“Il funerale” di Manet è un’opera che già parla il linguaggio dell’Impressionismo. Il pittore, molto probabilmente, volle rendere omaggio con questo dipinto al suo amico poeta, Charles Baudelaire.
Il pittore francese Édouard Manet (Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883), ritenuto il maggiore interprete della pittura pre-impressionista e considerato una figura basilare nel passaggio dal realismo. È stato uno dei primi artisti dell’Ottocento a ritrarre la vita.
Manet proveniva da una famiglia colta e benestante dell’alta borghesia. Il padre era un alto funzionario della Giustizia, mentre la madre era figlia di un diplomatico. Ovviamente, i genitori non avevano considerato la possibilità che Édouard intraprendesse la via dell’arte. Difatti, anche se la famiglia abitava di fronte all’École des Beaux Arts, tempio dell’arte ufficiale, il padre di Manet disprezzava la pittura e cercò in tutti i modi di ostacolare la vocazione del figlio; per fortuna, inutilmente.
L’innovazione che l’artista portò nell’arte francese è rilevabile sin dai suoi primi capolavori: “Le déjeuner sur l’herbe” (Colazione sull’erba) e l’ “Olympia”, entrambi datati 1863, che furono motivo di infinite polemiche. Oggi sono considerati l’inizio dell’arte moderna e punto di partenza per i giovani artisti che diedero vita alla corrente dell’Impressionismo.
Manet sviluppò costantemente il suo stile, specie negli ultimi venti anni della sua vita, ispirando notevolmente i pittori suoi successori.
Sin dagli esordi, l’arte di Manet era caratterizzata da esigenze realiste. L’artista cercava il vero dietro l’apparenza e puntava a fissare sulla tela la vibrante realtà.
Per fare ciò aveva bisogno di uno stile nuovo, diretto e popolare, così rifuggì le regole dell’accademia e del decoro e al posto di scene storiche o mitologiche, com’era d’uso nell’epoca, scelse di raffigurare spaccati della realtà sociale del suo tempo.
Il suo proposito più fermo era: “essere del proprio tempo e dipingere ciò che si vede, senza lasciarsi turbare dalla moda”.
Grazie al gruppo dei realisti, Manet strinse amicizia con Charles Baudelaire (1821 – 1867; poeta, scrittore, critico letterario, critico d’arte, giornalista, filosofo, aforista, saggista e traduttore francese) e i due scoprirono un’immediata affinità.
Nel 1863, il poeta francese scrisse un saggio, “Il pittore della vita moderna”, sul quotidiano “Le Figaro”, dove descrisse la figura dell’ “artista-dandy” che ha il dovere di fissare nelle proprie opere d’arte la fugacità del presente.
“Per il perfetto bighellone, per l’osservatore appassionato, immensa è la gioia di eleggere domicilio nel numero, nel mutevole, nel movimento, nel fuggevole e nell’infinito […] Il passato risulta interessante non solo per la bellezza che ne hanno saputo estrarre gli artisti per i quali esso costituiva il presente, ma anche come passato, in forza del suo valore storico. La stessa cosa accade per il presente. Il piacere che ricaviamo dalla rappresentazione del presente dipende non solo dalla bellezza di cui può adornarsi, ma anche dalla sua qualità essenziale di presente”.
Manet approvò con entusiasmo il programma di Baudelaire e creò il dipinto “Musica alle Tuileries” allo scopo di trasferire in pittura le parole del suo amico poeta.
Considerata l’amicizia tra i due artisti, non stupisce il fatto che Manet, tra il 1867 e il 1870, molto probabilmente immortalò il funerale del suo amico, avvenuto il 2 settembre 1867, in una tela rimasta incompiuta: “L’Enterrement” (Il funerale).
Il quadro è conosciuto anche come “Enterrement à la Glacière” (Funerale a La Glacière) e come stile si avvicina a “Effet de neige à Petit–Montrouge” (Effetto della neve su Petit-Montrouge) (1870) e a “L’Exposition universelle” (1867).
“Il funerale” di Manet mostra un carro funebre e i suoi accompagnatori che si dirigono verso il cimitero di Montparnasse.
Il pittore, a differenza di altri amici che dovevano ancora rientrare dalle vacanze o si erano allontanati a causa del minaccioso temporale estivo, fu trai pochi presenti al funerale di Charles Baudelaire.
Lo scarno corteo funebre ai piedi della Butte Mouffetard, una collina a sud-ovest di Parigi, è contornato dalle sagome delle torri e delle cupole della Val de Grâce, del Panthéon, di Saint-Etienne-du-Mont e del Tour de Clovis (oggi liceo Henri-IV) sullo sfondo.
Uno studioso ha osservato che il pittore ha avvicinato le cupole dell’Osservatorio dell’abbazia di Notre-Dame du Val-de-Grâce, probabilmente per migliorare la composizione. Un altro sostiene che la scena è ambientata in rue de l’Estrapade. Un altro ancora ritiene che la scena sia temporalmente collocata prima della fine del Secondo Impero francese, per la presenza, in fondo al corteo, di un granatiere a cavallo della Guardia Imperiale.
“Il funerale” di Manet appartiene alle opere del realismo di Manet.
Il pittore ha inserito il soggetto in un contesto minimalista, immerso in un vasto paesaggio che occupa gran parte del quadro.
Sebbene l’idea originale del pittore fosse quella di focalizzare l’attenzione sul corteo funebre, in basso a destra, è più probabile che chi osserva il dipinto sia attratto dal paesaggio stesso.
Per far risaltare il soggetto dallo sfondo, Manet utilizzò un approccio impressionista, ma lo fece in modo inverso: evidenziò il soggetto con colori scuri, contro un paesaggio illuminato.
Solitamente, l’occhio umano è attratto dall’area più luminosa di un’immagine, quindi lo spettatore noterà prima il paesaggio che gli uomini in processione.
“Il funerale” può essere confrontato con un soggetto analogo della metà del Settecento, del famoso artista Gustave Courbet (1819 – 1877).
Il dipinto di Courbet, “Funerale a Ornans”, pone il soggetto, un gruppo in lutto che partecipa al rito funebre di una persona cara, in evidenza, in quanto lo colloca proprio al centro del quadro.
Manet ammirava Courbet e sicuramente trasse ispirazione da questa rappresentazione. Tuttavia, egli scelse di affrontare il tema del lutto da un punto di vista particolare.
Manet conservò “Il funerale” fino alla sua morte. Poi, nell’agosto del 1894, il dipinto fu venduto dalla moglie del pittore, Suzanne Leenhoff (1829 – 1906; pianista olandese) al mercante d’arte Portier per 300 franchi.
Nel 1902, la tela passò in proprietà a Camille Pissarro (1830 – 1903; impressionista e neoimpressionista danese-francese) che conosceva bene Manet e che lo ottenne in cambio di un suo paesaggio.
Successivamente, l’opera fu acquistata da Ambroise Vollard (1866 – 1939; mercante d’arte francese, ritenuto uno dei più importanti mercanti d’arte contemporanea francese all’inizio del Novecento) che lo vendette all’attuale proprietario.
In copertina: “L’Enterrement” (Il funerale) (1867-1870) olio su tela (72,7 × 90,5 cm) di Édouard Manet, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York (USA)