Il personaggio di Don Giovanni ha affascinato molti drammaturghi, librettisti e musicisiti. La sua vita dissoluta e la meritata punizione, mediante un intervento soprannaturale, hanno valicato i secoli e i confini geografici.
La leggenda sulla vita di Don Giovanni è molto antica e all’inizio si diffuse oralmente. Nei secoli, la singolare vicenda ha dato vita a molte differenti versioni, circolate in tutta Europa.
Le linee essenziali della storia: un giovane libertino, percorrendo un sentiero, trova il cranio di un morto; lo prende a calci e, beffardamente, lo invita a cena. Lo scheletro accetterà l’invito e si presenterà all’appuntamento, spaventando gli altri commensali. A sua volta, il libertino verrà invitato dallo scheletro; costretto ad accettare, il giovane morirà o, perlomeno, si recherà nell’aldilà.
Questa scarna leggenda costituisce il cuore della storia di “Don Giovanni, il dissoluto punito”, storia che è passata ai posteri soprattutto per la versione teatrale di Molière e quella musicale di Mozart.
Prima di arrivare a questi due famosi autori, la curiosa vicenda ha visto negli anni molti interpreti cimentarsi con la sua singolare tematica.
È la Spagna a dare i natali al personaggio teatrale di Don Giovanni e sarà la penna di frate Gabriel Téllez, meglio noto come Tirso de Molina (1579-1648, drammaturgo e poeta), a mettere per iscritto la storia del dissoluto per eccellenza.
La commedia di de Molina “El Burlador de Sevilla y Conbidado de piedra” (Il seduttore di Siviglia e il convitato di pietra), pubblicata nel 1630, aveva lo scopo di ammonire chi violava la morale umana e la legge divina. Con il tempo, l’aspetto religioso-moraleggiante verrà meno, ma non la fortuna del soggetto.
Verso la metà del ‘600 la leggenda si trasferisce dalla Spagna in Italia, con la tragicommedia in prosa “Convitato di pietra” (1652), la più nota opera dello scrittore, drammaturgo e romanziere italiano Onofrio Giliberto (1616 ?-1665 ?). Questa versione, però, è andata perduta, ma Carlo Goldoni (1707-1793), nella prefazione al suo Don Giovanni, dichiarava di averla letta e confrontata con il “Convitato di pietra” di Giacinto Andrea Cicognini (1606-1650, drammaturgo e librettista italiano) e con l’originale di Tirso de Molina, notando che le traduzioni dei due italiani dall’originale spagnolo avevano poche differenze tra loro.
All’opera di Cicognini si ispirò la rielaborazione (1690) di Andrea Perrucci (1651-1704, drammaturgo, librettista e gesuita italiano, autore e teorizzatore della commedia dell’arte), firmata con lo pseudonimo di Enrico Predaurca.
L’opera di Molière (1622-1673 pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin) fa la sua comparsa nel 1655, quando fu messa in scena al Palais-Royal.
Il “Dom Juan ou Le Festin de pierre” (Don Giovanni o Il Convitato di pietra) è una commedia tragica in cinque atti, in prosa, a differenza della versione spagnola che era in versi.
Nel 1667, Thomas Corneille sostituì alla prosa dell’originale i versi; il testo, così modificato, fu utilizzato in teatro fino a metà Ottocento.
Nel 1682, ad Amsterdam, fu pubblicata la versione originale di Molière con dei tagli; nel 1683 le parti eliminate furono reintegrate nella nuova versione per la stampa.
Sempre a Don Giovanni sono dedicati: “Il convitato di pietra o sia Il dissoluto punito” (1776), opera buffa di Vincenzo Righini (1756-1812, compositore e tenore italiano), che è una delle prime opere in musica dedicate al personaggio di Don Giovanni, su libretto di Nunziato Porta (librettista e direttore d’orchestra italiano).
A seguire, “Il convitato di pietra” (1777) di Giuseppe Calegari (1750 ca. – 1812, violoncellista, compositore e impresario italiano), su libretto di Pietro Pariati (1665-1733, librettista e poeta italiano) e la tragedia “Kamennyj gost´” (1830) di Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837, poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo). A quest’ultima versione si ispirò il compositore russo Aleksandr Sergeevič Dargomyžskij (1813-1869) per il suo “Convitato di pietra” (postumo, 1872).
Un’attenzione particolare, in questa lunga carrellata di opere va riservata al “Don Giovanni o sia il Convitato di pietra” di Giovanni Bertati (1735-1808, librettista italiano del classicismo) che fu musicato da Giuseppe Gazzaniga (1743-1818, compositore italiano).
L’opera di Gazzaniga andò in scena, probabilmente, una prima volta a Venezia nel 1782, al Teatro S. Angelo e poi, nel 1787, al Teatro S. Moisè.
Questa versione è particolarmente importante, perché fu la principale fonte d’ispirazione per Lorenzo Da Ponte (1749-1838, presbitero, poeta e librettista) che scrisse il libretto del Don Giovanni musicato da Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791).
L’opera buffa di Mozart introduce un’innovazione: Don Giovanni all’inizio dell’opera uccide in duello il Commendatore, accorso per difendere Donna Anna, sua figlia, che il libertino stava seducendo, dando così un’identità precisa al Convitato di pietra, il defunto che Don Giovanni inviterà nelle battute finali a cena.
Ma questa è un’altra storia che non finisce qui… (nel prossimo post il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte)