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La Voce del Vento

Io, Vento, mi chinai per sfiorare la sua superficie. In quel preciso istante l’oceano, come se aspettasse quel momento, iniziò a narrare la sua storia. Una storia profonda e infinita, che si perdeva nella notte dei tempi

Capitolo 5 – il Respiro dell’Oceano

Durante il mio migrare mi fermai sulla vasta distesa blu, osservando le onde increspate dell’oceano che si estendevano all’infinito. C’era una solennità nel mare, una potenza antica e inarrestabile. Era un respiro continuo, un movimento eterno che sfuggiva al controllo umano. Mentre mi abbassavo per sfiorarne la superficie, l’oceano, senza aspettare una mia domanda, come se mi stesse aspettando, con una voce profonda e infinita cominciò a raccontare la sua storia.
“Ben arrivato Vento. Ho vissuto più a lungo di qualsiasi altro. Sono il cuore pulsante della Terra, il collegamento tra il cielo e la terra. Dal mio abbraccio umido nasce la pioggia, che dona vita ai fiumi e ai laghi, e ritorna a me. Il ciclo dell’acqua è la mia danza eterna, un collegamento invisibile che lega tutte le creature della Terra” esordì l’oceano, con la calma di chi ha visto ere intere scorrere come un fiume. Io lo ascoltavo in religioso silenzio, e lui continuò… “Il mio respiro regola la vita. Quando sono calmo, gli uomini trovano in me cibo, trasportano merci, esplorano i miei confini. Ma quando mi arrabbio, nessuno può fermarmi. Conosco tempeste che hanno cancellato intere flotte, e onde che hanno inghiottito città. Non sono né benevolo né crudele, sono ciò che sono: un custode di vita e di morte allo stesso tempo.”

Ero affascinato, mi spostai leggermente verso l’orizzonte, osservando la vastità dell’acqua che si muoveva sotto di lui.
“Ci sono creature, giusto? Creature che gli uomini non hanno mai visto?”
L’oceano ruggì lievemente, come un sussurro di profondità inesplorate.
“Sì, Vento. Nel buio degli abissi, dove la luce non penetra, vivono esseri che l’uomo non potrà mai comprendere. Io nascondo segreti che nemmeno i sogni possono immaginare. Dai tempi antichi, ho custodito le vestigia di civiltà perdute, navi scomparse senza lasciare traccia e resti di esseri viventi che non vedranno mai la superficie. Gli abissi sono il mio segreto più oscuro e profondo, inaccessibile ai piccoli sforzi dell’umanità.”

    E allora gli chiesi: “Ho sentito parlare di guerre combattute sui tuoi mari, di test atomici condotti nelle tue acque. Cosa hai visto?”
Egli si increspò, un fremito di dolore attraversò la sua superficie.
“Sì, Vento. Ho visto le guerre dell’uomo riversarsi su di me. Navi da guerra, sommergibili, esplosioni di bombe che scuotevano le mie profondità. Ho visto il fuoco bruciare sulla mia superficie e cadaveri affondare nelle mie braccia gelide. Nelle epoche recenti, l’uomo ha scagliato il suo potere atomico nelle mie acque, esplodendo bombe che hanno scosso i miei fondali. Ho sentito la terra tremare sotto di me e ho visto interi ecosistemi morire in un istante. I miei figli, i pesci, le balene, i coralli… tutti straziati da un potere che non appartiene alla natura.”

