Le piramidi, dall’etimologia della parola alle strutture edificate dalle varie civiltà e tuttora visibili, conservano ancora, a distanza di secoli, tutto il loro fascino simbolico e un’intramontabile aura di mistero.
Il termine piramide deriva dal greco “pyramis” che significa “della forma del fuoco”.
Alcuni studiosi ipotizzano che il termine greco discenda dall’egizio “per-em-us” (“ciò che va in alto”), utilizzato per indicare l’altezza delle piramidi.
La tipologia architettonica della piramide, aveva varie funzioni, ed è stata impiegata, soprattutto nei tempi antichi e, in particolare: dagli Egizi in Egitto; in Mesopotamia dai Sumeri; dai Maya e dagli Aztechi, in America centrale. Esiste anche un famosissimo esempio contemporaneo di utilizzo di tale tipologia di costruzione: la piramide del Museo del Louvre a Parigi, progettata da Ieoh Ming Pei.
Le piramidi egizie erano per la maggior parte a base quadrata, ma ne esistevano alcune eccezioni che avevano una base rettangolare. Presentavano quattro facce lisce con spigoli congiunti e alla sommità ospitavano il pyramidion (cuspide piramidale monolitica delle piramidi e degli obelischi che simboleggiava la sacra pietra benben. Il più noto è quello di Amenemhat III, proveniente dalla piramide nera di Dahshur).
La teoria più accreditata tra gli studiosi vede le piramidi egizie come monumenti funerari, collocati sopra la tomba del faraone. Queste particolari costruzioni cominciano a comparire con la III dinastia, come evoluzione della tomba a mastaba (particolare tipo di tomba monumentale impiegata nelle prime fasi della civiltà egizia).
Il nuovo tipo di piramidi subisce un ulteriore sviluppo, diventando sempre più grande fino a un culmine: la Piramide di Cheope. Dopo questo meraviglioso esempio, l’uso di tale costruzione continua a essere utilizzato per secoli, ma le dimensioni sono più modeste.
Ultimi esempi di piramidi egizie sono quelle risalenti al I millennio a.C., nel regno di Meroe.
Esistono anche esempi di piramidi a gradoni, come quella del faraone Djoser, a Saqqara. Questa tipologia di costruzioni ha una base ampia, cui sono sovrapposti vari strati o gradoni di pietra, ed è riscontrabile non solo nell’antico Egitto, ma anche in altri luoghi e in altre civiltà. Gli esempi più famosi sono in Mesopotamia e in America (presso le civiltà precolombiane).
In Mesopotamia, le piramidi a gradoni sono impiegate anche per le ziqqurat (tempi tipici delle religioni sumera, babilonese e assira), queste presentano una sommità piatta, qui i sacerdoti celebravano i loro riti e osservavano le stelle, per esprimere i loro vaticini. La forma di tali costruzioni simboleggiava il desiderio dell’uomo di avvicinarsi al cielo.
Anche le piramidi Maya avevano una base quadrata, presentavano una struttura a gradoni e sulla cima avevano una costruzione che fungeva da tempio.
In Grecia, nella regione dell’Argolide (regione storica dell’antica Grecia) sono state rinvenute varie strutture a forma piramidale, ma ancora non è nota una datazione precisa di tali costruzioni e anche riguardo alla loro funzione ci sono pareri discordanti. Una delle ipotesi più accreditate è che, fossero delle torri di avvistamento.
Riguardo alle piramidi c’è anche un altro curioso collegamento con questo termine che dall’architettura ci conduce alla cucina, più precisamente alla pasticceria.
Il termine greco pyramis era assegnato a un tipico dolce di farro e miele, due ingredienti molto nutrienti e utilizzati nell’antichità. Questo dolce aveva, ovviamente, una forma appuntita (conica o piramidale) e i mercenari greci lo lasciavano come offerta funebre per i compagni d’arme defunti.
Esistono varie raffigurazioni che mostrano gli Dei a banchetto, e sulla tavola spesso compaiono torte come il plakous (focaccia) o la pyramis. In altri reperti archeologici sono rappresentati dei canestri pieni di vari tipi di torte, tra cui alcune di forma piramidale.
In una scena d’iniziazione, un ragazzo porta una grande kiste (scatola) in cui sono ben visibili delle focacce tonde e delle torte piramidali; in un’altra rappresentazione, una donna sorregge una corona e un cesto pieno di queste torte.
Da Plutarco (46 d.C./48 d.C. – 125 d.C./127 d.C), veniamo a sapere che questi dolci erano dati in premio ai vincitori, nelle gare ginniche o nella danza pirrica.
In ogni caso, la pyramis o pyramous era il dolce più noto della pasticceria greca ed era preparato con grano abbrustolito impregnato di miele. Esso compare spesso raffigurato nei pinakes (tavoletta votiva in legno dipinto o un bassorilievo in terracotta, marmo o bronzo di solito appeso sulle pareti dei santuari o sugli alberi sacri nell’antica Grecia). Secondo alcune fonti, esisteva una variante di pyramis fatta di miele e sesamo. Inoltre, sulla superficie di alcuni dolci era aggiunto sesamo oppure semi di papavero.