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La Voce del Vento

Io, il Vento, abituato a viaggiare in lungo e in largo, mi fermo di fronte a una piccola pietra su un sentiero di montagna. Nonostante la sua apparente insignificanza, la pietra emana un’aura di saggezza antica, e la sua storia, che si rivelerà diversa da quelle incontrate finora, misurata in ere anziché in anni.

Capitolo 4 – La Saggezza del Sasso

Mi muovo incessantemente per terre vaste e foreste fitte, attraversando mari e fiumi, ma ora, lungo un sentiero dimenticato sulle pendici di una montagna, rallento. Lì, tra ciuffi d’erba e radici sporgenti, giaceva una piccola pietra, quasi invisibile. Non era né maestosa né appariscente come gli alberi o i fiumi che avevo incontrato prima. Eppure, quando le passai accanto, sentii che il silenzio che la avvolgeva nascondeva una saggezza antica, forse la più antica di tutte.
Mi fermai, sospirando piano tra i fili d’erba, e mi chinai verso di essa. Avvertivo che aveva qualcosa da raccontare, anche se non con l’impeto e la velocità a cui ero abituato. Il tempo del sasso era diverso. Era un tempo che misurava non anni, ma ere.
“Tu, piccola pietra” iniziai con delicatezza, “sei qui da molto più tempo di me. Raccontami la tua storia, perché io non posso comprendere il mondo come lo vedi tu.”

Lei rimase immobile, come era sempre stata. Il suo silenzio non era segno di indifferenza, ma piuttosto di una profondità che non si poteva affrettare. Solo dopo un lungo momento, la pietra parlò, la sua voce non era altro che un mormorio basso, quasi impercettibile.
“Vento” disse lentamente, “tu ti muovi con la velocità dell’attimo. Io, invece, ho vissuto un tempo che va oltre la memoria degli alberi e delle creature che calpestano questa terra. Quando ho preso forma il mondo era giovane, e ciò che tu chiami oggi montagne erano oceani profondi. Prima ancora non esisteva nulla, solo una distesa di calore e polvere che, con il tempo, si è trasformata in roccia.”
Sussurrai tra le foglie secche sparse accanto ad essa, invitandola a continuare.. “Io sono nato dal fuoco della terra” proseguì il sasso, “in un tempo in cui il cielo era rosso e le stelle osservavano un mondo in fermento. Ho visto la lava solidificarsi, gli oceani alzarsi e abbassarsi, le foreste spuntare, fiorire e morire, lasciando solo il deserto dietro di sé. La mia esistenza è una lunga osservazione di cicli che si ripetono: creazione e distruzione, nascita e morte. Nulla è permanente, se non il cambiamento.”
Restai in silenzio, colpito dalla maestosità e dalla calma di quella voce. Le storie degli alberi, pur antiche, si perdevano nell’impeto della vita organica. Il sasso, invece, conosceva un tempo che si estendeva oltre la comprensione umana, oltre le stagioni e le generazioni.
“Non hai mai provato impazienza?” gli chiesi  curioso, “Non ti sei mai sentito solo, isolato in questo lungo viaggio?”
La pietra sembrò ponderare la domanda, e poi rispose con calma.
“Il tempo geologico non conosce la fretta. Noi pietre non conosciamo la frenesia della vita organica. Ciò che per te o per l’uomo può sembrare infinito, per me è solo un battito, un respiro della Terra. Non c’è solitudine in questo, solo una profonda consapevolezza che tutto fa parte di un ciclo più grande. La mia esistenza non è definita dalla mia fretta o dalla mia solitudine, ma dall’essere un testimone silenzioso del mutamento del mondo.”

