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Epitaffio di Sicilio: composizione musicale sulla caducità della vita

L’epitaffio di Sicilo inciso su una lapide nel I o II secolo d.C., quindi quasi 2000 anni fa, è la più antica composizione musicale sopravvissuta.

L’epitaffio di Sicilo inciso su una lapide nel I o II secolo d.C., quindi quasi 2000 anni fa, è la più antica composizione musicale sopravvissuta.

L’epitaffio di Sicilio si ritiene sia il più antico brano musicale sopravvissuto nel mondo.
Esiste, in effetti, musica più antica con notazione, ma si tratta di brani frammentari, mentre l’epitaffio è una composizione completa, anche se breve.
La sua datazione ha dato spazio a varie ipotesi, quella più accreditata suggerisce sia stata creta nel I o II secolo d. C.

La melodia dell’epitaffio si presenta nella notazione musicale greca antica e insieme al testo è stata rinvenuta su una pietra tombale della città ellenistica di Tralleis – una piccola città vicino ad Aydın (città della Turchia, capoluogo della provincia di Aydın, nella regione dell’Egeo) – durante alcuni lavori per la realizzazione di una ferrovia.

All’inizio, la lapide finì nelle mani di Edward Purser, proprietario della ditta di costruzione e successivamente, nel 1883, fu trovata da Sir Ramsay.
Nel 1893, l’epitaffio di Sicilio aveva subìto diversi danni. La parte in basso della lapide era rotta; la base era stata tagliata da Purser, causando la perdita di un rigo di testo.
Successivamente, la stele passò a Young, genero di Purser, che la tenne con sé fino al 1922, quando cioè il console olandese di Smirne la portò a l’Aia.
Dal 1966, si trova a Copenaghen, presso il Museo nazionale danese.

L’epitaffio di Sicilo ha come temi la caducità della vita e il trascorrere del tempo. Le parole del testo liberamente tradotto dicono:
Mentre vivi, risplendi
non avere alcun dolore
la vita esiste solo per un breve periodo
e il tempo esige il suo dovere.

Le ultime due parole poste sulla lapide sono (sono stati aggiunti caratteri tra parentesi, per suggerire una parziale ricostruzione delle parole mancanti)
Σεικίλος Εὐτέρ[πῃ]
Seikílos Eutér[pēi]

Si suppone significhino “Sicilio a Euterpe”; come se gli epigrammi posti sulla lapide fossero dedicati dal suo autore a Euterpe, forse la moglie di Sicilio oppure a Euterpe, la Musa della musica.

Un’altra possibile interpretazione:
Σεικίλος Εὐτέρ[που]
Seikílos Eutér[pou
]
cioè “Sicilio di Euterpes”, cioè “Sicilio, figlio di Euterpes”.

Sulla lapide è presente anche un’altra iscrizione, la cui tradizione recita: “Io sono una pietra tombale, un’immagine. Sicilo mi ha posto qui come un segno duraturo di ricordo senza morte“.

L’epitaffio in tutto è costituito da 12 righe di testo, 6 accompagnate da notazione alfabetica greca di una melodia musicale che non presenta problemi di trascrizione, ma è oggetto di qualche disaccordo riguardo alla natura del materiale melodico che la compone.
Nella composizione musicale non ci sono modulazioni (cambi di tonalità dentro il brano) e la notazione è nel genere diatonico (basato cioè sulla diatonia: passaggio diretto del suono da un grado all’altro della scala fondamentale). Quello che invece mette in disaccordo gli studiosi è la disposizione dei toni: per alcuni si tratta del “tonos lastiano”; altri fanno riferimento al “tonos frigio”; altri ancora parlano di segmento della “scala ionica”.

Nonostante le controversie, l’epitaffio di Sicilo ha un suo fascino e ha ispirato compositori moderni, come Bruno Maderna (1920-1973) che lo ha citato nella sua “Composizione n. 2”, un lavoro sinfonico del 1950; Ennio Morricone (1928-2020) che ha realizzato “Sicilo e altri frammenti”, composizione che contiene alcune fra le più antiche testimonianze di musica scritta giunte fino ai nostri giorni.

In copertina: particolare di una rappresentazione del XVII secolo delle muse greche: Clio, Thalia ed Euterpe

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