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Jacques-Louis David e il dipinto “La morte di Marat”

David dipinse il quadro dedicato alla memoria di Marat in tre mesi. Il pittore, sconvolto dalla morte del suo amico, lo ritrasse in una posa neoclassica, collocandolo in una scena scarna che esalta la virtù del soggetto raffigurato.

David dipinse il quadro dedicato alla memoria di Marat in tre mesi. Il pittore, sconvolto dalla morte del suo amico, lo ritrasse in una posa neoclassica, collocandolo in una scena scarna che esalta la virtù del soggetto raffigurato.

Jacques-Louis David (Parigi, 30 agosto 1748 – Bruxelles, 29 dicembre 1825), pittore e politico francese.
La sua formazione pittorica è di tipo tradizionale, legata ancora al gusto rococò, di cui il pittore fu un illustre rappresentante.
Per buona parte del suo percorso pittorico, David dipinge la storia. Amava in particolare le composizioni basate sulla mitologia o la storia greca e romana. Successivamente, nel periodo della Rivoluzione francese si diletterà anche con soggetti contemporanei.

La pittura di Jacques-Louis David deve molto all’Italia: durante il suo soggiorno italiano conobbe le opere di grandi artisti, quali Raffaello, Correggio, Guido Reni e Caravaggio. Queste esperienze lo aiuteranno a distaccarsi dal suo periodo formativo di impronta barocca e lo traghettarono verso il Neoclassicismo.

David univa l’estetica alla morale, la ragione alla passione ed è questa la maggiore novità che emerge dalla sua pittura, al posto dell’imitazione della natura e dell’antico.
Per quanto riguarda la ritrattistica, David adotta una maniera libera e i suoi dipinti sono un’evoluzione del ritratto psicologico.

Per quanto riguarda il suo modo di dipingere, sappiamo che era molto scrupoloso: evidente testimonianza sono i ripetuti rifacimenti di alcune parti dei suoi quadri.
Per quanto riguarda l’uso dei colori, Jean-Pierre Thénot (1803-1857; pittore, disegnatore e incisore, autore di trattati sulla pittura) nel suo “Les règles de la peinture à l’huile” (1847) ci fornisce una dettagliata descrizione della sua variegata tavolozza: “bianco piombo, giallo Napoli, ocra gialla, ocra rossa, ocra Italia, bruno rosso, terra di Siena bruciata, lacca carminio, terra di Cassel, nero avorio, nero pesca o vigna. Indistintamente blu di Prussia, blu oltremare, blu minerale, poi poneva sotto questi colori cinabro e vermiglione. Verso la fine della carriera aggiunse il giallo cromo e il cromo rosso per dipingere i soli arredamenti”.

David ebbe una folgorante carriera artistica che gli consentì di raccogliere molti successi nell’arco della sua vita. Inoltre, influenzò molte generazioni di pittori, a partire dal suo vivace atelier, frequentato da un notevole numero di allievi.
David, oltre che pittore fu anche molto attivo politicamente, ricoprendo ruoli di rilievo durante il periodo della rivoluzione francese.

Le due passioni della sua vita: arte e politica, si fusero quando la Convenzione (assemblea costituzionale e legislativa incaricata di trasformare la Francia in una Repubblica durante la Rivoluzione; la sua prima seduta si svolse il 20 settembre del 1792) gli affidò l’incarico di raffigurare la morte di Jean-Paul Marat (1743-1793; politico, medico, giornalista e rivoluzionario francese). Il dipinto, “La Mort de Marat” (La morte di Marat, noto anche come Marat assassinato) doveva essere una celebrazione al martire della Rivoluzione.

L’omicidio de “L’Ami du peuple” (L’amico del popolo), come era chiamato Marat, fu un crimine che sconvolse le forze rivoluzionarie e colpì in modo particolare David che era un suo caro amico.
Ad uccidere Marat fu Charlotte Corday (1768-1793), una giovane donna di Caen. La donna si era recata a Parigi proprio con l’intento di assassinare il giornalista rivoluzionario.
Movente dell’omicidio era la convinzione della Corday che Marat stesse tradendo gli ideali della Rivoluzione, alimentando una guerra civile.

