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Natura morta: da gradevole abbellimento ad analisi della realtà

Frutta, fiori, bottiglie, strumenti musicali e ogni tipo di soggetto inanimato sono i “personaggi” ritratti nelle nature morte. Questo tipo di raffigurazioni hanno avuto una lunga e feconda storia; molti gli interpreti famosi che si sono cimentati in queste rappresentazioni pittoriche.

Frutta, fiori, bottiglie, strumenti musicali e ogni tipo di soggetto inanimato sono i “personaggi” ritratti nelle nature morte. Questo tipo di raffigurazioni hanno avuto una lunga e feconda storia; molti gli interpreti famosi che si sono cimentati in queste rappresentazioni pittoriche.

All’inizio del Seicento la natura morta assurge a genere autonomo, ma esisteva già da molto tempo.
Risalgono all’epoca ellenistica (II e III secolo a.C.) delle singolari nature morte: gli asarotos e gli xenia. I primi erano delle decorazioni a mosaico sui pavimenti e raffiguravano avanzi di cibo; i secondi erano “doni ospitali”, cioè doni che si offrivano agli ospiti (pollame, uova, verdura, frutta e altri prodotti della campagna), per estensione vennero definiti così anche i piccoli quadri che riproducevano tali doni offerti agli ospiti.

Dopo un lungo intervallo, nel Trecento, la natura morta torna a essere raffigurata: in questo periodo c’è una maggiore attenzione al valore simbolico degli oggetti e gli esempi di questo periodo sono dei moniti, come i teschi che fungono da “memento mori” o i fiori appassiti che rammentano la fugacità della bellezza.

Durante il Rinascimento, la natura morta si esprime soprattutto nelle tarsie lignee, dove gli artisti si dilettano in ambiziose elaborazioni prospettiche e i pannelli rappresentano spesso ante di armadi, scansie in cui sono posti i più disparati oggetti.
Questi esempi lignei di natura morta si ispirano alla pittura fiamminga – i fiamminghi sono stati maestri indiscussi del genere – e offriranno notevoli spunti alla pittura dei secoli successivi.

Nel Cinquecento, si accentua l’interesse per la raffigurazione di oggetti e forme provenienti dal mondo naturale, un esempio sono le grottesche e le ghirlande della Villa Farnesina, dove si riscontrano raffigurazioni di numerose forme vegetali.

Nel XVII secolo si assiste a un fiorente sviluppo del soggetto natura morta e molti pittori italiani si cimentano in questo affascinante genere: Caravaggio (1571-1610); Fede Galizia (1578?-1630); Giovanna Garzoni (1600-1670); Giovanni Antonio Nessoli (… – …); Paolo Porpora (1617-1673); Giuseppe Recco (1634-1695).
Spicca tra questi artisti l’opera di Evaristo Baschenis (1617-1677), autore particolarmente attento al vero, che prediligeva dipingere strumenti musicali al fine di sottolineare il vincolo fra musica e spiritualità.

La natura morta nel Seicento ha un notevole successo in tutta Europa e, soprattutto, incontra una singolare fortuna in Olanda e in Fiandra, come pure in Spagna (bodegones) e in Francia.
Alcuni dei pittori che si distinguono in questo periodo sono: Juan Sánchez Cotán (1560-1627), Ludovico de Susio (1595-1640?), Jacob van Es (1596-1666), Sebastian Stoskopff (1597-1657), Pieter Claesz (1597/1598-1661), Francisco de Zurbarán (1598-1664), Willem Kalf (1619-1693), Abraham van Beyeren (1620-1690), Jean-Baptiste Belin (1653-1715).

Nel Settecento, in Francia, si distingue, nella raffigurazione di nature morte, Jean-Baptiste Chardin (1699-1779). La sua pittura dal gusto Rococò si ispira ai pittori olandesi seicenteschi. Altri validi autori del genere natura morta di questo periodo sono: Alexandre-François Desportes (1661-1743), Rachel Ruysch (1664-1750), Jean-Baptiste Oudry (1686-1755), Luis Meléndez (1716-1780), Anne Vallayer-Coster (1744-1818).

Sono davvero numerosi i dipinti che ritraggono nature morte, ma ce n’è uno che spicca tra tutti, per la particolarità con cui è stato concepito e realizzato: “La canestra di frutta” di Caravaggio.
Questa raffigurazione è considerata la prima natura morta italiana; fu realizzata a Roma, tra il 1594 e il 1598.
Fino all’esordio caravaggesco, questo genere pittorico aveva come scopo quello di ornare o decorare, ma con la canestra di frutta le cose cambiano.

Caravaggio conferisce alla natura morta una sua dignità, i soggetti inanimati sono posti allo stesso livello della pittura figurativa, e, per la prima volta, sono i protagonisti della raffigurazione.
L’artista non trascura alcun dettaglio e non tralascia neppure le imperfezioni della frutta rappresentata, come la foglia secca del fico, la mela mangiata dal bruco, la polvere che ricopre gli acini d’uva.
La funzione di questa natura morta non è più quella di mostrare un soggetto gradevole alla vista, ma si tratta di un’analisi della realtà che si palesa così com’è, senza mistificazioni o abbellimenti.

In copertina: “Canestra di frutta” (1596 ca., Milano, Pinacoteca Ambrosiana) di Caravaggio

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