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Tanatologica(mente)

Realtà virtuale: come la morte può essere ingannata

In Corea del Sud nel 2020 è stato trasmesso un video – reperibile su Youtube – in cui una mamma ha potuto incontrare, seppur in modo virtuale, la propria figlia morta nel 2016 di seguito ad una malattia incurabile.

Per come siamo avvezzi ad affrontare la Morte, secondo il nostro background culturale e secondo i nostri lutti privati, sicuramente può sconvolgerci l’idea che, essendo la Morte stessa (forse) il punto di non ritorno, in realtà si possa comunque rimanere in contatto con i propri cari defunti delineando in tal modo una sorta di continuing bound (un legame continuativo che va oltre la morte).

La Morte è una Signora scaltra e per natura spietata: ci priva dei nostro legami più intimi e profondi provocando in noi smarrimento, vuoto, negazione, perdita e ridefinizione del sè, stravolgimento della quotidianità.

Spesso infatti non tutti siamo in grado di affrontare il lutto in modo “sano” o “positivo”, facendoci travolgere da conseguenze depressive e incontrollabili.

La storia che viene affrontata in questo articolo parla proprio di questo: se avessimo la possibilità di incontrare – anche solo per un’ultima volta – un nostro caro scomparso, saremmo disposti a farlo?

Questo, nella consapevolezza che l’incontro potrebbe avere conseguenze positive ma anche negative e che, soprattutto, non riporti in vita effettivamente chi ci ha lasciati.

Credits: Money.it – una delle scene più toccanti dove la madre “tocca” la figlia esprimendo tutta la propria commozione attraverso una smorfia di dolore e gioia

L’emittente sudcoreana Munhwa Broadcasting ha seguito passo passo il momento in cui la madre, Jang Ji-Sung, ha potuto incontrare la piccola Nayeon, mancata a causa di un male incurabile, all’età di soli 7 anni.

Dopo 4 anni dal decesso della figlia, Jang ha avuto la possibilità di essere aiutata dalla tecnologia e dunque dal mondo digitale, qualcosa che fino a pochi anni fa avremmo ritenuto improbabile, se non impossibile.

Non fatevi però ingannare: il progetto denominato “I meet you” ha permesso di avere un contatto tra la donna e la riproduzione – seppur fedelissima – elettronica della figlia.

Basta un casco appositamente creato per questo scopo, dei sensori per le mani e il supporto di tecnici specializzati: ciò che otteniamo è l’incontro virtuale – in un paesaggio digitale di campagna e prati verdi – tra Nayeon, in 3D, e la sua mamma che inizia subito ad interagirvi, come se fosse realmente lì davanti a lei.

Credits: Tom’s Hardware

Per un attimo, madre e figlia possono fare ciò che la Morte ha loro tolto, seppur in modo ingannevole: parlano, giocano, si abbracciano e in una scena del filmato si può addirittura il momento in cui vengono spente le candele della torta di compleanno della piccina.

La scena però più toccante e terribile è quella del finale, il momento in cui cioè avviene il secondo distacco – in questo caso virtuale – la cui valenza è pari quasi al decesso reale: Nayeon porge alla madre un fiore bianco, per poi stendersi nel proprio letto.

Una farfalla inizia a girare intorno a Jang, dissolvendosi piano verso il cielo.

Per un attimo la madre ha potuto ricongiungersi alla figlia deceduta, ma..che effetti può avere questo temporaneo continuing bound sull’elaborazione del lutto? In qualche modo infatti è stata riaperta una ferita ed un processo già avviato alla morte (reale) di Nayeon: diversi i dubbi etici in merito all’utilizzo di tale realtà virtuale.

Un’arma a doppio taglio che può aiutare ma far perdere anche il controllo delle emozioni e destabilizzare il lavoro del lutto, nonostante ognuno di noi viva a proprio modo le perdite che la vita ci costringe ad esperire.

Temporaneamente, infatti, tale tipo di “supporto” virtuale può apparire quale possibilità di dimenticare il dolore, di aver modo di non soffrire anche solo per pochi minuti e ritrovare l’oggetto della disperazione e comunicarvi, toccarlo, sentirne la presenza come se non se ne fosse andato mai.

Al contempo tale possibilità potrebbe però, nel lungo periodo, riaprire squarci profondi che nel tempo avevamo provato a ricucire con fatica e dolore: l’incapacità cioè di adattarsi alla realtà per come essa realmente si presenta, con gioie e dolori, attimi di felicità e disperazione.

Lo stress che ne può derivare infatti, potrebbe divenire fuori controllo proprio per un lavoro del lutto non appoggiato da meccanismi positivi e genuini.

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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