“Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia”
(La Divina Commedia, Inferno, Canto III, vv. 109-111)
Caronte (in greco “Ferocia illuminata”) è per antonomasia colui che ha premura di trasportare i morti da una riva all’altra del fiume Acheronte, secondo il culto greco, romano ed etrusco verso l’Ade.
L’Ade è il Regno dei Morti, situato nel centro della Terra (Gea): Zeus, dopo la sconfitta di Crono – suo padre – nominò il proprio fratello Ade come dio degli Inferi.
Il Regno dei Morti dunque è creato per accogliere persone sia buone che malvagie in vita, e vi si accede attraverso una voragine – che può essere ovunque e di qualsiasi dimensione – aperta nel suolo terrestre.
In base alle differenti tradizioni e miti, l’entrata all’Ade può essere situata in Sicilia, proprio sull’Etna, o a Cuma, in Campania, nei pressi di Atene, nelle caverne di Colono, altresì alle estremità del Peloponneso o nella costa ionica della Grecia.
Se guardiamo alla pittura e alla scultura classica, notiamo come l’Ade venga in realtà suddiviso in diversi settori, in base alle azioni commesse nella vita terrena.
Troviamo Ipno (il sonno), Tanatos (la Morte) e Atropo, la quale recide il filo della vita degli umani. Mercurio, psicopompo che accoglie le anime dei morti per consegnarle a Caronte, e quest’ultimo addetto al trasporto vero e proprio della riva del fiume Acheronte.
Platone, nel Fedone (LXII), descrive l’Ade attraverso questi versi:
“Quando i morti giungono, ciascuno, in quel luogo dove il demone li ha guidati, prima di tutto vengono giudicati e distinti secondo che vissero o meno onestamente e santamente. Quelli che nella vita tennero, invece, una condotta mediocre, giunti all’Acheronte, salgono su delle barche già pronte per loro e arrivano alla palude acherusiade e lì si fermano per purificarsi e scontare le loro pene e liberarsi delle colpe se mai ne hanno commesse, dove però ricevono anche il premio delle buone azioni compiute, ciascuno secondo il suo merito.
Platone, Fedone. LXII
Ma quelli che sono stati riconosciuti peccatori senza rimedio, per la gravità dei loro delitti, per numerosi sacrilegi , per ingiuste e crudeli uccisioni o altri misfatti del genere, un giusto destino li precipita nel Tartaro, da dove non escono mai più.
Il fiume Acheronte viene invece menzionato per la prima volta nell’Odissea (X, 513) come ingresso ufficiale all’Oltretomba nel solo caso in cui i defunti avessero ricevuto degna sepoltura.
Il suo trasporto era riservato esclusivamente alle anime dei defunti, anche se in realtà troviamo alcuni episodi in cui Caronte offrì il proprio passaggio a determinati personaggi quali la dea Persefone, Orfeo (per dargli una seconda opportunità con Euridice), Psyche, Deifobe (la sibilla cumana) e con Enea e Teseo.
La sua storia viene narrata sia nell’Eneide di Virgilio che nella Divina Commedia di Dante Alighieri, attraverso due diverse interpretazioni.
Per Virgilio infatti, la figura di Caronte è rappresentata da un vecchio signore molto magro, scavato nelle proprie ossa, dalla barba lunga e grigia, che spinge la propria barca con un lungo bastone ligneo, nella mano destra, e la mano sinistra protesa ad accogliere il defunto.
Nella Divina Commedia invece, la figura mitologica assume un ruolo attivo nel trasportare i nuovi morti verso l’Ade: li sgrida (Canto III, v.84) o addirittura li percuote qualora fossero in ritardo nell’intraprendere il viaggio sulla sua barca (Canto III, Inferno, v.110-111).
Figlio di Notte (la nostra notte terrestre) e di Erebo (la notte nel mondo infernale), porta via con sé solo le anime di coloro capaci di offrirgli un obolo: è pervenuta sino a noi l’usanza (o perlomeno ne abbiamo sentito parlare) di lasciare due monete sugli occhi del defunto o, parimenti, sotto la lingua, affinchè possa pagare il proprio tributo al Traghettatore eterno.
Caratteristica peculiare che troviamo in entrambe le descrizioni mitologiche è quella dei suoi occhi: tendenti al blu con sfumature grigie, intrisi di ferocia ed inquietudine.
Nel caso in cui l’anima non fosse stata in grado di pagare tale offerta ovvero, non avesse ricevuto le dovute esequie, avrebbe vagato in eterno tra la vita e la non vita, il peggiore dei destini che un eroe potesse augurarsi o ricevere.