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Letteratura e morte: un rapporto in itinere #8

Il tema della morte, esperito come dialogo con l’aldilà, come paura ancestrale o ancora come desiderio di immortalità, resta vivo nella letteratura e sono diversi gli scrittori anche contemporanei che affrontano l’argomento, ponendo l’accento su aspetti diversi della questione

Il tema della morte, esperito come dialogo con l’aldilà, come paura ancestrale o ancora come desiderio di immortalità, resta vivo nella letteratura e sono diversi gli scrittori anche contemporanei che affrontano l’argomento, ponendo l’accento su aspetti diversi della questione.

Per Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1° giugno 1970) la morte si identifica con l’evento tragico della guerra, che fa emergere sia la fragilità sia la caducità della vita e che, nella sua brutalità e sofferenza, richiama la profonda umanità che riunisce tutti gli uomini (“Soldati”).
Inoltre, il poeta riesce a superare la visione di morte indotta dalla guerra, grazie alla ideale solidarietà con le vittime del conflitto (“Veglia”, “S.Martino del Carso”).

Il punto di vista di James Joyce (Dublino, 2 febbraio 1882 – Zurigo, 13 gennaio 1941) è più romantico rispetto a quello di Ungaretti.
Lo scrittore irlandese ha intitolato “The Dead” (I morti), uno dei racconti più famosi dei suoi “Dubliners” (Gente di Dublino, pubblicato nel 1914). La storia narra delle difficoltà insorte in un matrimonio, apparentemente solido, a causa di un ricordo di gioventù della moglie. Il ricordo di un amore per un ragazzo deceduto che lei non riesce a dimenticare.

Passando a Milan Kundera (Brno, 1° aprile 1929) scopriamo nelle pagine del romanzo “Nesmrtelnost” (L’immortalità, 1990) il desiderio di voler vivere per sempre, non fisicamente, bensì nei ricordi delle persone che ci hanno conosciuto durante il nostro percorso esistenziale. Questo desiderio è contemplato non solo da chi si è reso immortale grazie alle proprie opere, come Goethe, ma anche da chi appartiene alla schiera dei comuni mortali, come Bettina, entrambi protagonisti del romanzo di Kundera.

Il tema della morte non abbandona neppure la letteratura contemporanea, nei libri di Murakami Haruki (Kyoto, 12 gennaio 1949) troviamo spesso il tema del dialogo con i propri morti. In particolare nel romanzo “Kafka sulla spiaggia” (2008), dove i protagonisti: un quindicenne, maturo come un adulto, e un anziano, ingenuo e candido come un bambino, fuggiti dallo stesso quartiere di Tokyo, si ritroveranno a Takamatsu, nel Sud del Giappone, dove, immersi in uno scenario onirico, si incontreranno più volte.

Anche un altro scrittore contemporaneo, Don De Lillo (New York, 20 novembre 1936), tratta spesso il tema della morte. Nel suo caso, essa veste i panni dello spauracchio.
In “Zero K” (2016), lo scrittore racconta la storia di un miliardario che è venuto a conoscenza della malattia incurabile della moglie e decide di trasferirla in una località segreta dell’Uzbekistan, dove, in una clinica specializzata in crioconservazione, farà congelare la consorte in una capsula di azoto liquido. L’uomo spera che in futuro la medicina scopra la maniera di curarla e a quel punto, si potrà scongelarla.

Continuando con la letteratura contemporanea, nel romanzo “Noi” (2020) di Paolo Di Stefano (Avola, 1956) troviamo ancora il dialogo tra vivi e morti.
Lo scrittore narra momenti della storia d’Italia, attraverso le vite di alcuni membri di una famiglia, in cui viventi e defunti continuano a “parlarsi”, anche per correggere dei torti che hanno provocato dolore e sofferenza.

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