Ungaretti è riuscito a rendere l’idea della precarietà dell’esistenza e l’orrore della guerra in pochi versi privi di punteggiatura.
Giuseppe Ungaretti nacque nel 1888, ad Alessandria d’Egitto da genitori italiani. Suo padre morì due anni dopo la nascita del poeta e fu la madre a consentire al figlio di frequentare le scuole migliori. Mentre ancora studiava, Ungaretti iniziò a interessarsi alla poesia.
Nel 1912, si trasferì a Parigi, dove frequentò l’università. Di questi anni sono le frequentazioni prestigiose di Ungaretti che incontrerà: Guillaume Apollinaire, Georges Braque, Giovanni Papini, Aldo Palazzeschi, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Amedeo Modigliani.
In quello stesso periodo, il poeta iniziò la sua collaborazione con la rivista “Lacerba” che gli consentì di pubblicare alcuni suoi componimenti poetici.
Nel 1914, scoppiò la prima guerra mondiale. Quando l’Italia prese parte al conflitto, Ungaretti si arruolò. In quegli anni, il poeta teneva con sé un taccuino, dove scriveva le sue poesie che andarono in stampa nel 1916 (“Il porto sepolto”). Tra le più famose composizioni poetiche di questo periodo ricordiamo: “Mattina”, scritta il 26 gennaio del 1917, e “Soldati”, scritta nel del 1918.
Negli anni dopo la guerra, il poeta si rifugiò a Parigi e divenne corrispondente del giornale “Il Popolo d’Italia”, poi passò all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana.
Nel 1921 si sposò con Jeanne Dupoix, conosciuta l’anno prima e nel 1922, si trasferì a Marino (Roma). Qui lavorò presso l’ufficio stampa del Ministero degli Esteri, intanto portava avanti un’intensa attività letteraria su riviste e quotidiani francesi. Viaggiò anche molto e ricevette diversi riconoscimenti ufficiali.
Dal 1931, Ungaretti fu inviato speciale de “La Gazzetta del Popolo” e fece tappa in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e in Italia meridionale.
Nel 1933 raggiunse il culmine della celebrità. Dal 1936 al 1942 si stabilì in Brasile, dove assunse la cattedra di letteratura italiana, all’Università di San Paolo.
Nel luglio del 1944, alla caduta del fascismo, fu sospeso dall’insegnamento e solo nel 1947 poté riavere il suo incarico. Il poeta mantenne il suo posto come docente fino al 1958; fuori ruolo, fino al 1965.
Dal 1942, la casa editrice Mondadori iniziò a stampare l’opera omnia di Ungaretti (“Vita di un uomo”) e lo stesso poeta, dal secondo dopoguerra in poi, fece pubblicare nuove raccolte poetiche, mentre era insignito di vari premi.
Il 1° gennaio del 1970 scrisse la sua ultima poesia: “L’Impietrito e il Velluto” e in quell’anno andò a New York, per ritirare il premio internazionale dall’Università dell’Oklahoma.
Morì a Milano, nella notte tra il 1° e il 2 giugno 1970, di broncopolmonite. Il suo corpo fu seppellito nel Cimitero del Verano, a Roma, accanto alla moglie Jeanne.
Tra le sue raccolte di poesie: “L’allegria” è stata sicuramente tra le più importanti per la storia della letteratura italiana. Ne fanno parte le poesie scritte per la maggior parte tra il 1914 e il 1919.
In questa raccolta, Ungaretti esprime i suoi sentimenti riguardo a ciò che ha vissuto personalmente durante la prima guerra mondiale. In queste poesie c’è dolore, ma anche valori come umanità e fratellanza, oltre al desiderio di ritrovare un’armonia con il cosmo.
La lirica “Soldati” fa parte della raccolta “Allegria”. È una poesia, molto breve: solo quattro versi liberi.
Essa possiede una struttura circolare e presenta due enjambements (procedimento stilistico usato spesso nella poesia delle lingue sia classiche sia moderne): “come-d’autunno” e “alberi-le foglie”.
Ungaretti non ha utilizzato alcuna punteggiatura, il suo scopo era quello di sottolineare come tutto sia immobile, come se il tempo fosse congelato.
Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Il titolo della poesia è parte integrante del testo, anzi, è un elemento essenziale per poterla comprendere.
Ungaretti l’ha costruita su un aforisma molto efficace, un paragone retto da un verbo comune: ha confrontato la vita dei soldati con quella delle foglie. I soldati rischiano di morire in qualsiasi momento, durante le ostilità; altrettanto accade alle foglie in autunno destinate a volare via alla prima folata di vento.
Il topos letterario della vita umana paragonata a quella delle foglie, utilizzata dal poeta in “Soldati”, ha origini antichissime. Lo troviamo già nell’Iliade omerica e anche Mimnermo di Colofone (VII secolo a.C. – prima metà del VI secolo a.C.), poeta elegiaco greco antico, che ne fece ampio uso nelle sue opere letterarie antiche.