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“Elegia scritta in un cimitero campestre”: una riflessione poetica sulla morte

L’Elegia scritta in un cimitero di campagna è un’opera di Thomas Gray; ambientata nel cimitero di Stoke Poges, è una disamina sul tema della morte.

L’Elegia scritta in un cimitero di campagna è un’opera di Thomas Gray; ambientata nel cimitero di Stoke Poges, è una disamina sul tema della morte.

In “Elegy written in a country churchyard” (Elegia scritta in un cimitero campestre o Elegia scritta in un cimitero di campagna) il suo autore, Thomas Gray (1716-1771), delinea le atmosfere tetre e oscure del Buckinghamshire, dove si trova il cimitero di Stoke Poges, presso il quale il poeta abitava, nel periodo in cui scrisse il suo poema che terminò nel 1750; la prima pubblicazione dell’opera risale all’anno successivo.
L’ispirazione che condusse alla stesura dell’Elegia è ignota, ma si ritiene sia legata alla morte del poeta e amico, Richard West (1716-1742).

A Eton, Gray aveva stretto amicizia con tre studenti: Horace Walpole, Thomas Ashton e Richard West. I quattro furono definiti: “quadruplice alleanza”, ad unirli erano il senso dello stile e dell’umorismo, e l’amore per la bellezza.

Nonostante porti il nome di Elegia, l’opera di Gray non ne rispetta la forma; lo stile è quello delle odi, tipico per l’epoca, ma in essa è presente una meditazione sulla morte e il ricordo per l’amico scomparso.
Inoltre, in questa poesia è presente una sorta di denuncia sociale: il poeta sostiene che gli uomini devono essere tutti uguali e avere pari opportunità nella vita. Purtroppo, invece, molti poveri, che avrebbero potuto occupare posti di prestigio nella società, non hanno potuto mostrare le loro qualità, a causa delle disparità economiche.

Gray, anticipando gli orientamenti letterari degli scrittori dell’epoca vittoriana, si interessa alla quotidianità; esalta la gente comune e sostiene che il potere, la fama e le ricchezze materiali sono conquiste illusorie e fugaci: “Qual per sangue, e real pompa s’onora, / Quanto mai l’or, quanto beltà dar possa, / L’istessa aspetta inevitabil’ora. / Anco la via d’onor guida a la fossa”.

L’Elegia scritta in un cimitero campestre è sicuramente uno dei suoi scritti più riusciti e famosi, in essa, la poesia medievale italiana di Dante (1265-1321) e Petrarca (1304-1374), e gli innovativi impulsi romantici sono fusi in modo magistrale.

Il poema di Gray ebbe molta fortuna e ispirò molti scrittori e poeti dell’epoca, tra questi, Ugo Foscolo (1778-1827) che a essa farà riferimento soprattutto nel romanzo epistolare “Ultime lettere di Jacopo Ortis” (1802) e ancor più, per la similitudine dei temi trattati, nel carme “Dei Sepolcri” (1807).

La struttura dell’Elegia di Gray è bipartita: nella prima, il poeta riflette sulle tombe dei “rudi antenati del villaggio”; nella seconda, l’autore vaga per la campagna, in compagnia delle sue ambasce e mentre immagina la propria sepoltura, conia il suo epitaffio.

Giovane a fama ignoto et a fortuna
Qui vien che in grembo de la terra dorma.
Sofìa non isdegnò sua bassa cuna,
E tristezza il segnò de la sua forma.

Sincero era il suo cuore, e di pietate
(E dal ciel n’ebbe ampia mercede) ardea.
Un sospir, quanto avea, diè a povertate,
E un amico impetrò, quanto chiedea.

Più oltre non cercar, nè d’ir scoprendo
Ti studia le sue buone, o le triste opre.
Fra la speme e ’l timor, nel sen tremendo
Di Dio si stanno, e denso vel le cuopre.


(i versi sono tratti dall’Elegia di Tommaso Gray poeta inglese per esso scritta in un cimitero campestre tradotta in versi italiani. Traduzione di Giuseppe Torelli. Verona, 1776)

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