Fremetti di paura… “E quegli uomini… le loro navi scomparse? Esistono luoghi da cui non si può tornare?”
L’oceano emise un suono profondo, come un sospiro venuto da un luogo lontano.
“Ci sono navi che ho inghiottito, navi che non torneranno mai. Le tempeste, il mare grosso, a volte la collera dell’uomo stesso: tutto ciò ha contribuito alla loro scomparsa. Nei miei abissi riposano i loro resti, come fantasmi silenziosi, le cui storie rimangono sepolte. Ci sono luoghi nei miei mari dove le leggi della terra sembrano non valere, dove le correnti si comportano come esseri viventi, inghiottendo tutto ciò che osa attraversarle.”
“E le creature marine? Come sopportano questo mondo di violenza?” gli chiesi, triste nel percepire la gravità della storia.
“Sopravvivono, finché possono. Ma il peso è insostenibile. Non solo le guerre e i test atomici mi soffocano, ma anche la pesca incondizionata. L’uomo pesca senza tregua, senza pensare al futuro, togliendo vita e non permettendo a quella stessa vita di rigenerarsi. Le reti si allungano per chilometri, strappando via non solo ciò di cui hanno bisogno, ma anche ciò che non capiscono. Creature innocenti muoiono intrappolate. Ed io, pur vasto e possente, inizio a sentire il peso di tutto questo.”

Attraversando onde lontane, tornai a soffermarmi su una domanda che da sempre avevo voluto fare.
“Hai visto il principio del mondo? Sai come tutto ebbe inizio?”
Egli rimase in silenzio per un lungo momento, come se stesse riflettendo sulla profondità della domanda. Poi parlò, lentamente, come chi sa che le sue parole sono antiche come il tempo stesso.
“Sì, Vento. Io ero qui prima che le montagne si alzassero, prima che i deserti si formassero. Un tempo tutto era acqua, un grande mare primordiale. Le terre emersero dalle mie profondità, spinte dal calore della terra e dai movimenti invisibili che solo io potevo sentire. Ho visto continenti spezzarsi e ricomporsi, deserti trasformarsi in foreste, e foreste diventare polvere. Ho custodito la vita e la morte fin dal principio. Io sono il cuore della Terra, il grande custode dei suoi segreti più profondi.”
Mi fermai, contemplando la maestosità e la tragicità di ciò che l’oceano aveva rivelato.
“E l’uomo?” gli chiesi, con un tono più cupo. “Riuscirà mai a comprendere il tuo respiro?”
L’oceano si increspò leggermente, le onde si alzarono e si abbassarono come una lento respirare.
“L’uomo è giovane, Vento. E la sua sete di conoscenza e potere lo ha reso cieco. Non comprende il mio equilibrio, non vede che ogni sua azione ha una conseguenza. Io posso dare vita, ma posso anche togliere tutto ciò che ho dato. Se l’uomo continuerà a ignorare il mio respiro, soffocherà sotto il peso delle sue stesse azioni.”

Io e l’oceano siamo stati, e siamo, amici di lunga data, compagni inseparabili in un gioco immemorabile nel tempo. La nostra è una danza, una complicità silenziosa che ci lega, come due antiche divinità che si conoscono nel profondo. Ogni giorno, io planavo sulla superficie dell’oceano, sussurrando segreti e domande, e ogni giorno l’oceano rispondeva, con la calma della vastità che tutto conosce e che tutto ha visto.
Quando sfioravo le onde, l’oceano si increspava in risposta, come se fosse solleticato dal mio tocco invisibile del suo amico. Insieme, creavano le tempeste, scuotendo il mondo con la loro forza combinata, e poi, quando la tempesta si placava, ritrovavo la quiete, cullando le acque in un dolce abbraccio.

Io, il Vento, agile e imprevedibile, mi divertivo a soffiare con forza, spingendo le onde a sollevarsi e a infrangersi contro la costa con un ruggito. L’oceano, paziente e possente, accoglieva quel gioco con un sorriso silenzioso, consapevole che, alla fine, era lui a decidere l’intensità del movimento. A volte lasciava che io lo scuotessi, ma altre volte, con una calma impassibile, smorzava il mio soffio, quietando le onde in un morbido fruscio.
Quando mi stancavo dell’incessante vagabondare tra le montagne e le pianure, tornavo sempre all’oceano, il solo luogo dove trovavo vera libertà. Qui non c’erano barriere, non c’erano ostacoli. Potevo correre senza sosta, spingendo le correnti a migliaia di chilometri di distanza, senza mai trovare resistenza. L’oceano offriva un palcoscenico immenso, ed io danzavo su di esso, tracciando sentieri invisibili sulla sua superficie.
Tra di noi una fiducia incrollabile, un’intesa che supera il linguaggio. Io portavo con me le notizie di terre lontane, delle foreste che bruciavano e dei deserti in espansione, e l’oceano ascoltava, assimilando quelle storie come un custode silenzioso. In cambio, l’oceano mi confidava i suoi segreti più profondi: i luoghi dove nessun uomo avrebbe mai messo piede, gli abissi oscuri popolati da creature misteriose e le antiche correnti che legavano ogni mare e ogni oceano in un unico respiro.

