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Emile Zola: la morte di Nanà, femme fatale

Nanà è una delle più note protagoniste dei romanzi di Zola.
È una giovane donna che non possiede nulla a parte l’avvenenza e un fascino conturbante. Due caratteristiche che le consentiranno un’incredibile ascesa: dalla vita da marciapiede a una vita nel lusso, grazie alla disponibilità dei suoi numerosi e ricchi amanti, pronti a commettere follie per accontentarla.
La sua orribile morte, che Zola fa coincidere con l’annuncio dell’entrata in guerra della Francia contro la Prussia, è l’emblema della fine di un mondo dissoluto e in decadenza, quello del Secondo Impero francese.

Nanà è una delle più note protagoniste dei romanzi di Zola.
È una giovane donna che non possiede nulla a parte l’avvenenza e un fascino conturbante. Due caratteristiche che le consentiranno un’incredibile ascesa: dalla vita da marciapiede a una vita nel lusso, grazie alla disponibilità dei suoi numerosi e ricchi amanti, pronti a commettere follie per accontentarla.
La sua orribile morte, che Zola fa coincidere con l’annuncio dell’entrata in guerra della Francia contro la Prussia, è l’emblema della fine di un mondo dissoluto e in decadenza, quello del Secondo Impero francese.

Rose si alzò faticosamente dal cassone della legna, mormorando: “Scendo, scendo… Certo, lei ora non ha più bisogno di me… Chiameremo una suora…”.
Girava per la camera, senza riuscire a trovare il cappello e lo scialle. Meccanicamente, aveva riempito una catinella d’acqua, sulla toilette, e si lavava le mani e la faccia, ripetendo: “Non so perché, ma questa morte mi ha dato un gran colpo… Non eravamo state molto buone, l’una con l’altra… Ebbene, vedete, sono completamente instupidita… Non so, mi passano per la testa certe idee… La voglia di morire anch’io, la fine del mondo… Sì, ho bisogno d’aria”.
Il cadavere cominciava ad avvelenare l’atmosfera della camera. Dopo tanta noncuranza, tutte furono prese dal panico.
“Filiamo, filiamo, gattine mie!”, ripeteva Gagà. “Non è sano restare qui.”
Uscirono rapidamente, gettando uno sguardo verso il letto. Ma, poiché Lucy, Caroline e Blanche erano ancora nella stanza, Rose dette un’ultima occhiata in giro, per lasciare tutto in ordine. Tirò la tenda davanti alla finestra, poi pensò che la lampada non era adatta, ma che ci volevano le candele, e, dopo aver acceso uno dei candelabri di rame che erano sopra il caminetto, lo posò sul comodino, vicino al corpo. Una vivida luce rischiarò bruscamente il viso della morta. Lo spettacolo era orribile. Tutte fremettero e fuggirono.
“Ah! È cambiata, è cambiata…”, mormorava Rose Mignon, uscendo per ultima.
Andò via, e chiuse la porta. Nanà restò sola, col viso all’aria, nel chiarore della candela. Era un carnaio, un ammasso di pus e di sangue, una palettata di carne marcia, buttata là, su un cuscino. Le pustole avevano invaso tutto il volto, i bubboni si toccavano l’uno con l’altro, e, avvizziti, disfatti, grigiastri come il fango, sembravano già una muffa della terra, su quella poltiglia informe, nella quale non si distinguevano più i lineamenti. Un occhio, il sinistro, era completamente sparito nel gonfiore della purulenza, l’altro, semiaperto, s’incavava come un buco nero e marcio. Il naso suppurava ancora. Una crosta rossastra partiva da una guancia, e invadeva la bocca, che tirava in un riso orrendo. E, su quella maschera spaventevole e grottesca del nulla, i capelli, i bei capelli, conservavano il loro fiammeggiare di sole, e si spargevano in un’onda d’oro. Venere si decomponeva. Sembrava che il veleno preso nei rigagnoli, sulle carogne, quel fermento col quale aveva avvelenato un popolo, le fosse risalito fino al volto, e glielo avesse imputridito.
La camera era vuota. Un grande soffio disperato salì dal boulevard e gonfiò la tenda.
“A Berlino! A Berlino! A Berlino!
” (“Nanà” di Émile Zola)

