Macbeth (The Tragedy of Macbeth), considerata una fra le più note tragedie di Shakespeare, è un’opera cruenta, segnata dal male che getta la sua ombra funesta su personaggi e avvenimenti.
Ambizione e sete di potere sono il motore della storia e i due personaggi principali, pur di vedere soddisfatte le loro brame si macchieranno di molti orrori e terribili crudeltà.
La tragedia di Macbeth fu pubblicata nel 1623, tratta, forse, da un copione teatrale. Con i suoi cinque atti è la più breve tragedia di Shakespeare ed è considerata uno dei lavori più complessi e ricchi di sfaccettature del drammaturgo inglese.
Shakespeare trasse ispirazione per la costruzione della storia da due resoconti sul re Macbeth di Scozia: quello di Raphael Holinshed e quello del filosofo scozzese Ettore Boezio.
Collocata temporalmente al principio del Basso Medioevo, la tragedia inizia in una Scozia cupa movimentata da lampi e tuoni. Sulla scena tre Streghe, probabilmente ispirate alle Norne (da “Norn”: “[colei che] bisbiglia [un segreto]“) e alle Parche (figlie di Giove e Temi, stabilivano il destino degli uomini), decidono che il loro prossimo incontro dovrà avvenire in presenza di Macbeth.
Il fato e il soprannaturale (le tre streghe e lo spettro di Banquo) hanno un ruolo importante nella storia, si materializzano nel corso della narrazione, creando una sorta di contrappunto, ed hanno la funzione di raffigurare colpe e angosce dell’animo umano.
La profezia delle streghe fa scattare in Macbeth la brama di potere, il desiderio di affrettare il destino e diventare re. Quando si mostrerà pavido, sarà sua moglie a spingerlo a uccidere l’attuale re, Duncan, per prenderne il posto.
Dopo questo primo omicidio molti ne seguiranno, sempre più efferati e crudeli.
La coppia di assassini si macchierà del sangue di molti innocenti, mentre la loro coscienza tormenterà entrambi, conducendo alla follia e al suicidio Lady Macbeth e a una disperazione tormentosa Macbeth stesso, fino al tragico epilogo quando MacDuff lo decapiterà mentre infuria la battaglia.
Prima dello scontro finale, quando già l’esercito ribelle, capitanato da Malcolm, MacDuff e Seyward, avanza contro il castello di Dunsinane, dove risiede Macbeth, il re pronuncia il famoso soliloquio che è una riflessione sulla vita, sulla sua precarietà e incertezza, temi molto sentiti nel periodo in cui visse Shakespeare.
“Domani, e domani, e domani, striscia a piccoli passi da un giorno all’altro, fino all’ultima sillaba del tempo prescritto; e tutti i nostri ieri hanno illuminato a degli stolti la via che conduce alla morte polverosa. Spegniti, Spegniti, breve candela! La vita non è che un’ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena e del quale poi non si vede più nulla: è una storia raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla” (La tragedia di Macbeth di William Shakespeare – atto V scena V – traduzione di Agostino Lombardo, tratto da “Opere scelte” Mondadori editore, Milano 1981)
La tragedia di Macbeth ha ispirato molti famosi registi che ne hanno dato la loro interpretazione nel grande schermo, tra questi: Orson Welles (1948), Akira Kurosawa (1957) e Roman Polański (1971).
Anche Giuseppe Verdi fu ispirato da Macbeth e ne musicò la tragica storia.
In copertina: Macbeth e Banquo incontrano le streghe per la prima volta (Théodore Chassériau – Musée d’Orsay)