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Thomas Parnell e il suo “Dipinto notturno della Morte”

“A Night-Piece on Death” di Thomas Parnell è la prima poesia pre-romantica, appartenente alla corrente definita sepolcrale.

“A Night-Piece on Death” di Thomas Parnell è la prima poesia pre-romantica, appartenente alla corrente definita sepolcrale.

Il poeta irlandese Thomas Parnell (Dublino, 1° settembre 1679 – Chester, 24 ottobre 1718), appartenente alla corrente poetica detta sepolcrale o cimiteriale, ha scritto quella che è ritenuta la prima poesia pre-romantica di questo genere: il poema “A Night-Piece on Death” (Dipinto notturno della Morte), pubblicata postuma, nel 1722.
Le sue opere ebbero una grande influenza su tutti i poeti sepolcrali, in particolare, su Thomas Gray.

Parnell frequentò il Trinity College di Cambridge e divenne arcidiacono nel 1705. Fu amico di Alexander Pope (1688-1744) e di Jonathan Swift (1667-1745), e fece parte dello “Scriblerus Club”, uno dei circoli letterari più quotati di Londra.
Contribuì alla redazione di uno dei primi e più noti giornali della sua epoca “The Spectator”. Inoltre, aiutò Pope a tradurre l’Iliade e questi, in un certo senso, ricambiò la cortesia, raccogliendo e pubblicando, dopo la morte dell’amico, parte dei suoi poemi; le restanti opere di Parnell furono pubblicate da Oliver Goldsmith (1730-1774) e da altri autori minori.

Purtroppo alla sua epoca, le poesie di Parnell non ottennero l’attenzione che meritavano. Ne sono testimonianza le parole del critico Samuel J. Johnson (1709-1784) che di esse disse: “non so da dove vengano e non chiedo neppure dove vogliano andare”.
Parnell non godette mai la fama di Robert Blair (1699-1746) e neppure quella di Thomas Gray, sebbene, senza il suo poema “Dipinto notturno della morte”, forse non sarebbe nata la poesia sepolcrale.

In “A Night-Piece on Death”, Parnell ha fatto tesoro di una consuetudine del Settecento: le descrizioni poetiche del paesaggio.
Nei primi versi ci ritroviamo in uno studio, è notte e l’unica luce è quella incerta di una candela. Il poeta ci confessa di aver letto molti libri, ma nonostante tutta la sapienza in essi contenuta, ha compreso che, per trovare la saggezza, l’unica strada è vivere in prima persona le cose.

Nella seconda strofa, invece, siamo all’aperto. Non c’è vento, la Luna splende in cielo e il lago è immobile e limpido sotto la luce lunare. Le terre verso occidente sono immerse nell’oscurità, mentre a oriente c’è un cimitero, ci sono delle tombe, le lapidi sono bagnate dall’acqua.
Il poeta vaga accanto a quelli che definisce “i solenni cumuli del destino” e riflette sul fatto che una volta quei resti possedevano vita e che un giorno anche lui riposerà come loro.

La poesia sepolcrale del Settecento poneva spesso l’accento sulla morte come livellatore sociale e seppure ci siano “tombe di marmo che si elevano verso l’alto” e defunti che “giacciono tra le arcate dai soffitti a volta, / le cui colonne si gonfiano di pietre scolpite, / di armi, angeli, epitaffi, e ossa”, tutto questo non ha molta importanza ora, e gli stessi che “sulla terra vissero nella grandezza / adesso rimangono indifferenti alla loro stessa fama”.

Nell’ultima parte c’è una lunga riflessione sul senso della morte. I fantasmi dei defunti piangono e con le loro parole introducono la parte finale della poesia: “pensa, mortale, che cosa vuol dire morire”.
Poi è la morte stessa a pronunciare i versi conclusivi e spiega che, per gli uomini “la Morte non è altro che un sentiero da percorrere […] per arrivare a Dio: / un porto sicuro, un tranquillo stato d’animo / lontano dall’aspra furia di mari in tempesta”.
Morire è quindi, come essere liberati da una lunga prigionia: “quando si liberano delle catene, / puoi finalmente vedere la loro gioia, / sbattono le ali felici e s’innalzano al cielo, / mescolandosi con lo splendore del giorno“.