“Nanà” (Nana) è il nono romanzo del ciclo dei “Rougon-Macquart” di Émile Zola (Parigi, 2 aprile 1840 – Parigi, 29 settembre 1902; scrittore, giornalista, saggista, critico letterario, filosofo e fotografo) ed è uno tra i più noti della serie di venti romanzi dello scrittore francese, nonché quello che ha ottenuto più successo sia da parte dei lettori sia della critica.

Il romanzo fu pubblicato per la prima volta in serie su “Le Voltaire”, dal 16 ottobre 1879 al 5 febbraio 1880. Il 14 febbraio 1880, uscì poi in volume presso l’editore Georges Charpentier (1846 – 1905).
Zola concepisce la storia di Nanà come il seguito de L’Assommoir (“L’ammazzatoio”, 1877). In questo che è il settimo volume del ciclo, lo scrittore racconta le vicende della madre della futura protagonista del nono volume: la lavandaia Gervaise.

Nel romanzo Nanà, lo scrittore tratta il tema della prostituzione femminile attraverso il viaggio di una “lorette” (con questo termine francese ci si riferisce a una figura femminile ben definita, collocata storicamente nella Parigi di metà Ottocento; le lorettes erano giovani avvenenti, eleganti e raffinate, che accettavano di intrattenersi con degli amanti, in cambio di denaro e regali) poi “cocotte”, cioè una prostituta, le cui grazie mandarono nel panico i più alti dignitari del Secondo Impero.

La storia di Nanà inizia precisamente nel 1867, poco prima della seconda Esposizione Universale e si conclude con la morte della protagonista, mentre è alle porte la guerra franco-tedesca del 1870, guerra che decreterà la fine del Secondo Impero francese (il regime bonapartista di Napoleone III, instaurato in Francia dal 1852 al 1870); una caduta che Zola non poteva prevedere quando nel 1868 scrisse i suoi fascicoli preparatori.

Nelle pagine di questo romanzo, Zola ha ritratto vividamente la ricca borghesia parigina di fine Ottocento, mettendo in evidenza in particolare due categorie sociali: quella delle cortigiane e quella dei festaioli.
Lo scrittore, leader del naturalismo (corrente letteraria che si propagò anche in Europa, prendendo denominazioni diverse; in Italia si tramutò in verismo e il suo maggiore esponente fu Giovanni Verga, 1840 – 1922), voleva illustrare ai lettori la società così com’era, ma la scelta della tematica scandalosa mirava anche a incrementare le vendite (55.000 copie del testo di Charpentier acquistate il primo giorno della sua pubblicazione).

Per il personaggio della cocotte, Zola trasse ispirazione da diverse donne, come Blanche D’Antigny (Marie Ernestine Antigny, 1840 – 1874; cantante, attrice e cortigiana francese; modello principale al quale si ispirò Zola per il suo romanzo Nanà), Méry Laurent (Anne Rose Suzanne Louviot, 1849 – 1900; demi-mondaine, musa ispiratrice di diversi artisti parigini) e Berthe (Berthe Marie Pauline Morisot, 1841 – 1895; pittrice impressionista francese, nota per esserne stata una dei fondatori) suo primo amore, ma utilizzò anche alcuni aspetti di altre donne, tra cui, Valtesse de La Bigne (Émilie-Louise Delabigne, 1848 – 1910; cortigiana francese e demi-mondaine), Delphine de Lizy (“demi-mondaines” del XIX secolo, secondo l’espressione coniata da Alexandre Dumas nel 1855), Anna Deslions (morta nel 1873; cortigiana francese, una delle più famose cortigiane demimonde durante il Secondo Impero), Hortense Schneider (Catherine Jeanne Schneider, 1833 – 1920; cantante francese, ebbe un enorme successo sotto il Secondo Impero) e Cora Perla (Eliza Emma Crouch, 1836 – 1886; cortigiana inglese del demimonde francese che divenne più famosa durante il periodo del Secondo Impero francese) di cui aveva studiato la vita.

