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Il periodo blu di Pablo Picasso: una fase artistica legata a un grave lutto

Spesso l’arte è ispirata da un fatto luttuoso. Fu così per Pablo Picasso: il suo “periodo blu” iniziò dopo il suicidio di un suo amico pittore e poeta, Carles Casagemas.

Spesso l’arte è ispirata da un fatto luttuoso. Fu così per Pablo Picasso: il suo “periodo blu” iniziò dopo il suicidio di un suo amico pittore e poeta, Carles Casagemas.

È lo stesso Pablo Picasso (1881-1973) a dichiarare: “Cominciai a dipingere in blu quando riconobbi che Casagemas era morto”.
Il punto di partenza di questa fase artistica è incerta. Si ipotizza sia iniziata nella primavera del 1901, in Spagna o a Parigi, nella seconda metà dello stesso anno, e sia finita nel 1904.
I dipinti del “periodo blu” (periodo azul) di Picasso sono caratterizzati da colori austeri, essenzialmente monocromatici, nei toni del blu e del blu-verde – raramente il pittore aggiunge altri colori per riscaldare l’atmosfera – appropriati per gli argomenti dolorosi e per i personaggi ritratti: principalmente emarginati e poveri, come prostitute, mendicanti, ubriachi, disperati, esiliati, detenuti, persone del circo.

Le opere del periodo blu sono tra le più note di Picasso, ma all’epoca in cui le dipinse non ebbero molto successo: il pittore faticava a trovare degli acquirenti.
Gli eventi che spinsero Picasso a tale singolare produzione artistica furono, molto probabilmente, il viaggio che compì attraverso la Spagna e il suicidio del suo amico Carles Casagemas (1880-1901).

Picasso e Casagemas si incontrarono per la prima volta al bar “Els Quatre Gats” di Barcellona. Vissero insieme gli anni di formazione, prima a Barcellona e poi a Parigi.
Nella capitale francese, i due amici si inserirono da subito negli ambienti artistici più alla moda e iniziarono a frequentare un gruppo di giovani emigrati, poeti e artisti, tutti accomunati dalle scarse finanze.

Della combriccola faceva parte anche Germaine Gargallo Florentin Pichot (1880-1948), una bella ragazza che, come tutti loro, era in cerca di fortuna.
Carles si innamorò perdutamente di Germaine. Per un certo periodo, i due intrecciarono una relazione che con il tempo divenne sempre più precaria: Germaine era scostante e faceva impazzire il suo amante.
Casagemas aveva la mente e il cuore sempre più annebbiati dall’amore. A peggiorare la situazione intervennero le sue crisi maniaco-depressive e l’abuso di droghe.

La sera del 17 gennaio 1901, il gruppo di amici era al “Café de l’Hippodrome”, a Montmartre. Era una sera come tante altre, passata tra chiacchiere e assenzio. Picasso non c’era: era rientrato in Spagna, per faccende personali. Niente faceva presagire l’imminente tragedia.
Un bicchiere di troppo, forse, spinse Carles a dichiararsi a Germaine. Lei rifiutò la proposta di matrimonio e lui reagì alzandosi in piedi, poi tirò fuori un biglietto e una pistola. Puntò l’arma contro la ragazza e fece fuoco.

Germaine riuscì a ripararsi sotto il tavolo; Casagemas, convinto di averla uccisa, rivolse la canna della pistola alla sua tempia e si sparò.
Grazie alla sua rapida reazione, Germaine era illesa: la pallottola l’aveva appena sfiorata e poi si era conficcata nel muro. Carles, invece, era grave, ma ancora vivo quando lo portarono d’urgenza in ospedale; morì intorno alla mezzanotte.

La tragica notizia giunse in Spagna e Picasso ne rimase sconvolto.
Quando a maggio rientrò a Parigi, rimase nello studio dell’amico defunto, qui lavorò per diverse settimane, preparando la mostra per la galleria di Ambroise Vollard (1866-1939, imprenditore e gallerista francese).
I dipinti che realizzò in quei giorni avevano colori abbaglianti e soggetti esuberanti. Non aveva ancora accusato in pieno quanto era accaduto, ma fu solo questione di tempo, ben presto, fu colto dal peso del rimorso, per aver lasciato da solo il suo amico nel momento del bisogno.
Per sopportare il dolore si gettò nel lavoro, iniziò a dipingere con frenesia, affidando alla pittura le sue ossessioni.

I primi dipinti, ne realizza diversi, ritraggono Carles nella bara, all’obitorio.
Picasso ritrasse la scena con grande drammaticità e un forte realismo, persino il foro del proiettile era ben evidente sulla tempia destra.
In quel periodo, il pittore intraprese un viaggio attraverso la Spagna ed entrò in contatto con la sofferenza di un’umanità disperata e ai margini, che diventò protagonista delle sue tele.

Picasso utilizzava forme allungate e toni scuri di blu e turchese, in composizioni monocromatiche.
Ad arginare il predominio del blu solo il colore giallo chiaro, tendente al bianco, che Picasso usava per riprodurre la pelle dei protagonisti. Questo forniva un effetto di mistero e un alone spettrale ai soggetti raffigurati.
I dipinti di questa fase artistica di Picasso mostrano una profonda sincerità e un pathos intenso. Il primo dipinto di questo periodo è considerato: “Casagemas nella sua bara”, completato da Picasso l’anno successivo alla morte del suo amico.

Durante il periodo blu, Picasso si allontanò dagli amici e continuò a dipingere con uno stile che la critica e il pubblico rifiutavano. Le nuove opere erano malinconiche, depresse; gli emarginati della società, ritratti con sfumature blu, in un’atmosfera fredda e angosciata, non attiravano acquirenti: nessuno voleva appendere dipinti simili nella propria abitazione.
La sua situazione economica ne risentì, ma Picasso continuò a dipingere allo stesso modo dal 1901 al 1903. Eseguì, tra gli altri, vari ritratti postumi di Casagemas e raggiunse il culmine con il cupo dipinto allegorico “La Vie”, del 1903.

Altri soggetti del periodo blu erano nudi femminili e madri con bambini.
A dominare in questa fase artistica furono le figure solitarie, immerse in un’atmosfera di solitudine, povertà e disperazione. Questo periodo, fu per Picasso una fase di passaggio per giungere al periodo rosa e poi, all’arte cubista.

In copertina: Pablo Picasso – particolare de “La Vie”, 1903 (Cleveland Museum of Art)

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