A Night-Piece on Death

BY the blue Tapers trembling Light,
No more I waste the wakeful Night,
Intent with endless view to pore
The Schoolmen and the Sages o’er:
Their Books from Wisdom widely stray,
Or point at best the longest Way.
I’ll seek a readier Path, and go
Where Wisdom’s surely taught below.

How deep yon Azure dies the Sky!
Where Orbs of Gold unnumber’d lye,
While thro’ their Ranks in silver pride
The nether Crescent seems to glide.
The slumb’ring Breeze forgets to breathe,
The Lake is smooth and clear beneath,
Where once again the spangled Show
Descends to meet our Eyes below.
The Grounds which on the right aspire,
In dimness from the View retire:

The Left presents a Place of Graves,
Whose Wall the silent Water laves.
That Steeple guides thy doubtful sight
Among the livid gleams of Night.
There pass with melancholy State,
By all the solemn Heaps of Fate,
And think, as softly-sad you tread
Above the venerable Dead,
Time was, like thee they Life possest,
And Time shall be, that thou shalt Rest.

Those Graves, with bending Osier bound,
That nameless heave the crumbled Ground,
Quick to the glancing Thought disclose
Where Toil and Poverty repose.

The flat smooth Stones that bear a Name,
The Chissels slender help to Fame,
(Which e’er our Sett of Friends decay
Their frequent Steps may wear away.)
A middle Race of Mortals own,
Men, half ambitious, all unknown.

The Marble Tombs that rise on high,
Whose Dead in vaulted Arches lye,
Whose Pillars swell with sculptur’d Stones,
Arms, Angels, Epitaphs and Bones,
These (all the poor Remains of State)
Adorn the Rich, or praise the Great;
Who while on Earth in Fame they live,
Are sensless of the Fame they give.

Ha! while I gaze, pale Cynthia fades,
The bursting Earth unveils the Shades!
All slow, and wan, and wrap’d with Shrouds,
They rise in visionary Crouds,
And all with sober Accent cry,
Think, Mortal, what it is to dye,

Now from yon black and fun’ral Yew,
That bathes the Charnel House with Dew,
Methinks I hear a Voice begin;
(Ye Ravens, cease your croaking Din,
Ye tolling Clocks, no Time resound
O’er the long Lake and midnight Ground)
It sends a Peal of hollow Groans,
Thus speaking from among the Bones.

When Men my Scythe and Darts supply,
How great a King of Fears am I!
They view me like the last of Things:
They make, and then they dread, my Stings.
Fools! if you less provok’d your Fears,
No more my Spectre-Form appears.
Death’s but a Path that must be trod,
If Man wou’d ever pass to God:
A Port of Calms, a State of Ease
From the rough Rage of swelling Seas.

Why then thy flowing sable Stoles,
Deep pendent Cypress, mourning Poles,
Loose Scarfs to fall athwart thy Weeds,
Long Palls, drawn Herses, cover’d Steeds,
And Plumes of black, that as they tread,
Nod o’er the ‘Scutcheons of the Dead?

Nor can the parted Body know,
Nor wants the Soul, these Forms of Woe:
As Men who long in Prison dwell,
With Lamps that glimmer round the Cell,
When e’er their suffering Years are run,
Spring forth to greet the glitt’ring Sun:
Such Joy, tho’ far transcending Sense,
Have pious Souls at parting hence.
On Earth, and in the Body plac’t,
A few, and evil Years, they wast:
87 But when their Chains are cast aside,
See the glad Scene unfolding wide,
Clap the glad Wing and tow’r away,
And mingle with the Blaze of Day.

Dipinto notturno della Morte

Accanto alla luce incerta della triste candela
non sprecherò più la notte insonne,
assorto in infinite visioni per studiare attentamente
i filosofi scolastici ed i sapienti:
i loro libri s’allontanano di molto dalla saggezza,
o nella migliore delle ipotesi indicano la strada più lunga.
Io cercherò invece un sentiero più diretto, andrò
laddove la saggezza viene davvero insegnata.

