Otello (The Tragedy of Othello, the Moor of Venice) è il dramma della gelosia, ma Shakespeare in questa tragedia mette in scena anche l’amore puro e ignaro, l’invidia corrosiva e distruttiva, l’abilità intrigante e manipolatoria e soprattutto, la lacerante distanza tra menzogna e verità, tra apparenza e realtà.
“Guardatevi dalla gelosia, signore. È un mostro dagli occhi verdi, che prima si diverte a giocare col cibo di cui si nutre. […] che vita dannata quella di chi ama e cova il dubbio, di chi sospetta e spasima d’amore!” (Otello di William Shakespeare – atto III scena III – traduzione di Salvatore Quasimodo, tratto da “Opere scelte” Mondadori editore, Milano 1981)
L’Otello fu scritto da Shakespeare agli inizi del XVII secolo; la prima rappresentazione di cui abbiamo notizia è del 1° novembre 1604 al Whitehall Palace di Londra.
La prima pubblicazione risale al 1622, un in-quarto (formato dei libri che si otteneva piegando due volte un foglio intero; il fascicolo risultante era di 8 pagine, cioè 4 carte, da qui il nome del formato), seguito da un in-folio (formato dei libri che si otteneva piegando un foglio intero una sola volta lungo il lato minore) del 1623 e da un altro in-quarto nel 1630 e nel 1655.
Fonte dell’Otello è la settima novella della terza deca degli Ecatommiti (raccolta di cento novelle distribuite in 10 deche; una delle maggiori raccolte di novelle italiane del ’500, pubblicata per la prima volta nel 1565-1566) di Giovan Battista Giraldi Cinzio. La trama della novella di Giraldi verrà conservata da Shakespeare, per lo meno nelle linee essenziali.
Non si sa però con certezza se Shakespeare abbia utilizzato come fonte l’originale italiano o la traduzione francese di Gabriel Chappuys del 1584.
I personaggi nella novella di Giraldi sono individuati attraverso un ruolo o mediante dei soprannomi: Otello è il Moro; Iago è un “alfiero di bellissima presenza, ma della più scellerata natura, che mai fosse uomo del mondo”; Cassio è il “capo di squadra”. L’unico personaggio ad avere un nome è la sfortunata moglie di Otello: Disdemona che in greco significa “sfortunata“.
Nella novella degli Ecatommiti, l’alfiere (Iago) si innamora della moglie di Otello, respinto dalla donna, deciderà di vendicarsi. Inoltre, il Moro descritto da Giraldi non si pente di aver ucciso la moglie, fugge insieme all’alfiere da Venezia ed entrambi verranno assassinati molto più tardi.
Per quanto riguarda i personaggi, Shakespeare aggiungerà Roderigo che ama Desdemona e verrà assassinato mentre cerca di uccidere Cassio.
Il personaggio di Otello è stato oggetto di ben due identificazioni con persone realmente esistite: il patrizio Cristoforo Moro, luogotenente a Cipro nel 1508, il quale perse la moglie nel viaggio di ritorno a Venezia;
Francesco da Sessa inviato in catene dai Rettori di Cipro a Venezia, per un delitto non specificato, alla fine del 1544 o all’inizio del 1545.
Nell’Otello, buona parte di ciò che viene detto o agito non corrisponde alla realtà, per questo sembra essere la tragedia del travisamento, e la stessa simbologia risponde a tale regola.
Uno dei nodi della storia è il colore della pelle di Otello. Nella tragedia è avvertibile il tema della differenza di razza, ma nonostante ciò, Shakespeare non specifica con precisione l’etnia del protagonista. Otello viene definito come il “moro”, un termine che, per l’epoca elisabettiana, poteva indicare indifferentemente arabi, nord-africani o popolazioni dell’Africa subsahariana.
Il colore nero solitamente rappresentava qualcosa di negativo e malvagio, mentre qui, è esattamente il contrario: il Moro, è un personaggio buono.
L’inversione di segno è evidente anche negli altri personaggi: Iago è il soldato bianco, di bellissima presenza, con tali caratteristiche dovrebbe impersonare la positività e l’onestà, invece è bugiardo e intrigante; la malvagità assoluta.
Anche il personaggio di Bianca (cortigiana amante di Cassio) ha un nome che dovrebbe incarnare un ideale di purezza, invece, è una prostituta.
Il fulcro attorno cui ruota tutta la tragedia è l’incapacità di Otello di distinguere la verità dalla menzogna e quindi, di cogliere il senso reale delle cose.
Quello che condurrà Otello alla disgrazia sono l’ingenuità, l’innata fiducia verso gli uomini e la gelosia che lo renderà cieco e lo spingerà all’atto estremo di uccidere.
Inoltre, il suo antagonista, Iago, è abile nel tessere tresche e inganni; riesce a costruire una serie di ben congegnati trabocchetti veicolati da frasi ambigue, parole lasciate a metà, sospetti privi di fondamento. La stessa prova dell’infedeltà, il fazzoletto, è artefatta.
Ma la tragica conclusione dell’Otello non è legata solo alla brillante mente e all’abilità retorica di Iago, i suoi piani malvagi trovano sostegno e terreno fertile nella consapevolezza di Otello delle differenze razziali, culturali e d’età che intercorrono tra lui e Desdemona. Nella sua coscienza, il Moro cova l’idea che il suo amore non sia normale. Per questo è facile per Iago instillare il sospetto e lasciare che i pensieri negativi di Otello fluiscano all’esterno e modifichino irreparabilmente la sua visione della realtà.
La tragedia shakespeariana ha avuto molta fortuna non solo nella sua versione teatrale che ha visto rappresentazioni in tutto il mondo, ma è stata anche proposta in versione musicale (opere liriche più famose sono L’Otello di Gioachino Rossini, 1816 e l’Otello di Giuseppe Verdi, 1887) e in vari adattamenti cinematografici.
A conti fatti, non si può definire l’Otello semplicemente un dramma della gelosia.
Questa tragedia racchiude una grande varietà di emozioni avvincenti, travolge con il suo andamento serrato, incanta con la forza delle sue parole sia quelle solenni sia quelle nascoste o espresse solo a metà.
La tragedia di Otello può anche essere vissuta come il dramma del ripiegamento che giunge al suo culmine nella scena finale nella stanza da letto in cui Desdemona viene uccisa.
Il restringimento di ambientazioni che si verifica nel corso dell’azione, non è altro che il riflesso della riduzione progressiva di possibilità e l’ineluttabilità della morte si prefigura come unica possibile soluzione di una storia claustrofobica.
Inoltre, il “bacio di morte” di Otello a Desdemona incarna e racchiude le due pulsioni fondamentali di tutta la tragedia: Eros e Thanatos che in vario modo fanno muovere e dirigono l’intera storia.
In copertina: Desdemona e Otello di Antonio Muñoz Degrain