I fatti si svolsero in questo modo: il 13 luglio del 1793, la donna andò a casa di Marat che la ricevette immerso in una tinozza d’acqua medicamentosa (Marat soffriva di un’irritante malattia della pelle; per lenire il dolore passava molto tempo nella vasca da bagno). I due ebbero una breve conversazione e poi, la Corday lo uccise con una pugnalata al petto, proprio mentre Marat leggeva la falsa lettera di supplica che la donna aveva usato come pretesto per farsi accogliere in casa.

L’esecuzione del quadro, richiese a David tre mesi di lavoro; l’opera fu completata nell’ottobre del 1793.
Prima di mettere mano al dipinto, David fece uno studio su una maschera mortuaria di Marat e un disegno. Inoltre, ci è pervenuto anche un quadro, dalle dimensioni ridotte, molto simile all’opera finale; si ritiene sia una bozza eseguita anch’essa dall’artista.

“La morte di Marat” divenne subito molto popolare, ma dopo la morte di Robespierre (1758-1794; politico, avvocato e rivoluzionario francese) fu dimenticata, solo successivamente fu riscoperta e Charles Pierre Baudelaire (1821-1867; poeta, scrittore, critico letterario, giornalista, filosofo, saggista e traduttore francese) di essa disse: “Vi è in questa opera alcunché nel contempo di tenero e pungente; nell’aria fredda di questa camera, su questi muri freddi, intorno a questa fredda e funebre vasca da bagno, si libra un’anima”.

Molti artisti del Novecento presero spunto da questa tela, come Edvard Munch (1863-1944) e Pablo Picasso (1881-1973).

Ne “La morte di Marat” si riflette il dramma della rivoluzione francese; nel quadro è rappresentata l’estrema conseguenza dell’eroismo: la morte.
La scena è costruita in chiaro stampo neoclassico: David ritrae il momento successivo al delitto e il luogo dove è collocato Marat è privo di oggetti che possano distrarre da ciò che è accaduto: né carta da parati né cartina geografica della Francia. Il secondo piano è di colore verdastro, quasi monocromo, se si esclude il chiarore dorato in alto a destra che sembra volersi spingere fino al corpo senza vita di Marat.

Unico mobilio presente nella stanza, una cassa di legno grezzo, su cui è posato un calamaio con l’inchiostro e dei fogli. Su un lato della cassa è tracciata la dedica del pittore: “MARAT, DAVID. 1793. L’AN DEUX” (A Marat, David. 1793. L’anno secondo).
Per il resto, il busto del martire rivoluzionario emerge dalla vasca che è resa invisibile dal panneggio di un lenzuolo bianco, contrapposto al tessuto verde che riveste la tavola usata da Marat come scrittoio.

Il corpo è adagiato sul bordo della vasca; il soggetto ha il capo avvolto da un panno; il braccio destro è rilassato a terra e la mano stringe una penna, nell’altra mano, invece, c’è la lettera della Corday, dove sono tracciate le parole: “13 luglio 1793. Marie Anne Charlotte Corday al cittadino Marat. Basta che io sia tanto infelice per aver diritto alla vostra benevolenza”.

Dalla ferita sul torace, Marat perde ancora sangue, sceso a macchiare il telo bianco; il suo volto è sereno. La posa scelta dal David richiama alcune raffigurazioni del Cristo deposto dalla croce, probabilmente con il proposito di ammantare di sacralità la figura dell’eroe rivoluzionario.
Dell’assassina resta solo una misera traccia: l’arma del delitto, il coltello, lasciato a terra sporco di sangue.

Il quadro può essere diviso in due sezioni. La parte in alto è vuota e scura, a parte la leggera luminosità dorata sulla destra creata da fitte pennellate gialle. Nella parte sottostante predomina il corpo abbandonato di Marat.
La luce che investe la scena proviene dal lato sinistro, da una fonte invisibile studiata per creare un chiaroscuro nitido sul corpo e far risaltare il volto di Marat, esposto al pieno della luce e in contrasto con la zona d’ombra presente sull’addome.
David ha reso scarna la sua tavolozza di colori utilizza solo: verde, rosa pallido, bianco, marrone e rosso (esclusivamente per il sangue).

David fu tra le ultime persone a vedere ancora vivo Marat. Oltre al dipinto, il pittore si occupò anche di organizzare i funerali del suo amico che si svolsero il 16 luglio, nella chiesa dei Cordeliers.
Appena il quadro commemorativo fu ultimato, venne esposto nella sala delle sedute della Convenzione, dal novembre del 1793 sino al febbraio del 1795.

In copertina: particolare del dipinto di Jacques-Louis David, “La morte di Marat”

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