Edgar Allan Poe ebbe fama di poeta maledetto; in realtà, fu solo un figlio della propria epoca, un genio che diede vita a nuovi generi letterari e precorse con largo anticipo i tempi.
Singolare è il suo rapporto con la morte, una costante nei suoi scritti e nelle sue riflessioni.
Edgar Allan Poe è morto a Baltimora l’altro ieri. Questo annuncio farà sussultare molti, ma pochi ne saranno afflitti.
Inizia con queste parole il primo necrologio che comparve sul New York Tribune, il 9 ottobre 1849, due giorni dopo la morte di Poe a Baltimora.
Era firmato “Ludwig”, ben presto identificato come il reverendo Rufus Wilmot Griswold, un critico, editore e antologista, acerrimo avversario di Poe dal 1842.
Basandoci sulle affermazioni di Griswold, Poe sarebbe stato un depravato con tendenze omicide, un malfattore alcolizzato e un drogato.
In realtà, molto di quanto dichiarato nel suo feroce necrologio era falso o si trattava di mezze verità distorte, una vera campagna diffamatoria, che purtroppo ebbe una larga diffusione.
L’intenzione di Griswold era quella di distruggere la reputazione di Poe dopo la sua morte. In realtà, con il suo necrologio contribuì alla creazione del personaggio maledetto che ancora oggi associamo alla figura del poeta; riuscì a sovrapporre l’iconografia letteraria all’uomo reale.
La meschina operazione di Griswold non intaccò la fama di Edgar Allan Poe, anzi, produsse l’effetto contrario, creando una sorta di fascinazione morbosa per la sua persona e le sue opere.
Nelle narrazioni di Poe c’è violenza e crudeltà, irrazionalità e follia, ma anche dubbio esistenziale e paura. Inoltre, nelle sue opere spesso si parla di morte. Il poeta ebbe un rapporto molto stretto con questa realtà, essa è una costante anche nelle sue riflessioni e considerazioni. È probabile che eventi biografici e occasioni fortuite abbiano influenzato il poeta in tal senso.
In un modo o nell’altro, Poe ebbe a che fare con la morte: già alla tenera età di due anni, perderà sua madre, Elizabeth Arnold. Non superò mai la morte della madre, quella perdita prematura rimase con lui per sempre ed è tangibile in molti suoi lavori. Poe ne rimarrà ossessionato per tutta la vita.
Rimasto orfano verrà affidato alla famiglia Allan e si trasferirà da Boston a Richmond in Virginia.
Nel 1815, gli Allan si spostarono in Gran Bretagna. Dal 1816 al 1817, Poe studiò in un collegio a Chelsea. L’aula di studio si trovava in prossimità di un cimitero e il preside insegnava matematica tra le tombe. I ragazzi dovevano scegliere una lapide e calcolare l’età del defunto. Inoltre, il primo giorno di scuola, a tutti gli allievi era consegnata una piccola pala di legno che serviva a scavare le fosse di chi veniva a mancare durante il periodo scolastico.
Poe subì molte altre perdite importanti nella sua vita, in particolare, la morte di alcune figure di riferimento: la madre del suo miglior amico, Jane Stith Stanard che lo incoraggiò a scrivere, successivamente, la madre adottiva, Frances K. Valentine e infine, la giovane moglie, Virginia Eliza Clemm, alla quale non sopravvisse a lungo.
A noi lettori moderni, può sembrare strano che Edgar Allan Poe scrivesse sempre della morte, ma in America il tasso di mortalità all’inizio del XIX secolo era di oltre tre volte superiore a quello attuale. Era quindi piuttosto frequente che nelle famiglie venissero a mancare bambini, ma anche giovani e adulti, colpiti da diverse malattie mortali, tra cui la tubercolosi. Inoltre, a inizio Ottocento, alla caducità della vita umana si accompagnava una diffusa cultura della morte.
In linea con le tendenze personali del poeta e con quelle predominanti nella sua epoca, le opere di narrativa più famose di Edgar Allan Poe sono in stile gotico – genere letterario divenuto popolare nella seconda metà del ’700, precursore della letteratura horror – stile che lo scrittore adottò per avvicinarsi ai gusti del pubblico.
Gli elementi caratteristici del genere erano: oscuri segreti, tenebre spettrali e castelli diroccati. Quando Poe iniziò a esplorarlo, il genere era in declino, ma lo scrittore, per raggiungere un più vasto pubblico, ritenne necessario dare alla narrazione un maggiore spessore psicologico.
Gran parte delle tematiche ricorrenti di Edgar Allan Poe associavano al tema della morte, quello della perdita di una donna amata. La morte per lui era un vero e proprio leitmotiv che dominò tutta la riflessione e al contempo tutta la sua produzione letteraria.