Anna Coupeau, detta Nanà, è una giovane inquieta e pretenziosa, capricciosa e insolente. Lo scrittore ce la descrive così abilmente che questa giovane e avvenente ragazza diventa sempre più reale a mano a mano che ci addentriamo nelle pagine del romanzo.
Quando facciamo la sua conoscenza, Nanà ha solo diciotto anni e lo scrittore di lei ci dice che possiede un fascino particolare, che proviene più che dalla bellezza dalla sua sensualità, dalla sua freschezza e dal suo modo di atteggiarsi.

Sin dal suo esordio, Zola ce la mostra come una dea, una divinità della volgarità e dello scandalo.
Per lo scrittore, Nanà è una donna innocente e audace, ma anche ambigua e dotata di una sensualità tale da renderla “una mangiatrice di uomini“.
Zola ci descrive la sua “carriera” che la porta dalla vita da marciapiede sino a quella di una lussuriosa femme fatale, mentre si consumano gli ultimi anni del Secondo Impero francese.

Nanà è la figlia della lavandaia Gervaise e dello zincatore alcolizzato Coupeau. La giovane, fuggita dalla miseria della sua famiglia in una fredda sera d’inverno, si ritrova sola e senza risorse, con un figlio piccolo al seguito.

Nei primi tempi sbarca il lunario prostituendosi, ma nel corso della storia farà di tutto per riscattare le sue umili origini e per ottenere il rispetto dell’alta società di Parigi.
La sua ascesa inizia con uno spettacolo teatrale: “La blonde Vénus”, rappresentato al Théâtre des Variétés.
La giovane non sa recitare né tantomeno cantare, nondimeno otterrà un successo strepitoso perché possiede una qualità straordinaria: è il simbolo della sessualità.
La vita artistica però non fa per Nanà che abbandonerà ben presto le scene e dedicherà tutte le sue energie a dissipare il denaro dei suoi numerosi amanti.

Distruggere e rovinare tutto ciò che tocca sembra sia una delle caratteristiche principali del personaggio di Zola.
Questa giovane femme fatale sarà causa di suicidi, divisioni, arresti. Tra le sue vittime: Philippe Hugon che finirà in carcere, dopo aver rubato all’esercito per prestarle del denaro; il banchiere Steiner che andrà in bancarotta, tentando di soddisfare le sue richieste; Georges Hugon che si ucciderà per l’angoscia di vederla con un altro; Vandeuvres che si darà fuoco, dopo che Nanà lo ha rovinato finanziariamente; il giornalista Fauchery che finirà ugualmente rovinato finanziariamente dall’insaziabile Nanà; il conte Muffat che si sottometterà a umiliazioni e tradimenti e accetterà ogni suo capriccio.

Nelle ultime battute del romanzo, la rovina, che prende le sembianze di una terribile malattia: il vaiolo, travolge prima Louis, il figlio di soli tre anni di Nanà e poi, la stessa protagonista che morirà, poco dopo il suo ritorno a Parigi, nel luglio 1870, reduce da un’avventura amorosa con un principe a San Pietroburgo. Mentre Nanà spira, divorata letteralmente dalla malattia, nelle strade della capitale la folla è in festa alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Impero contro la Prussia.

Manet ci ha lasciato un dipinto che raffigura Nanà Coupeau. Siamo certi che si tratti proprio di lei: Zola ci ha lasciato una sua dettagliata descrizione che coincide con la bella e provocante giovane dalla pelle candida e dalla chioma rossa ritratta dal pittore.

In copertina: particolare del dipinto “Nana” di Édouard Manet, dipinto del 1877

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