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Requiem di Schumann: espressione perfetta ed elevata dello spirito

Con il Requiem per soli, coro e orchestra, op. 148, Schumann ha dato vita a una composizione saldamente unitaria, dove compostezza musicale e sentimento partecipe si fondono, per dare voce alla comprensione e alla speranza.

Con il “Requiem per soli, coro e orchestra, op. 148”, Schumann ha dato vita a una composizione saldamente unitaria, dove compostezza musicale e sentimento partecipe si fondono, per dare voce alla comprensione e alla speranza.

Il Requiem per soli, coro e orchestra, op. 148 di Robert Schumann (Zwickau, 8 giugno 1810 – Endenich, 29 luglio 1856), composto a Düsseldorf tra il 26 aprile e il 23 maggio 1852, ed eseguito per la prima volta a Königsberg allo Stadttheater, il 19 novembre 1864, si presenta suddiviso in nove sezioni:
1 Requiem – Langsam (lento) re bemolle maggiore
2 Te decet – Feierlich (solenne) la maggiore
3 Dies irae – Ziemlich bewegt (piuttosto commosso) fa diesis minore
4 Liber scriptus – In gemessenem Tempo doch nicht zu langsam (non troppo lento a un ritmo misurato) re maggiore
5 Qui Mariam absolvisti – Im massigem Tempo (a un ritmo sostenuto) sol maggiore
6 Domine Jesu Christe! – Feierlich (si minore)
7 Hostias et preces tibi – Dasselbe Tempo (allo stesso tempo) si minore
8 Sanctus – Dasselbe Tempo (la bemolle maggiore)
9 Benedictus – Langsam (si bemolle minore)
L’organico comprende: un coro misto, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi.

Dal 1850, mentre si trovava a Düsseldorf, Schumann, che aveva assunto il ruolo di direttore generale della musica, si concentrò su composizioni destinate al grande pubblico che svolgessero un compito più elevato: quello di guida morale e spirituale. Il compositore in questa fase passò da una visione di stampo rivoluzionario a una prospettiva più riflessiva, vicina ai temi elevati della religione e arricchita da una religiosità più spontanea e partecipe.

A confermare questo mutamento e a fare luce sulle motivazioni di tale mutamento sono le stesse parole del musicista, espresse in una lettera del gennaio 1851, indirizzata a Oldenburg August Strackerjan, un suo ammiratore: “Impegnare le proprie forze per la musica sacra rimane l’obiettivo più alto dell’artista. Ma in gioventù siamo tutti ancora troppo radicati nella terra, con le sue gioie e i suoi dolori; con l’avanzare dell’età, anche i rami tendono a elevarsi. E, come spero, questa età non sarà più troppo lontana per quel che aspiro a fare”.

Schumann riteneva che la musica sacra dovesse provenire da un “sentimento bello, poetico e veramente religioso nella sua totalità”. Questa concezione, comunque, non impediva di pensare alla musica da chiesa anche al di fuori dell’ambito sacro, per esecuzioni nelle sale da concerto.
Per quanto riguarda i modelli cui attingere per comporre musica sacra, Schumann aveva a sua disposizione esempi di alto livello: Haydn, Mozart, Beethoven, con la sua “Missa solemnis”, e Bach di cui conosceva bene la “Messa in si minore”. Inoltre, era informato dell’esistenza di cinque Messe di Schubert.
Per quanto riguarda i Requiem amava soprattutto quello di Cherubini per il suo rigore e apprezzava anche quello monumentale di Berlioz.
Tutti questi eccellenti esempi di musica sacra furono un’ispirazione e una sorta di fondamento per il compositore su cui costruire una sua Messa e un Requiem.

Le due opere sono legate fortemente alla liturgia cattolica ed entrambe furono concepite nello stesso anno, il 1852: la prima, op. 147, tra febbraio e marzo, la seconda, op. 148, tra aprile e maggio.
Per quanto riguarda il Requiem, Schumann dichiarò che una simile composizione la si realizza solo “per se stessi”, ma nonostante ciò, il musicista non era ancora pronto a congedarsi dal mondo.
In effetti, il suo desiderio era quello di rinnovare la tradizione della musica sacra, coniugando semplicità e purezza di un sentimento religioso profondo a un linguaggio musicale personale che fosse al passo con i tempi. Seguendo tale inclinazione, Schumann realizzò la musica per la sua Messa e per il Requiem, opere mature scaturite in seguito a un lungo e laborioso percorso compositivo ed entrambe pensate per un’esecuzione anche al di fuori delle funzioni liturgiche.

Nonostante sia stato composto molto rapidamente, il Requiem di Schumann si presenta come una costruzione musicale perfetta in proporzioni e simmetrie. Quello su cui si è concentrato maggiormente il compositore è la meditazione sulla morte, come manifestazione di un sentimento religioso sereno e orientato all’accoglimento del mistero della fede.

Il tono che pervade l’opera 148 è disteso; non sono presenti contrasti anche nei momenti più drammatici, come il “Dies irae”, e si nota una sorta di “opacità” di fondo che mitiga la luce troppo violenta e accoglie i timbri scuri dei registri gravi.
La tonalità di Re maggiore scelta da Schumann per il suo Requiem dona alla composizione un’atmosfera morbida, pur ospitando procedimenti contrappuntistici austeri e dotati di plasticità. Per quanto riguarda la strumentazione, il compositore tedesco l’ha concepita in modo da uniformarsi al generale clima di compostezza, seppur venato da un partecipe sentimento.

Importante funzione nella composizione è svolta dal coro che ha la funzione di voce collettiva di fronte alla celebrazione del rito della messa funebre.
Nei passi più commoventi, Schumann ha previsto l’intervento dei quattro solisti, le cui voci si stagliano unite dal coro. Questa particolare disposizione sonora è utilizzata da Schumann in tre punti significativi del Requiem: nel quasi sussurrato “Kyrie eleison”; nel trepidante interrogativo del “Quid sum miser tunc dicturus?”; nel delicato epilogo del “Benedictus”.

Il musicista ha poi affidato alle voci femminili le fasi più intimamente liriche, assimilabili al Lied.
Il soprano solista canta il “Recordare, Jesu pie” e l’iniziale consacrazione dell’ “Hostias”, concluso con un duetto che coinvolge anche il contralto.
Al contralto solista è riservato l’intero “Qui Mariam absolvisti” e la preghiera “Oro supplex et acclinis”.
Alla particolare scelta di assegnare un dato testo o una data parte musicale ai solisti invece che al coro è sottesa una specifica accuratezza che tiene conto sia del valore delle parole sia del loro significato.

Pur essendo frazionato in nove parti, dotate ciascuna di un ben definito carattere, il Requiem di Schumann presenta una grande coesione. Ascoltandolo avvertiamo questa profonda unità e l’arco interrotto sotteso all’intera composizione, che risponde a una disciplina musicale e spirituale.
Schumann che ben presto avrà un tracollo psichico, si congeda dal mondo con una composizione pervasa dalla speranza, in cui si manifesta lo spirito nella forma più elevata e perfetta.

In copertina: Ponte sul Reno presso Düsseldorf, incisione del 1850 ca.

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