Quanto è scuro quell’azzurro che colora il cielo,
laddove dormono infiniti globi dorati,
mentre tra le loro schiere in argenteo vanto
sembra brillare ancor di più la falce di luna!
La dormiente brezza dimentica di soffiare,
il lago è immoto e limpido sotto di lei,
dove ancora una volta lo spettacolo di luci
discende per incontrare il nostro sguardo.
Le terre che guardano ad occidente
si ritirano dalla vista nell’oscurità:
ad oriente si presenta un luogo di tombe,
le cui pietre vengono bagnate dall’acqua silente.
Quel campanile guida la tua vista incerta,
in mezzo ai lividi bagliori della notte.
Passa da quella parte, melanconicamente,
accanto a tutti i solenni cumuli del destino,
e pensa, siccome stai camminando con delicata tristezza
sui venerabili morti,
“ci fu un tempo, in cui essi possedettero la vita proprio come te,
e ci sarà un tempo, in cui sarai tu
a riposare”.

Quelle tombe, avvolte da flessuosi vinchi,
che senza nome sollevano il tumulo sgretolato,
sin dalla prima veloce occhiata svelano
dove riposano il Lavoro e la Miseria
.

Le piatte pietre levigate che portano un nome,
esiguo soccorso dello scalpello alla fama,
vengono sempre rovinate dai nostri amici,
poiché i loro frequenti passi contribuiscono a logorare,
quella razza intermedia di mortali,
uomini poco ambiziosi, e tutti sconosciuti.

Le tombe di marmo che si elevano verso l’alto,
i cui morti giacciono tra le arcate dai soffitti a volta,
le cui colonne si gonfiano di pietre scolpite,
di armi, angeli, epitaffi, e ossa; –
queste cose (tutte le povere vestigia del proprio ceto)
adornano il ricco, o lodano il grande;
coloro che sulla terra vissero nella grandezza
adesso rimangono indifferenti alla loro stessa fama.

Ah! Mentre guardo, scolorisce la pallida Cinzia,
la terra traboccante rivela le ombre!
Lenti, pallidi, e avvolti dai sudari,
i morti si alzano in calche visionarie,
e tutti piangono con voce sommessa,
“pensa, mortale, che cosa vuol dire morire”!

Ora da quel nero e funereo tasso,
che inonda di rugiada l’ossario,
mi sembra di udire una voce iniziare a parlare;
(e voi corvi, interrompete il vostro gracchiante strepito,
e voi orologi rintoccanti, nessun tempo risuona
sul grande lago e sulla terra di mezzanotte!)
questa manda uno fragore di cupi gemiti,
così parlando in mezzo alle ossa:

“quando gli uomini soddisfano la mia falce ed i miei dardi,
che grande re del terrore io divento!
Tutti mi vedono come l’ultima delle cose:
tutti temono le mie punture.
Sciocchi! Se foste meno atterriti dalle vostre stesse paure,
io non apparirei più come una forma spettrale,
poiché la Morte non è altro che un sentiero da percorrere,
se ognuno di voi vuole arrivare a Dio:
un porto sicuro, un tranquillo stato d’animo
lontano dall’aspra furia di mari in tempesta.

Perché, allora, le tue fluenti stole di zibellino,
i pendenti cipressi, le bandiere a lutto,
gli ampi veli che cadono di traverso suoi tuoi vestiti,
i lunghi drappi funebri, i carri trainati cavalli coperti da bande,
perché le piume nere, che, al loro cammino,
accennano sugli scudi del morto?

Il corpo che parte non si accorge,
né la sua anima vuole queste forme di dolore:
come gli uomini che dimorano per lungo tempo in prigione,
con le lampade che rilucono nella cella,
quando i loro anni di sofferenza finiscono,
scattano fuori per salutare il sole splendente:
una tale gioia, sebbene di molto amplificata dai sensi,
provano le anime devote al momento della dipartita.
Sulla terra, imprigionate nei loro corpi,
sprecano pochi e malvagi anni:
ma quando si liberano delle catene,
puoi finalmente vedere la loro gioia,
sbattono le ali felici e s’innalzano al cielo,
mescolandosi con lo splendore del giorno”!


(traduzione da: www.letteraturapertutti.it)

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