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Lugere: i passi del lutto Tanatologica(mente)

Accompagnare il lutto prendendolo per mano: il lutto con i più piccoli.

Il lutto è una condizione sociale che, prima o dopo purtroppo, ci richiama a sè riportandoci al sottile equilibrio della vita terrena. Va preso per mano, ci deve prendere per mano, per comprenderlo e reagire al dolore riportandoci a nuove speranze e identità. Vediamo quindi come affrontarlo in età evolutiva.

Quando parliamo – e se parliamo – di Morte con i bambini, spesso non sappiamo che approccio utilizzare, se possa cioè essere delicato abbastanza per coinvolgerli nel tema o se sia meglio evitare direttamente, in attesa di una maggiore maturità.

Secondo alcuni studi (Yamamoto, et al., 1996)nel mondo occidentale il 4% dei più piccoli vive il lutto di un genitore, uno degli eventi più terribili che un bambino possa esperire nel corso della vita – rispetto cioè ad altri tipi di lutto legati ad amici e/o nonni – .

C’è da dire che ognuno di noi affronta una perdita in modo differente, secondo i differenti stadi di sviluppo, ciò è applicabile anche nel caso dei bambini: fase di sviluppo – circostanze famigliari – rapporto con il defunto quando era in vita.

Tra le più diffuse reazioni che è possibile riscontrare nei piccoli troviamo tristezza, agitazione, ma anche rabbia e incredulità, questo senza essere totalmente consapevoli di ciò che tali risposte significhino.

Il supporto e la rete familiare sono basilari per far comprendere ed altresì accogliere le emozioni dei più piccoli in un momento tanto delicato, dando loro la possibilità di esternare senza vergogna o timore le proprie sensazioni e sofferenze che, se represse, possono comportare rischi a livello psicologico e fisico.

Non è raro infatti che sin da bambini possano essere riscontrati i sintomi della depressione e dell’irrequietezza, disturbi del comportamento e nella socialità (anche a livello scolastico) legate ai meccanismi di sicurezza e attaccamento verso i membri della propria famiglia.

Nel caso in cui sia poi un genitore a morire, tra le risposte più comuni troviamo la rabbia, con protrazione del lutto negli anni a venire e forme di stress: la rabbia (spesso anche proiettata verso il defunto stesso) è un estremo rifiuto e tentativo di non essere ancora abbandonati al mondo (come in una comune prima fase del lutto).

La perdita di un genitore equivale alla perdita del punto estremo di riferimento in età evolutiva: vengono cioè bloccati quei meccanismi alla base dello sviluppo (sano) stesso che contribuiscono alla costruzione del senso del Sè.

E’ fondamentale quindi che il bambino venga seguito passo passo, mano nella mano, nel processo di elaborazione del lutto: dalla negazione sino all’accettazione, il bambino va accompagnato nell’accettazione della perdita e del non ritorno del genitore, risposta tipica del pensiero magico, per la quale realtà (oggettiva) e mondo fantastico non hanno una linea di confine ben definita e dove – talvolta- il bambino pensa di essere egli stesso la causa della perdita del genitore.

Questo pensiero può generare autocritica e senso di colpa nel ricercare le motivazioni della scomparsa del proprio genitore, ma è anche una peculiarità riscontrata in certi adulti.

Cosa fare, quindi, con la perdita di un genitore, e come comunicarla al piccolo?
  1. Fargli capire che il genitore non tornerà da lui;
  2. che non è colpa sua se il genitore se n’è andato e che non voleva abbandonarlo.

Sovente è raccomandabile rivolgersi ad un terapeuta, figura capace di indirizzare al meglio il genitore sopravvissuto ed il bambino nel lavoro del lutto, soprattutto per accompagnarlo a dovere ed in base al suo sviluppo evolutivo (attraverso un tono di voce adatto, informazioni più o meno esaustive in base all’età e il loro linguaggio espressivo etc.).

E’ opportuno sottolineare la sfumatura risolutiva della morte, ovvero come separazione definitiva, senza metafore nè menzogne.

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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