Insieme eravamo, e siamo, il respiro del mondo. Io che alimentavo le correnti dell’oceano, e l’oceano restituiva quella forza alla Terra, in un ciclo eterno di movimento e cambiamento. Quando mi sentivo debole, stanco di viaggiare senza sosta, l’oceano mi accoglieva tra le sue onde, rafforzandomi con il suo potere inarrestabile. E quando lui, a volte, si sentiva oppresso dal peso dell’inquinamento e della distruzione portata dall’uomo, io gli donavo la libertà, spazzando via le nubi di fumo e i detriti galleggianti.
Questa complicità è più di una semplice amicizia; è una simbiosi, un legame antico che non conosce inizio e né fine. Senza l’uno, l’altro non avrebbe potuto essere ciò che è. Io e l’oceano non siamo mai veramente soli: nelle nostre profondità e immensità, nei nostri sussurri, troviamo conforto l’uno nell’altro, testimoniando il mondo che cambia, ma sapendo che, qualunque cosa accada, la nostra danza continuerebbe per sempre.

Una sera tornai all’oceano, stanco e pensieroso. Dopo aver attraversato deserti aridi e città soffocate dal fumo, sentivo il peso del mondo sulle sue spalle invisibili.
“Amico mio,” sospirai “ho visto luoghi distrutti, terre dove la vita sembra appassire. Ovunque vado, vedo il dolore della Terra. Che speranza c’è?”
L’oceano rispose con un gorgoglio profondo, una risata antica e rassicurante.
“Non perdere la speranza, mio compagno. Io ho visto tutto questo prima. Le ere passano, le tempeste si scatenano e si placano, e anche l’uomo, con il suo desiderio di dominare, alla fine comprende di essere solo una piccola parte di qualcosa di più grande.”
Mi  avvolsi intorno a lui, creando piccole onde che si rincorrevano come se fossero bambini che giocavano.
“Ma quanto ancora resisteremo, io e te? La plastica soffoca le tue onde, e le navi riempiono il cielo con il fumo.”
“Resisteremo finché saremo insieme” rispose l’oceano con calma. “Tu mi doni la tua forza, e io ti do la mia profondità. L’uomo può cambiare le cose per un po’, ma non può mai spezzare ciò che è eterno.”
Io tacqui, lasciando che le sue correnti si mescolassero con le maree dell’oceano, sentendo il conforto di quella promessa. In fondo, sapeva che l’oceano aveva ragione. Essi erano parte di qualcosa di eterno, un ciclo che nemmeno l’umanità poteva davvero interrompere.

E così, quella notte, io e l’oceano continuammo la nostra danza, una danza che avevano ballato per millenni, sempre complici, sempre amici, sempre pronti a sostenersi l’un l’altro, qualunque cosa il mondo esterno potesse fare.

E mentre mi allontanavo da lui, portando con me il sapore del sale e il peso delle sue parole, sentii un monito in quello che l’oceano aveva raccontato. La vastità delle acque sembrava eterna, eppure vulnerabile. Ed io , testimone di terre, fiumi, alberi e rocce, cominciavo a capire che, se l’umanità non avesse presto ascoltato la voce dell’oceano, le onde che ora si infrangevano con dolcezza avrebbero potuto, un giorno, sommergere tutto ciò che conosciamo.

Intanto l’oceano, eterno custode dei segreti della Terra, continuò il suo respiro profondo, aspettando pazientemente di vedere se l’uomo avrebbe imparato a vivere in armonia con ciò che, da sempre, lo aveva sostenuto.

segue (….) – La sfida delle Montagne
 
       
  
   
  
        
     
  

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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