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Tanatologica(mente)

Le diverse tipologie di lutto

Se dovessimo riprendere dalle parole di Umberto Galimberti (1997), potremmo definire il lutto come:

lo stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili“.

E’ definito normale il lutto la cui durata va dai 6 ai 18 mesi, un periodo che passa attraverso un vero e proprio processo di elaborazione dell’evento luttuoso (o “lavoro del lutto“) costituito da fasi, tra cui l’accettazione della perdita verso uno stato di consapevolezza piena, il trovare modi alternativi per mantenere il legame con il defunto e la ridefinizione della propria vita, dei propri progetti e delle finalità future. E’ importante sottolineare che si parla di “fasi” del lutto, non di “stadi”, poiché non vengono a seguire un ordine prestabilito e, talvolta, possono perfino ripresentarsi al dolente nel corso della propria vita.

Il lutto complicato , spesso commutabile con la denominazione “patologico“, “prolungato“, è una forma per cui il tempo del lutto normale si protrae oltre i 24 mesi dal decesso. E’ definibile quale vera e propria sindrome da lutto complicato già dopo i 18 mesi. Tra i sintomi più riscontrati, troviamo una difficoltà importante nell’accettazione della perdita della persona cara, un senso di torpore, confusione della propria identità e quotidianità bloccata dal dolore, soprattutto nelle relazioni sociali. Va da sé che la propria evoluzione personale e i meccanismi di resilienza vengano a bloccarsi o a distorcersi.

Quando si parla di lutto traumatico, trattiamo la perdita di una persona cara dovuta a cause improvvise, le quali possono essere legate ad un suicidio, un incidente stradale o sul luogo di lavoro, ma anche a causa di catastrofi naturali. Aumenta la sensazione che il mondo, per chi sopravvive a tale perdita (si parla di “sopravvissuti“, infatti, in merito a coloro che rimangono su questa terra dopo l’evento traumatico e la morte di un proprio caro dovuta ad esso) possa apparire come un luogo insicuro e pieno di minacce, sconvolgendone così l’equilibrio psicofisico.

Un’altra forma, molto importante ma spesso celata e non supportata dalla società, è quella del lutto delegittimato, per la quale la trasformazione del cordoglio in lutto risulta complicata, a causa dell’incapacità di risolvere i propri sospesi. Il disconoscimento da parte della società, infatti, di quei lutti legati ad esempio alla morte del proprio animale domestico (pet grief), di soggetti tossicodipendenti, altresì al lutto perinatale (o neonatale), rischiano di evolversi in lutti complicati o prolungati, non trovando il dolente il supporto adatto da parte della società di appartenenza.

Infine, il lutto anticipatorio, per la prima volta analizzato da Lindemann nel 1994. Si tratta di una forma per cui i soggetti non vivono una reale condizione di lutto, bensì un’evoluzione nei confronti di un proprio caro mentalmente assente (come nel caso di malati di Alzheimer) o considerato come non più esistente. Questa condizione, porta il soggetto e i familiari in genere a rapportarsi con quella persona in modo diverso rispetto a prima, come se in realtà fosse già deceduta, di seguito alla breaking bad news (la notizia infausta legata alla malattia).

Per maggiori informazioni, si riporta qui una piccola bibliografia per approfondire le tematiche citate.

-De Leo, D., Cimitan, A., et al. (2011). Lutto traumatico: un aiuto ai sopravvissuti, Alpes, Roma

-Galimberti, U., (1997). Dizionario di Psicologia, Utet, Torino

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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