Il X agosto, notte di San Lorenzo, non rappresenta per tutti una ricorrenza positiva, legata alla consuetudine di esprimere desideri, dopo aver visto una “stella cadente” solcare il cielo.
Non lo è stata di certo per Giovanni Pascoli che nella notte del 10 agosto del 1867 perse suo padre a soli dodici anni.
Ruggero Pascoli fu ucciso da due sicari mentre rientrava a casa. Questa morte violenta segnò profondamente la vita del poeta, anche perché gli assassini e il presunto mandante non furono mai condannati e tanto meno assicurati alla giustizia.
Inoltre, la morte del padre di Giovanni Pascoli fu l’innesco di una serie di altri lutti in famiglia: la madre sopravvisse solo pochi mesi al marito e negli anni successivi, il poeta perse tre dei suoi fratelli.
La sera in cui fu ucciso, Ruggero tornava a casa da Cesena. Quando fu presso la località di San Giovanni in Compito, a Savignano sul Rubicone (provincia di Forlì-Cesena), fu raggiunto dal colpo di un fucile, sparato da due sicari che lo attendevano lungo la strada.
L’uomo morì sul colpo e il carro su cui si trovava, trainato dalla famosa “cavallina storna”, proseguì per un tratto senza guida.
All’epoca di tali fatti, la Romagna era una terra difficile a causa del brigantaggio. C’erano dei testimoni, ma non furono molto concludenti, anche se ci fu chi sostenne che l’assassino era ignoto solo alle autorità, in quanto, chi sapeva manteneva il silenzio per paura di ritorsioni o per complicità.
Alla fine della vicenda giudiziaria, si concluse che Ruggero Pascoli fosse stato vittima degli ambienti del repubblicanesimo estremista, ma gravitavano anche tra le ipotesi, che fosse stato ucciso per motivi di interesse e per invidia nei confronti del lavoro che svolgeva (Ruggero era agente e amministratore della tenuta dei principi Torlonia) oppure che avesse ostacolato qualche potente malavitoso della zona.
Altri fattori e proprietari fecero la sua stessa fine per mano della criminalità organizzata, ma la famiglia di Pascoli sostenne sempre che, gli assassini avessero agito su mandato della persona che voleva succedere a Ruggero nel suo autorevole e allentante incarico.
Giovanni Pascoli immortalò questa notte tragica in una famosissima poesia: X agosto.
La composizione poetica fu pubblicata per la prima volta ne “Il Marzocco” (rivista letteraria settimanale fondata a Firenze, il 2 febbraio 1896, e terminata il 25 dicembre 1932) del 9 agosto 1896, poi fu inclusa nella quarta edizione di Myricae (1897).
La poesia è composta da sei quartine di decasillabi (versi composti di dieci sillabe) e novenari; le rime sono alternate, secondo lo schema ABAB.
Per quanto riguarda il contenuto, Pascoli ha racchiuso tra due “parentesi” – rappresentate dal richiamo al cielo che piange stelle all’inizio della poesia e alla spiegazione di tale comportamento, posta alla fine – le vicende parallele di una rondine e di suo padre, uccisi mentre tornavano a casa, al loro “nido”, portando chi il cibo per i suoi piccoli e chi dei regali per i propri figli.
Inoltre, attraverso la rondine (“Ora è là, come in croce”), Pascoli ha stabilito un’associazione con la figura del Cristo e quindi, con il padre, anche lui morto innocente.
Magari stanotte, quando vedrete scivolare nel cielo le tanto attese scie luminose, non penserete solo ad esprimere desideri, ma a quel “pianto di stelle” che “arde e cade”.