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Curiosità

Bloody Mary: il celebre cocktail a base di pomodoro e vodka

Bloody Mary è il nome di un famoso cocktail. Ancora in parte controversa è l’identità del suo creatore, così come è difficile stabilire con precisione l’origine del suo nome, mentre certa è la sua incontrastata popolarità.

Bloody Mary è il nome di un famoso cocktail. Ancora in parte controversa è l’identità del suo creatore, così come è difficile stabilire con precisione l’origine del suo nome, mentre certa è la sua incontrastata popolarità.

Bloody Mary, traducibile in “Maria la sanguinaria”, è un cocktail a base di vodka, succo di pomodoro e spezie piccanti oppure aromi, come: la salsa Worcestershire, il tabasco, il consommé (o il dado da cucina), il cren (o barbaforte, radice commestibile con un gusto fresco e pungente), il sedano, il sale, il pepe di Caienna, il pepe nero e il succo di limone.

La versione più affidabile sull’origine di questo singolare drink risale agli anni ’30, quando Lucius Beebe, il 2 dicembre 1939, pubblicò in “This New York”, la colonna scandalistica del “New York Herald Tribune”, il primo riferimento accertato al Bloody Mary.
Nell’articolo fu nominato il suo creatore, George Jessel (1898-1981), un attore, che pare abbia creato il drink a Palm Beach.

Nel luglio 1964, dalle colonne del “New Yorker Magazine” il francese Fernand Petiot (1900-1975) confermò Jessel quale inventore del drink, ma per sé tenne il merito di aver “dato il via al Bloody Mary odierno”, aggiungendo delle spezie alla bevanda che, in origine, era composta essenzialmente da vodka e succo di pomodoro.
Nell’articolo, Petiot illustrò la ricetta del Bloody Mary modificato: “io copro il fondo dello shaker con quattro grosse prese di sale, due di pepe nero, due di pepe di Caienna e uno strato di salsa Worcestershire; quindi aggiungo una spruzzata di succo di limone e del ghiaccio tritato, verso due once di vodka e due di spesso succo di pomodoro, scuoto, filtro e verso”.

Un’altra versione della storia, indica lo stesso Petiot come creatore del Bloody Mary, tra il 1920 e il 1921, quando il barman parigino lavorava presso il New York Bar di Parigi, locale molto frequentato da clienti americani. Questa versione però, ha delle discordanze: nel 1920 non esisteva ancora il succo di pomodoro in lattina, entrerà in commercio solo tra il 1926 e il 1928.
Certo è che Fernand speziò il drink, su richiesta dei suoi clienti, che lo volevano sempre più condito

Per quanto riguarda l’origine del nome del “Bloody Mary”, questo è stato collegato a vari personaggi femminili, storici o fittizi. L’associazione più fondata è quella con la regina Maria Tudor I d’Inghilterra (1516-1558) che, per ristabilire il cattolicesimo nel Regno Unito, condannò a morte gli oppositori protestanti e si guadagnò il nomignolo di “Maria la sanguinaria”.
Ci sono però altre Mary abbinate a questo singolare cocktail: la star hollywoodiana Mary Pickford (1892-1979), alla quale era già stato dedicato un cocktail omonimo a base di rum, maraschino e granatina; una ragazza che fu seppellita viva per errore, la quale lanciò una maledizione che la vedeva tornare nelle vesti di una strega assassina, se si pronunciava per tre volte il nome “Bloody Mary” davanti a uno specchio; una cameriera di nome Mary che lavorava al “Bucket of Blood”, un bar di Chicago.

Il Bloody Mary è richiesto spesso di mattina, ma è popolare anche tra chi consuma l’aperitivo serale.
La ricetta base, vodka e succo di pomodoro, è semplice da preparare, ma esistono varianti del cocktail talmente ricercate da diventare veri e propri marchi di fabbrica dei barman che le hanno ideate.
Il gambo di sedano è una decorazione ricorrente, se il cocktail è servito in un tumbler alto (tipo di bicchiere utilizzato soprattutto per i cocktail; la versione alta è usata per bevande a base di latte o di frutta e ghiaccio), spesso posato sul ghiaccio.
L’usanza del sedano, servito insieme al drink, risale agli anni ’60, per via di un ospite della “Pump Room”, ristorante fondato il 1° ottobre 1938 da Ernie Byfield (1889-1950) e chiuso nel 2017. Esso si trovava nell’hotel Ambassador di Chicago, in precedenza noto come Ambassador East, all’angolo nord-est di State Parkway e Goethe Street nella Gold Coast di Chicago.

