L’anello di Carvilio, ritrovato al dito di una matrona romana durante degli scavi sulla via Latina, testimonia il profondo dolore e al contempo il grande amore di una madre per suo figlio.
Nell’anno 2000, sulla via Latina, vicino Grottaferrata, alla periferia sud-est di Roma, mentre si eseguono degli scavi per togliere un traliccio da un terreno, affiorano dei gradini.
Allertata la Soprintendenza archeologica ed effettuati ulteriori scavi si scopre che quei gradini conducono a una porta sigillata. Al di là della porta, una tomba romana del I sec. d.C., ancora intatta.
La tomba di 9 metri quadrati ospita due sarcofagi di marmo. Nel primo è deposto “Carvilio Gemello”; nell’altro, “Aebutia Quarta”.
I corpi dei due defunti si sono conservati in modo egregio, soprattutto quello del giovane, probabilmente, grazie all’imbalsamazione e alle favorevoli condizioni microclimatiche della tomba.
Il sarcofago di Carvilio presenta particolari accorgimenti, studiati per assorbire e far defluire i liquidi corporei. Sul fondo del sepolcro è presente della sabbia e un foro d’uscita, coperto da un tampone di tessuto, che serviva a dare aria al corpo e al contempo, a evitare che microorganismi e spore, provenienti dall’esterno, potessero penetrare a contaminare la salma.
Nel sarcofago di Aebutia, ricca matrona romana, è rinvenuto solo lo scheletro, ma sono presenti anche le ghirlande di fiori (lilium, rose e viole) che decoravano la defunta, la veste di seta che indossava e la preziosa parrucca rossa che aveva sul capo, fatta di capelli umani, fibre vegetali e crini animali.
Inoltre, la chioma finta era intessuta con una reticella d’oro, realizzata attorcigliando sottili lamine d’oro intorno a fili di seta.
Sulla parrucca furono trovate anche tracce di latte di capra e nessuno dei due defunti aveva in bocca la tradizionale moneta, come era nell’uso romano, questo fa supporre che Carvilio e Aebutia fossero seguaci del culto egiziano di Iside.
Parrucche simili a quella indossata dalla nobildonna romana sono state ritrovate anche in altre sepolture, mentre originale e assolutamente unico è l’anello a fascia, al dito di Aebutia, anello che ha suscitato grande stupore negli archeologi. Un oggetto di grande bellezza e di inestimabile valore per la sua unicità e per la valenza affettiva.
Al di sotto del castone (parte dell’anello, o di altro gioiello, dove è collocata la gemma) in cristallo di rocca, lavorato “a cabochon” (tipo di taglio delle pietre preziose), è posto un mini-busto di Carvilio, morto a 18 anni e tre mesi. Il giovane raffigurato è a torso nudo; sono evidenti i capelli ricci, le labbra sottili e il naso aquilino.
Grazie alla luminosità dovuta alla lente di cristallo, l’immagine di Carvilio acquista profondità quando la si osserva.
La raffigurazione del giovane però si discosta dalla realtà: la ricostruzione delle sue fattezze, ottenuta esaminando il suo cranio, attesta che Carvilio aveva un viso molto allungato, arcate dentali strette e occhi piuttosto vicini.
In questo singolare ritrovamento non manca neppure un alone di mistero: la causa della morte di Carvilio è tuttora poco chiara. Sono state fatte delle ipotesi: setticemia in seguito a un trauma (il suo femore era fratturato in due punti) o addirittura avvelenamento per la percentuale di arsenico rilevata nei suoi capelli.
Aebutia aveva avuto due figli da mariti diversi. Carvilio era nato dal primo matrimonio della donna con Tito Carvilio, della famiglia Sergia. Dal secondo marito, invece, ebbe una figlia, Antestia Balbina, che si occupò della sua sepoltura.
Perdere l’unico figlio maschio, procurò alla nobildonna un dolore immenso, per questo fece realizzare un sarcofago stupendo, dotato di rifiniture accurate e raffinate iscrizioni.
Oggi, commissionare un cofano funebre del genere richiederebbe il pagamento di una cifra intorno ai 20.000 euro; altrettanto costoso deve essere stato l’anello-reliquiario.
Aebutia morì alcuni anni dopo Carvilio, all’età di 40-45 anni. Nel suo sarcofago erano presenti anche alcune piccole ossa infantili, fatto che indurrebbe a ipotizzare che la donna fosse incinta al momento della morte.
Il magnifico anello, testimonianza del grande dolore e dell’amore di una madre per suo figlio, è conservato, oggi, presso il Museo Archeologico di Palestrina.
In copertina: Lo scrigno dei gioielli, dipinto di John William Godward