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Tanatologica(mente)

La Generazione Z e la Morte

L’uomo, da sempre, ha un diverso modo di inerfacciarsi con la Morte. Ma come viene considerata dalla Generazione “Z”?

La Storia della Morte e del suo dialogo con l’uomo, grazie soprattutto ai Death Studies, ha delineato una mutazione ed evoluzione nel porsi ad essa, tenendo conto di tutte o quasi le dinamiche sociali culturali, economiche e politiche nelle differenti possibilità storiche.

Basti pensare, ad esempio, al diverso modo di percepire ed affrontare i decessi come nell’epoca vittoriana dove ci si cimentava in iconici ma rispettosi servizi fotografici con il defunto, fosse adulto o neonato, affinché rimanesse un ricordo con quella persona, prima della definitiva sepoltura.

Sino agli anni ’70 del ‘900, morire nella propria casa dove si era vissuti per una vita intera era una prassi o quasi, secondo la visione per la quale una buona morte era legata alla presenza della comunità in un momento così tragico come quello della perdita di un membro, in cui tutto il paese era coinvolto nella processione.

La cosiddetta Gen – Z, Generazione Zeta ovvero coloro nati tra il 1997 ed il 2012 (o Digitarians, Centennials) è quella successiva alla Generazione X.

Una generazione di nativi digitali il cui utilizzo di internet è predominante sin dai primi mesi di vita, costituendo così una comunità immersa nei media e nella tecnologia tutta.

Va da sè che la Morte, in base alla contemporaneità e alle mille opportunità viene vissuta diversamente dalla Gen – Z, con una maggiore apertura alla tematica della morte e del morire, in un mondo sempre più iperconnesso.

Se la nostra generazione è stata per molto tempo al centro di un dibattito in cui la Morte è qualcosa da allontanare, in virtù di un’esistenza colma di leggerezza e felicità, in cui il lutto e il morire sono dei ricercati a cui viene messa una taglia sulla testa, per la Gen – Z vi risulta una maggiore e sensibile consapevolezza rispetto al tema.

Credits: Pratictally – Dying.com

Sociologi sostengono che i millennial, rispetto agli Z, hanno una maggiore paura della morte e ad evitare di affrontare il discorso, cosa che verrebbe spontanea alla Gen Z grazie anche all’utilizzo dei social media dove il tema della morte è sempre più presente.

La presenza nei social media ha fatto sì che, infatti, la morte venisse introdotta nella vita dei soggetti, anche attraverso la propagazione di immagini e notizie nel quotidiano dove vengono trasmesse e condivise tragedie, tra cui anche casi suicidari.

Non solo, diverse ricerche dimostrano altresì che questa generazione sia tra le più depresse o coinvolte in problemi di ansia, anche di seguito alla pandemia.

Si è però anche sviluppata l’idea che la morte si ad un fatto di giustizia sociale: in essa devono essere rimarcati dignità ed uguaglianza.

Purtroppo però la società non offre, se non in brevi parentesi e in nicchie nascoste ai più, luoghi e spazi per parlare di Morte, ma in Italia possiamo dirci fortunati, grazie al Rumore del Lutto, un progetto culturale nato nel 2007 grazie a Maria Angela Gelati e Marco Pipitone che, attraverso:

l’ambizione di individuare un nuovo spazio, destinato al dialogo e alla riflessione sulla vita e sulla morte, attraverso il colloquio interdisciplinare e trasversale tra differenti ambiti“,

Fonte: http://www.ilrumoredellutto.com/

affronta il tema della morte proponendo diversi incontri in varie città d’Italia.

Si può comunque confermare che l’accessibilità a internet ha comunque modificato gli atteggiamenti nei confronti della morta, nel bene e nel male.

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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