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Curiosità letteratura

Scipione Piattoli e il “Saggio intorno al luogo del seppellire”

Nel 1774, Scipione Piattoli scrisse un saggio per promuovere la realizzazione di un cimitero a Modena. Il suo testo ebbe un certo successo, fu tradotto e, in parte modificato, finì per ricoprire un ruolo di una certa importanza, nell’ambito della riforma delle sepolture e della realizzazione dei cimiteri moderni.

Nel 1774, Scipione Piattoli scrisse un saggio per promuovere la realizzazione di un cimitero a Modena. Il suo testo ebbe un certo successo, fu tradotto e, in parte modificato, finì per ricoprire un ruolo di una certa importanza, nell’ambito della riforma delle sepolture e della realizzazione dei cimiteri moderni.

In Europa, intorno alla metà del Settecento si diffusero serie preoccupazioni per le sepolture poste nelle chiese o nelle vicinanze di luoghi abitati.
La portabandiera di tali apprensioni fu la Francia illuminista che sosteneva, con una vasta pubblicistica, la nocività delle consuetudini finora adottate.
In quello stesso periodo, si faceva strada la “medicina ambientale” e allontanare i cimiteri dalle città diventò l’obiettivo principale del sistema sanitario.

In questo particolare clima si inserì, nel 1771, l’editto di Francesco III d’Este (1698-1780, duca di Modena e Reggio e poi signore di Varese) che mirava a edificare un cimitero extraurbano a Modena.
A questa decisione si affiancò la pubblicazione di un saggio di Scipione Piattoli (“Saggio intorno al luogo del seppellire”) scritto proprio con l’intenzione di sostenere la soluzione dei cimiteri extraurbani.

In particolare, il saggio di Piattoli che uscì alle stampe nel 1774, doveva promuovere tra gli abitanti di Modena la realizzazione del cimitero di San Cataldo.
L’opuscolo che non aveva grandi velleità iniziali ottenne invece un certo successo: fu tradotto e diffuso in tutta Europa, e assunse un ruolo primario nel processo di riforma delle sepolture e nella creazione dei cimiteri moderni.

Il saggio di Piattoli fu realizzato su iniziativa del duca di Modena ed è ritenuto un precursore dei “Sepolcri” di Ugo Foscolo (1778-1827). Il testo è composto da ottantasette pagine e fu scritto in tempi brevissimi: iniziato alla fine di maggio era già concluso all’inizio di giugno. Fu pubblicato in forma anonima e non vi era neppure un’indicazione relativa al suo editore.

Il saggio mirava: a vincere la resistenza della superstizione popolare legata al culto dei morti; a superare le false credenze che avevano proliferato grazie all’ignoranza e all’abitudine; a incentivare la riforma cimiteriale.
Piattoli intendeva difendere e promuovere l’edificazione del cimitero di San Cataldo, ma voleva anche dimostrare la pubblica utilità dell’operazione.
Il suo saggio intorno al luogo del seppellire è diviso in due sezioni: la prima è un excursus storico; la seconda tratta l’argomento dal punto di vista medico-scientifico.

Nella prima parte, Piattoli passa rapidamente in rassegna usi e costumi del passato, citando varie civiltà antiche: Celti, Egiziani, Ebrei, Greci e Romani, i primi Cristiani. Successivamente, descrive in modo dettagliato la degenerazione che si era verificata nel momento in cui i cimiteri erano stati avvicinati sempre di più alle abitazioni.
Secondo l’autore del saggio, le colpe di tale tendenza erano da individuare negli usi religiosi che spingevano a essere sepolti vicino alle reliquie dei santi e non solo, a ciò si aggiungeva il vizio della società: quello di volersi distinguere e quindi, nonostante il divieto del Concilio di Trento, di pretendere la sepoltura all’interno delle chiese. Tale pratica era incentivata dal clero stesso che ricavava in cambio lauti guadagni.

La seconda parte del saggio è più ridotta della prima, probabilmente perché tratta di questioni medico-sanitarie, delle quali Piattoli non era particolarmente edotto e infatti, la trattazione risulta più imprecisa e meno chiara.
L’autore in questa sezione cita nomi autorevoli a sostegno delle sue tesi, come Stephen Hales (1677-1761, botanico, chimico e teologo inglese) che aveva dimostrato il ruolo attivo dell’aria nelle reazioni chimiche, cioè che l’aria e le esalazioni che essa contiene, in specifico i gas della putrefazione, incidono sul nostro organismo e sulla nostra salute. Questo consentì a Piattoli di sostenere la pericolosità delle emissioni che provenivano da alcuni luoghi, in particolare: ospedali, carceri e chiese, a cui l’autore contrapponeva le sepolture nelle campagne.

Altri esperti in materia di sepoltura citati da Piattoli sono: Henri Haguenot (1687-1775, professore, igienista e anatomista), Hugues-Bernard Maret (1763-1839, politico e diplomatico francese) e il medico Joseph Habermann (scrisse nel 1772, “De salubri sepoltura”, una dissertazione accademica, in linea con un ordine emanato da Maria Teresa per la bassa Austria un anno prima).
Tutti questi nomi sono citati dall’autore per dare autorevolezza alla tesi dell’inadeguatezza delle attuali sepolture: mancanza di ricambio d’aria all’interno delle chiese; esalazioni venefiche per le strade cittadine, provenienti dalle sepolture nei giardini contigui alle chiese.

Infine, Piattoli conclude il suo saggio replicando ai dissensi più comuni.
In primis, cita quelli a carattere religioso e politico, che si riassumono nel timore di perdere i suffragi, nel momento in cui non ci saranno più sepolture cittadine. L’autore del Saggio controbatte a questa affermazione, sostenendo che non ha alcuna importanza, dove il defunto venga sepolto, basta che si preghi Dio per lui.
Altre obiezioni alle sepolture suburbane provengono dai nobili che vedono la sepoltura in un cimitero fuori città, magari in fosse comuni, senza alcuna distinzione di classe e rango, come un affronto a quanto essi rappresentano. In questo caso la risposta del Piattoli è ironica e impossibile da smentire: “Se le vie militari, se le deserte campagne, se le rive del mare, se gli erti monti diedero sepoltura agli Eroi dell’antichità, potranno darla benanche a quelli del nostro secolo che non ne abbonda”.

In copertina: Funerale a Ornans (1849-50) di Jean Désiré Gustave Courbet (Musée d’Orsay)

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