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Lugere: i passi del lutto

Lugere: il Modello psicodinamico psicoanalitico

Non è che ho paura di morire. Solo che non voglio esserci quando accadrà.

Woody Allen

A piccoli passi, ci addentriamo nelle cornici teoriche entro le quali viene accolto il lutto.

Questo etimo fa riferimento a tutte le espressioni che mettono in luce, dinanzi alla comunità intera, la posizione di dolore dei dolenti dal silenzio al pianto, dai sospiri alla rabbia, al volto stesso – martirizzato dalla sofferenza -.

Lutto è altresì il riferimento alle cerimonie di commiato dal Defunto, dalla preparazione al saluto al feretro che pongono i dolenti in una posizione liminale, transitoria al fine di innescare una condizione protettiva attraverso proprio i riti di passaggio.

L’uomo, secondo il punto di vista di Sigmund Freud (1856 – 1939) ne Lutto e melanconia (1915) avrebbe una relazione ambivalente con la Morte: da una parte risulta capace nel confrontarsi con una morte in quanto evento naturale.

Dall’altro lato però, non sarebbe in grado, a causa della propria struttura psichica, di concepire la propria morte.

Nel testo del 1915 Freud si servì del termine “lutto” come allegoria per l’elaborazione ed interpretazione di tutti i meccanismi depressivi dovuti sia alla morte di un Altro significativo che per un oggetto transizionale (ovvero l’interiorizzazione dell’immagine del defunto).

Da questo testo si avvia il percorso di congiunzione tra lutto e depressione attraverso l’analisi psicanalitca: secondo Freud la reazione alla perdita è sempre soggettiva, pur con il denominatore comune della perdita di interesse verso il mondo e il rifiuto di cimentarsi in attività che non coinvolgano anche il Defunto.

Il dolente si trova in una condizione di distacco forzato da ciò su cui ha investito risorse, tempo e relazioni: l’elaborazione del lutto comporta un percorso apatico e gravoso di ritiro della libido da ciò che si è perduto; in tal modo la futura forza ed energia potranno essere re-investite su nuovi oggetti significativi.

Chiunque abbia subìto un lutto nel proprio percorso di vita, potrà confermare quanto sia difficile – soprattutto a livello psichico – accettare tale condizione ed elaborarla: il dolente infatti nega, evita la realtà della morte cercando di continuare il legame con chi non c’è più, attraverso i continuing bounds (legami continuativi) finalizzati ad identificare in un oggetto sostitutivo il defunto stesso.

Secondo Freud, dalla perdita dell’oggetto si passa dunque alla sua incorporazione e identificazione in esso.

Si distinguono dunque gli eventi depressivi da quelli luttuosi: nel lutto vi è la perdita reale dell’Altro, nella depressione invece è maggiore una perdita immaginaria dell’oggetto, a livello per lo più inconscio.

Fattori comuni risultano essere, come sopra citato poc’anzi: perdita d’interesse e della capacità di amare; ritiro dal mondo, disinteresse generico verso le attività che lo riguardano e lo “spegnimento” dell’umore.

Tra le reazioni più comunemente riscontrare, inoltre, troviamo la perdita dell’autostima, il senso di colpa e una necessità, di natura delirante, di autopunirsi ed indirizzare dunque verso sè la rabbia, quest’ultima in particolare sarebbe il preludio a una condizione di lutto patologico, a causa cioè di un’identificazione con l’oggetto perduto (Freud, 1915).

Tra i rischi più notevoli entro un lavoro normale del lutto vi è proprio il senso di odio verso il defunto: sostanzialmente l’impossibilità di idealizzarlo, fondamentale nel processo di elaborazione e di crescita psichica del dolente stesso.

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