Se avete a portata di mano uno shaker, la ricetta IBA (International Bartenders Association) per il Bloody Mary è la seguente:
4,5 cl di vodka
9 cl di succo di pomodoro
1,5 cl di succo di limone
2/3 gocce di salsa Worcestershire
1 pizzico di sale al sedano e di pepe nero
Tabasco

Il Bloody Mary può essere shakerato con vigore oppure mescolato lentamente, il risultato non cambia. Per ottenere poca diluizione ma molto raffreddamento, nonché una corretta miscelazione, è consigliata la tecnica di throwing, cioè “mandare qualcosa in aria con forza, attraverso il movimento del braccio”. Questa tecnica è sempre più usata dai bartender, perché è spettacolare: si versa il drink da un “tin A” a un “tin B”, mediante vari passaggi aerei, creando un effetto “a cascata” che ha lo scopo di generare una “rottura” del liquido e ottenere così un Bloody Mary meno piatto e più morbido, in quanto il succo di pomodoro è in grado di creare delle piccole bollicine d’aria.
Per finire, si può decorare il cocktail con uno stecchino di sedano e accompagnarlo con degli spiedini di olive, della giardiniera, qualche carota, funghi, o altre verdure. Per aggiungere ulteriore sfizio alla bevanda si può associare del salame, dei gamberetti oppure del formaggio, o ancora, guarnire con asparagi sottaceto.

Il Bloody Mary ha conosciuto molte variazioni sia nel nome sia nella composizione dei suoi ingredienti.
Ci sono versioni analcoliche del drink, come Virgin Mary, Bloody Shame o Bloody Virgin.
In alcuni casi, a cambiare invece è la bevanda alcolica, ad esempio, il Ruddy Mary usa il gin al posto della vodka.
A dare vita alle varianti, a volte sono le necessità: negli anni cinquanta, nel nord est degli Stati Uniti, la vodka scarseggiava e il gin la sostituiva, facendo mutare il nome del cocktail in Red Hammer.
Quando la birra messicana prende il posto della vodka, il Bloody Mary, diventa Michelada, di solito aromatizzato con qualche goccia di salsa Worcestershire e Tabasco; se invece la parte alcolica è sakè, parliamo di Bloody Geisha.
In altri casi, a essere sostituito è il pomodoro: Bull Shot, con brodo di carne; Caesar, Bloody Caesar o Clammy Mary, con il clamato (bevanda a base di succo di pomodoro concentrato, zucchero e aromatizzata con spezie, brodo di vongole essiccato e glutammato di sodio; il nome è un gioco di parole tra “clam”, vongola, e “tomato”, pomodoro).

Le variazioni del popolare cocktail sono moltissime. La più curiosa riguarda il modo in cui si deve consumare la bevanda, in parte suggerito dal nome stesso: “Upside Down Bloody Mary”. Chi beve deve appoggiare la testa al bancone dandogli le spalle. Il cocktail viene versato in bocca e sarà la stessa persona a mescolarlo. È usato per riprendersi da una sbornia.

Sono numerosi i cocktail diventati celebri grazie a viaggiatori più o meno noti. Per quanto riguarda il Bloody Mary, invece, la sua fama internazionale è legata a film sul grande schermo e a telefilm televisivi molto noti, oltre che ad alcune canzoni.
Alcuni esempi: “I Tenebaum”, film del 2001, Richie Tenebaum beve frequentemente il Bloody Mary; “I Jefferson”, sit-com molto conosciuta in Italia negli anni ’80, la mamma Louise beve regolarmente il Bloody Mary; “Il diario di Bridget Jones”, Bridget e le sue amiche sono praticamente ossessionate dal Bloody Mary pomeridiano.
Per quanto riguarda la musica, nella canzone “Romantico a Milano” dei Baustelle, il protagonista beve quasi centomila amari e Bloody Mary.

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