Della morte Poe prendeva in esame i segni fisici, gli effetti della decomposizione, il terrore di essere sepolti vivi (La sepoltura prematura), la rianimazione dei cadaveri, le paure ancestrali, il lutto e il macabro.
Spesso l’orrore non era dovuto a violenza o a eventi paranormali, ma a malattie mentali e fobie del protagonista oppure a eventi reali terribili o insoliti.
Molte opere di Poe sono considerate come facenti parte del genere del romanticismo dark (sottogenere letterario del Romanticismo che rifletteva il fascino popolare per l’irrazionale, il demoniaco e il grottesco) che si opponeva, letterariamente, al trascendentalismo (movimento poetico e filosofico del nord America; ebbe il suo centro nella Nuova Inghilterra, nella prima metà del XIX secolo).
Nel 1848,in seguito a un matrimonio sfumato con la poetessa Sarah Helen Whitman, Poe che tanto aveva celebrato e narrato la morte, cercò di abbracciarla definitivamente, tentando il suicidio, ma venne salvato da un amico. L’ultimo appuntamento con la morte fu rimandato, ma solo di un anno: Edgar Allan Poe morirà nel 1849, il 7 ottobre, e lascerà ai posteri un complicato mistero, complicato quasi quanto le sue opere.
A restare insoluti, nonostante le tante ipotesi avanzate negli anni, sono gli ultimi giorni di vita del poeta e la causa della sua morte che, a tutt’oggi, è il più grande mistero della letteratura americana.
Quello che sappiamo è che Poe partì da Richmond e giunse a Baltimora il 28 settembre 1849, a bordo di un vaporetto; la sua intenzione era di salire subito sul treno per Philadelphia e poi di dirigersi verso New York.
In quei giorni, in città c’era in atto una campagna elettorale: si votava per inviare un rappresentante dello Stato del Maryland al Congresso. I due partiti: democratico e repubblicano si facevano la guerra, utilizzando qualsiasi mezzo.
Dal 1872, si iniziò a ipotizzare che il poeta fosse scomparso per cinque giorni a causa del cooping (“mettere in gabbia”), una pratica fraudolenta molto comune in quel periodo.
Bande di agenti elettorali reclutavano a forza poveri malcapitati – di solito forestieri e contadini – in pratica, rapivano le loro vittime, le costringevano a bere alcol o le drogavano, allo scopo di farli forzatamente votare, più volte, per questo o quel candidato. Successivamente, i poveretti erano rinchiusi in un locale buio e infine, gettati in strada, quando si riprendevano.
Anche se fu oggetto di tali attenzioni, non sono chiare le cause della morte di Poe.
Il tipografo del Baltimore Sun, Joseph Walker, che lo trovò, passando per High Street, vide un uomo sdraiato sul marciapiede che indossava abiti sporchi e laceri – fu poi appurato che erano di seconda mano e diversi da quelli che portava – piuttosto malridotto fisicamente e in stato confusionale, bisognoso di immediata assistenza. Alla fine, fu riconosciuto come il famoso scrittore e fu chiamato un amico che lo portò in ospedale.
Poe trascorse gli ultimi quattro giorni di vita in preda alle allucinazioni, incapace di comunicare. Morirà senza tornare mai del tutto lucido e quindi, non poté spiegare che cosa gli fosse successo in quegli ultimi giorni.
Invocò spesso il nome “Reynolds”, nel delirio della notte precedente alla sua morte, ma nessuno seppe mai a chi si riferisse.
Morì la domenica del 7 ottobre 1849 alle 5:00 del mattino, presso il Washington College Hospital.
Tutti i referti medici di Poe, compreso il certificato di morte, sono andati perduti e John Moran, il medico che si era occupato di lui, lasciò pochi dettagli sull’accaduto.
I giornali dell’epoca parlarono di una “congestione del cervello” o “infiammazione cerebrale” diagnosi piuttosto vaghe, per definire le reali cause di morte del poeta.
Si fecero molte ipotesi: delirium tremens, cardiopatia, epilessia, sifilide, meningite, colera e addirittura rabbia.
R. Micheal Benitez, cardiologo dell’Università del Maryland Medical Center, sostenne che, molto probabilmente, Poe morì a causa della rabbia, anche se non è una certezza assoluta, non essendoci a conferma un’autopsia. A rendere plausibile tale causa ci sono i sintomi tipici della rabbia: deliri, tremori, allucinazioni e stati confusionali.
Forse non sapremo mai quale fu la causa che condusse Poe alla morte e ciò contribuisce a dare alla sua figura un risalto singolare, lo avvolge in un alone di mistero e pone un bizzarro suggello alla sua vita.
I limiti che dividono la Vita dalla Morte sono, nella migliore delle ipotesi, vaghi e confusi. Chi può dire dove finisca l’una e cominci l’altra?