C’è chi sostiene che Van Gogh non sia morto suicida, ma propone una nuova tesi: l’omicidio accidentale che sembrerebbe rispondere meglio a certe ambiguità riscontrate nei fatti accaduti quel lontano 27 luglio 1890.
La tesi che contempla l’omicidio quale nuova possibile causa della morte di Vincent Van Gogh, fu proposta nel 2011 da due storici dell’arte, Steven Naifeh e Gregory White Smith, in una biografia, “Van Gogh: The Life”, dedicata all’artista olandese.
Secondo i due autori, Van Gogh non si è suicidato, ma è stato ucciso.
Il colpo mortale all’addome sarebbe stato il risultato di un incidente poco chiaro che coinvolgeva dei ragazzi che da giorni infastidivano l’artista. Gli autori dell’omicidio accidentale sarebbero stati il sedicenne René Secrétan e suo fratello Gaston che erano arrivati in visita ad Auvers-sur-Oise qualche giorno prima della morte di van Gogh.
Il colpo mortale si suppone sia partito per errore da una pistola malfunzionante. Sembra che al giovane Secrétan piacesse vestirsi da cowboy e sparare agli animali. Nello sfortunato pomeriggio del 27 luglio 1890, mentre era in compagnia di suo fratello, il giovane avrebbe sparato per errore, colpendo Van Gogh che vagava nei campi.
Secrétan che era il più grande fra i due e aveva ricevuto una pistola da suo padre, che al momento non fu ritrovata. Secondo il referto medico, la distanza di tiro fu stimata al almeno 5 metri e il proiettile era entrato nell’addome da un’angolazione obliqua, non dritta, come sarebbe stato più plausibile, se una persona si fosse sparata da sola. Inoltre, il colpo era penetrato nella parte sinistra dell’addome e ciò è in contrasto con il fatto che a sparare sia stato un suicida destrorso.
Era anche risaputo che i due ragazzi accusati dell’omicidio solitamente andavano a bere a quell’ora con Van Gogh, quindi, è ancor più avvalorata l’ipotesi dell’omicidio accidentale, considerando che la pistola era malfunzionante ed era maneggiata da persone che avevano bevuto troppo.
La svolta sulle cause della morte dell’artista, almeno secondo i due storici dell’arte, troverebbe appoggio anche in delle voci, che il famoso storico dell’arte John Rewald (1912 – 1994) raccolse sul posto nel 1930, quando visitò Auvers, e in un’intervista del 1956 a René Secrétan.
Il presunto assassino però non confessò mai l’omicidio e quando fu intervistato, all’età di 82 anni, dichiarò di aver lasciato Auvers prima della sparatoria.
Successivamente, quando fu ritrovata una pistola da un contadino nella campagna di Auvers – abbandonata proprio nel campo in cui si pensa che l’artista si sia sparato – Secrétan affermò che forse era la sua, ma che non aveva alcuna idea di come fosse finita in mano a Van Gogh.
A conferma delle parole di Secrétan, l’artista olandese non lo accusò mai, anche dopo la sparatoria e neppure durante le ore di agonia, e sembra improbabile che lo abbia coperto per pura gentilezza d’animo.
La tesi dell’omicidio, in ogni caso, non è supportata da prove certe e la comunità accademica si è schierata contro le affermazioni dei due storici dell’arte. In pratica, si sostiene che Naifeh e Smith abbiano ripreso i fatti già appurati, ma li abbiano interpretati sotto una luce diversa.
C’è da dire, però, che le circostanze che condussero alla morte di Van Gogh non sono mai state completamente chiarite. Si sa solo per certo che, nei giorni di agonia, l’artista espresse la speranza che il proiettile fosse rimosso dal suo addome, ma i medici locali non osarono farlo, decretando la sua morte, intervenuta per un’infezione della ferita e non per danni agli organi interni.
Van Gogh fu sepolto il 30 luglio, nel cimitero di Auvers-sur-Oise. Alla cerimonia funebre parteciparono Theo van Gogh, Andries Bonger, Charles Laval, Lucien Pissarro, Émile Bernard, Julien Tanguy e Paul Gachet, oltre a una ventina di familiari, amici e gente del luogo.
Essendo l’artista morto suicida, il parroco di Auvers non benedì la salma, mentre il carro funebre fu offerto da un municipio vicino. Van Gogh fu sepolto nella vicina cittadina di Méry.
L’artista fu adagiato in una bara, rivestita da un drappo bianco e ricoperta da mazzi di fiori: i girasoli che amava moltissimo, dalie e altri fiori gialli.
La pistola che forse ha sparato il colpo mortale al famoso artista, introvabile all’epoca della sua morte, sembra sia stata rinvenuta nel 1965 e messa all’asta il 19 giugno 2019, con l’appellativo di “arma più famosa della storia dell’arte”. Il prezzo cui è stata venduta è da favola: 162.500 euro.
Sei mesi dopo la morte di Vincent morì anche suo fratello Theo. Ora, i due fratelli così vicini in vita sono sepolti nel medesimo cimitero, quello di Auvers-sur-Oise, in due tombe adiacenti.
Le lapidi affiancate recitano, rispettivamente, quella a sinistra, “Ici Repose Vincent van Gogh (1853-1890)”, quella a destra, “Ici Repose Theodore van Gogh (1857-1891)”.
In origine, Theo morì a Utrecht e solo nel 1914, per volere della vedova, Johanna van Gogh-Bonger, i suoi resti furono trasferiti ad Auvers, affinché i due fratelli potessero essere vicini anche nella morte.
La donna chiese anche un ramoscello di edera del giardino del Dottor Gachet che fu piantato tra le due pietre tombali, ancora oggi le due lapidi sono immerse in un groviglio di edera.
Dopo la sua morte, in una tasca di Vincent trovarono una lettera indirizzata a Theo: “Vorrei scriverti molte cose ma ne sento l’inutilità per il mio lavoro io rischio la vita e ho compromesso a metà la mia ragione”.
Non resta che concludere che, anche in questo caso, saranno forse i posteri a scoprire la vera causa della morte di Vincent van Gogh, ma qualunque sia la verità in merito, nulla può offuscare la grandezza della sua arte che tuttora ci tocca profondamente l’anima.
In copertina: Vincent van Gogh, particolare dell’Autoritratto, 1889, Musée d’Orsay, Parigi