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un Sussurro di Luce oltre l’Ombra

L’idea che le anime dei defunti non siano contente se i vivi soffrono per loro, affonda le radici in diverse prospettive spirituali e psicologiche.

Il vento tiepido danzava tra le foglie del vecchio cipresso nel piccolo cimitero, portando con sé il profumo umido della terra e un lontano eco di preghiere sussurrate. Anna si stringeva al freddo marmo della lapide, le dita tracciavano con esitazione il nome inciso, il nome di sua madre. Erano passati mesi, eppure il dolore la avvolgeva ancora come una spessa coltre, rendendo ogni alba un tormento e ogni notte un rifugio inquieto.

Le lacrime avevano scavato solchi invisibili sul suo volto, e il suo cuore portava il peso di un’assenza che sembrava incolmabile. Ogni ricordo felice si tingeva di malinconia, ogni oggetto appartenuto alla madre era una pugnalata al cuore. Anna si sentiva legata a quel dolore, quasi come se abbandonarlo significasse tradire la memoria della persona amata. Ma una notte, nel dormiveglia, Anna fece un sogno vivido e sereno. Si trovava in un giardino luminoso, un luogo intriso di una pace profonda che non aveva mai sperimentato sulla terra. Tra fiori dai colori cangianti e una luce soffusa, vide sua madre. Non era l’immagine pallida e sofferente degli ultimi giorni, ma radiosa, con un sorriso dolce che le illuminava il volto.

Sua madre si avvicinò e le prese le mani, una carezza leggera che non aveva la consistenza fisica ma che Anna sentiva nel profondo dell’anima. “Anna, bambina mia,” sussurrò la voce, melodiosa come un carillon.

“Ti vedo. Sento il tuo dolore. E non sono felice di vederti così.”

Anna tentò di parlare, le parole strozzate dal pianto.

“Mi manchi tanto, mamma. La vita senza di te è… è buia.”

Il sorriso di sua madre si fece più intenso, ma velato di una leggera tristezza. “Lo so, tesoro. Ma la mia oscurità è finita. Qui c’è solo luce, una pace che non puoi immaginare. Il tuo dolore, però, increspa questa serenità. È come un’eco che mi raggiunge, una nota stonata in un’armonia perfetta.”

“Ma come posso non soffrire?” chiese Anna, il senso di colpa che iniziava a insinuarsi nel suo cuore, “Ti ho amato così tanto…”

“E io ti amo ancora, infinitamente,” rispose la madre, “Ma il vero amore desidera la felicità, la crescita. Non vuole catene di lacrime che leghino i vivi ai morti. Onorami vivendo, Anna. Ricorda la gioia che abbiamo condiviso, le risate, l’amore. Porta con te quei ricordi come un faro, non come un peso.” Le mostrò un campo di fiori che sbocciavano rigogliosi e riprese.. “Vedi questi fiori? Sono il ricordo della vita, della bellezza. Se tu ti chiudi nel dolore, è come se questo giardino si oscurasse. La mia gioia è vedere la tua luce brillare di nuovo.” Poi, le indicò una farfalla che si librava leggera nell’aria, “La vita è un ciclo, Anna. C’è la perdita, ma c’è anche la rinascita. Non rimanere prigioniera dell’inverno. Lascia che la primavera torni nel tuo cuore.”

Il sogno iniziò a svanire, la luce a farsi più tenue. L’ultima cosa che Anna udì fu un sussurro leggero come il vento: “Sii serena, bambina mia. La mia pace sarà completa quando vedrò la tua.”

Anna si svegliò con il cuore stranamente leggero. Le lacrime non erano scomparse, ma non erano più intrise di un dolore così acre. C’era un nuovo senso di responsabilità, un desiderio di onorare la memoria di sua madre non attraverso la sofferenza, ma attraverso la vita.

Nei giorni successivi, Anna iniziò a ricordare i momenti felici con più intensità, a sorridere ripensando alle loro risate. Il dolore non era svanito, ma aveva lasciato spazio a una dolce malinconia, a una consapevolezza che l’amore trascendeva la morte e che la vera eredità di sua madre era la gioia di vivere. Comprese che le anime di coloro che amiamo desiderano per noi la stessa pace e serenità che hanno trovato. La loro contentezza non si nutre delle nostre lacrime, ma della nostra capacità di ricordare con amore e di continuare a fiorire nel giardino della vita.

Desiderio di pace e distacco

Questo breve racconto è un invito a lasciar andare il dolore paralizzante e a permettere alla vita, con le sue gioie e i suoi dolori, di continuare il suo corso, portando con sé il prezioso ricordo di chi non c’è più, non come una ferita aperta, ma come una stella luminosa nel cielo del cuore.

È importante notare che le credenze sulla vita dopo la morte e sulla consapevolezza delle anime variano enormemente tra culture e individui. Tuttavia, il filo conduttore che emerge da molte prospettive è che l’amore e il desiderio di benessere per i propri cari trascendono la morte. Un amore vero, sia da parte del defunto che del sopravvissuto, tende verso la serenità e la guarigione.

Molte tradizioni spirituali insegnano che, dopo la morte, l’anima cerca la pace, il riposo e il distacco dalle sofferenze terrene. Vedere i propri cari tormentarsi nel dolore potrebbe ostacolare questo processo di serenità. L’anima potrebbe desiderare che i vivi trovino conforto e accettazione, piuttosto che rimanere ancorati al lutto in modo eccessivo. Alcune credenze postulano che l’anima, dopo la morte, intraprenda un percorso di evoluzione e crescita spirituale. Un attaccamento eccessivo e sofferente da parte dei vivi potrebbe trattenere l’anima, impedendole di progredire nel suo viaggio.

L’amore che lega i defunti ai vivi è spesso descritto come incondizionato. Un amore vero desidera il bene dell’altro, la sua felicità e la sua serenità. Vedere soffrire i propri cari causerebbe quindi dispiacere, poiché il loro desiderio sarebbe di vederli guarire e andare avanti con le proprie vite.

In alcune esperienze di contatto spirituale (medianità, sogni, visioni), i defunti spesso comunicano un senso di pace e benessere. Questo suggerisce che il loro stato attuale è di serenità e che desidererebbero lo stesso per i vivi. Un lutto prolungato e intenso può essere dannoso per la salute mentale e fisica dei sopravvissuti. Le anime dei defunti, se fossero consapevoli della sofferenza dei loro cari, probabilmente desidererebbero che trovassero un modo sano per elaborare la perdita e tornare a vivere pienamente.

Concentrarsi unicamente sul dolore della perdita può oscurare i ricordi positivi e l’amore condiviso con il defunto. Le anime potrebbero preferire essere ricordate con affetto e gratitudine per il tempo trascorso insieme, piuttosto che essere associate a una sofferenza continua. Restare bloccati nel dolore può impedire ai vivi di andare avanti con le proprie vite, di intraprendere nuove esperienze e di trovare nuove gioie, e un defunto amorevole certamente non vuole che la sua memoria diventi una catena che impedisce la crescita personale dei suoi cari.

In conclusione, l’argomentazione secondo cui le anime non sono contente se i vivi soffrono per loro si basa sull’idea che il loro stato post-mortem sia orientato alla pace e al distacco dal dolore terreno, e sul desiderio che i loro cari trovino conforto, elaborino il lutto in modo sano e continuino a vivere pienamente, onorando la loro memoria con affetto piuttosto che con una sofferenza paralizzante.

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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