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Sepolti vivi: quando la letteratura viaggia sul filo del terrore

Credo che chiunque nel corso della vita abbia avuto almeno un pensiero – forse più di uno – sulla propria morte.

Edgar Allan Poe, maestro di racconti del terrore, ha affrontato un argomento legato alla morte che senza dubbio fa venire i brividi freddi a chiunque: essere sepolti vivi.

Nella storia, che guarda caso si intitola “La sepoltura prematura” (The Premature Burial), l’autore si destreggia in una serie di resoconti di cronaca di persone sepolte vive per avvalorare la sua narrazione e renderla più terribile, ma soprattutto, più credibile.

Dopo aver esibito una serie curata e varia di resoconti presi dalla cronaca, Poe si dilunga sugli effetti che può produrre una sepoltura prematura: “L’oppressione insopportabile dei polmoni… le esalazioni soffocanti della terra umida… le vesti mortuarie strettamente aderenti… il rigido abbraccio dello spazio angusto… l’oscurità della Notte assoluta… il silenzio che sovrasta come un mare…“, insomma non ci risparmia niente per preparare la cornice alla vera storia che vuole raccontarci.

L’ultima geniale trovata dello scrittore per rendere la questione più intrigante e credibile è quella di narrarci la storia che aveva in serbo per noi già dall’inizio in prima persona.
Sostenendo che da questo punto in poi si parla di un’esperienza direttamente vissuta, aumenta ancora di più il grado della nostra attenzione e la tensione della storia.

Non dimenticate mai che gli autori più bravi sono dei manipolatori molto abili: farebbero qualunque cosa pur di tenervi legati alle loro pagine.
Le parole sono dei ganci, le frasi un abile laccio e i… paragrafi? Delle trappole congegnate con destrezza!

Bene, Poe a questo punto ci dice che: “per diversi anni sono andato soggetto ad attacchi di quella singolare malattia che i medici […] hanno convenuto di definire catalessi“.

Ovviamente, Poe si dilunga sull’argomento catalessi, descrivendo nei dettagli come si manifesta e quello che comporta. Chiaramente il narratore è spaventato a morte dalla sua condizione ed è ossessionato dall’idea di essere seppellito vivo.

La sua vita, ossessionata da questo pensiero, diventa un “orrore continuo“, assorbita in pensieri angosciosi che lo spingono a prendere delle “complicate precauzioni“: la cripta di famiglia può essere aperta dall’interno ed è allestito un ripostiglio per acqua e cibo a portata di mano del presunto morto; una campana è attaccata al tetto della tomba con una fune legata alla mano del cadavere.

Giunge, dopo questa serie di accurate informazioni, la descrizione di un risveglio del nostro protagonista da uno dei suoi tanti episodi di catalessi, dove tutto fa pensare a una sepoltura: il buio, l’odore di terra umida, lo spazio ristretto, e così via.

Quando stiamo per credere che il terribile incubo del protagonista della storia sia diventato realtà, l’autore ci spiega l’arcano: in realtà, lo sfortunato narratore si trovava nella cuccetta di uno sloop (una piccola imbarcazione) che trasportava terriccio da giardino, dove lui e un suo amico si erano rifugiati a causa di un temporale e dove lui aveva avuto l’ennesimo episodio di catalessi.

La storia ha un lieto fine: da quel giorno il protagonista del racconto cambia completamente vita, smette di pensare alla morte e vive pienamente; la catalessi da cui era affetto scompare, e Poe ci lascia una manciata di sagge parole su cui riflettere: “I demoni […] devono restare sopiti, altrimenti ci divoreranno: devono essere lasciati dormire o periremo“.

(fonte: Edgar Allan Poe – “Tutti i racconti del mistero, dell’incubo e del terrore” eNewton Classici)

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