe per guidare le anime nel loro viaggio nell’aldilà.
Un altro autoritratto di Frida, in cui compare ancora il tema della morte è: “Pensando en la muerte” (Pensando alla morte), del 1943. L’artista in questo quadro ha rappresentato se stessa, in un attitudine meditabonda, quasi stesse riflettendo seriamente sulla vita. Quando mise mano a questo dipinto, la sua salute era peggiorata e la pittrice era costretta a letto la maggior parte del tempo.
La morte compare in modo esplicito nel cerchio al centro della fronte dell’artista, rappresentata da nude ossa collocate al centro di un paesaggio arido. Poi ci sono echi della sua presenza: nello “huipil” (capo di abbigliamento tradizionale, indossato dalle donne indigene dal Messico centrale all’America Centrale. Gli huipil cerimoniali si utilizzano per matrimoni e funerali) di colore rosso, il colore che gli Aztechi impiegavano per dipingere la pelle dei soggetti eletti per un sacrificio; nel nero della la fascia che porta sui capelli, il nero è il colore usato per manifestare il lutto e l’idea della morte; nello sfondo, un muro compatto di vegetazione, che sembra incombere sulle spalle di Frida, incarnando il dolore, le sofferenze patite dall’artista e la sua lotta costante contro la morte, a causa della sua fragilie salute.
Un’altra opera in cui compare il tema della morte intrecciato a quello del tradimento è “La mesa herida”, (La tavola ferita). Dipinto nel 1940, Il quadro è sparito nel 1955, dopo essere stato esposto a una mostra a Varsavia.
Si tratta di una grande tavola (1,2 x 2,4 metri) che riprende il tema dell’ “Ultima Cena” e non è altro che la rappresentazione surreale della vita di Frida Kahlo.
L’artista ha dipinto se stessa al centro della scena, all’apparenza priva di braccia, insieme ai suoi ospiti: uno scheletro che gioca con i capelli della pittrice e che presenta una ferita al bacino, proprio come quella riportata dall’artista diciottenne; una figura di argilla precolombiana che sembra prestare una delle sue braccia a Frida; un personaggio grottesco che si ritiene possa essere il marito Diego Rivera, con un riferimento ai suoi tradimenti; i nipoti della pittrice, Isolda e Antonio, e l’adorato cerbiatto della pittrice, Granizo, che simboleggiano la purezza e l’innocenza, e sembrano assistere all’eccentrico spettacolo.
I soggetti stanno attorno a una tavola che, come indicato dal titolo stesso dell’opera, è il soggetto principale. Anche la tavola presenta una singolarità, come tutto il resto, è umanizzata, essendo dotata di gambe umane.
L’attenzione dello spettatore si focalizza su Frida e la scena sembra svolgersi su un palcoscenico, incorniciato da un voluminoso sipario.
In copertina: particolare della foto che ritrae Frida Kahlo nel 1926 di Guillermo Kahlo