Soffiai dolcemente intorno ad essa, riflettendo su quanto avesse detto.
 “Allora dimmi… tu che hai visto tutto questo mutamento, che cosa pensi degli esseri umani e della loro breve esistenza?”
La pietra rimase silenziosa, come se misurasse con cura ogni parola che stava per pronunciare. Poi parlò, con quella stessa lentezza eterna.
“Gli esseri umani… corrono come se fossero padroni del tempo. Nella loro breve esistenza costruiscono, distruggono, e in pochi decenni ciò che creano si sbriciola sotto le loro stesse mani. La loro frenesia mi è estranea. Costruiscono città di metallo e cemento, ma non si rendono conto che il metallo e il cemento non durano più di qualche battito del mio tempo. Mi domando se comprendano davvero quanto poco del loro agire resterà. Le loro battaglie, le loro conquiste, non sono altro che graffi sulla superficie della Terra.” Sibilai leggermente, come se volessi respingere quell’idea, ma la pietra continuò… “Ma non è colpa loro. Sono creature del tempo breve. Il loro mondo è fatto di stagioni, di anni. Non possono vedere ciò che vedo io. E così, si affannano per lasciare un segno, senza rendersi conto che anche le montagne, prima o poi, torneranno polvere. Ho visto deserti che un tempo erano foreste rigogliose, e mari che una volta erano terre fertili. Tutto muta, e tutto torna alla Terra. Anche loro, alla fine, torneranno alla Terra.”

Riflettendo sulla saggezza del sasso, mi mossi più lentamente, come se anch’io fossi stato toccato dall’idea della caducità e del ciclo eterno della vita e della morte.
“Ma tu” chiesi infine, “rimarrai qui per sempre?”
Ella rimase silenziosa, come se la mia domanda non avesse senso per lei.
“Io non rimango,” rispose, “anche io muterò. Potrebbero volerci migliaia di anni, ma un giorno sarò polvere anch’io, trasportata da te o dalla pioggia. Non c’è nulla che non cambi. Tutto è destinato a trasformarsi, anche ciò che sembra immutabile come me. Ma questo non mi preoccupa. Il mio compito non è durare per sempre, ma osservare, testimoniare.”
Sospirai, portando con me la saggezza di quelle parole.
“Allora, cosa rimane, se tutto è destinato a scomparire?”
La pietra, con calma infinita, rispose: “Rimane il cambiamento stesso. Rimane la consapevolezza che ogni cosa ha un ciclo. Ciò che conta non è durare, ma essere parte di quel ciclo. Gli esseri umani cercano l’eternità, ma non si rendono conto che l’eternità non è altro che un’infinità di cambiamenti. Anche tu, Vento, sei parte di questo. Anche tu cambierai, ma la tua essenza rimarrà parte del grande respiro del mondo.”

Avrei voluto abbracciarla con gratitudine per quella verità.      
Grazie, sasso, per la tua saggezza e la tua pazienza.”
Fino a quel momento avevo ascoltato con rispetto e apprezzato la calma eterna del sasso, esitai prima di porre la mia domanda successiva. Era una questione che mi pesava da tempo, ma non avevo mai osato sollevarla. Infine mi feci coraggio, sospirai tra gli steli d’erba e sussurrai:
“Hai mai sentito parlare della lapidazione e dell’uso delle pietre per ammazzare?”

E lui, che fino a quel momento aveva parlato della sua antichità e del ciclo eterno della terra, rimase silenzioso più a lungo del solito. Non era la lentezza tipica della sua esistenza geologica, ma una pausa colma di tristezza. Infine rispose, con una voce che sembrava un’eco profonda dalla terra.
Sì, ne ho sentito parlare, Vento. Anche se io sono nata dalla terra come testimone e parte del ciclo naturale, le mie sorelle, i miei fratelli – pietre come me – sono stati usati per scopi oscuri. L’uomo ha piegato la nostra natura a un suo bisogno violento. Ho visto, ho sentito…”
Ero turbato dalla gravità della risposta.
“Com’è possibile che una cosa così antica e tranquilla come te sia stata trasformata in un’arma?” gli chiesi con una punta di indignazione. Lei emise un suono basso, come se stesse riflettendo su ciò che aveva visto, e replicò…
Non è colpa mia, né delle mie sorelle. Noi siamo semplici testimoni, immobili e silenziosi. Ma gli esseri umani, nel loro impeto e nella loro rabbia, hanno cercato in noi uno strumento per punire e uccidere. In molte terre, antiche e moderne, i popoli hanno usato pietre per infliggere la morte a coloro che ritenevano colpevoli o degni di punizione. Lapidazioni, le chiamano.”

Mi feci più insistente, curioso di conoscere il peso di tale testimonianza.
“Ma cosa hai visto? Come ti sei sentita?”
La pietra prese un lungo respiro, e poi raccontò ciò che aveva visto e vissuto nei secoli.
“La prima volta che ho partecipato ad una lapidazione, ero immobile come sempre. Era un giorno limpido, e gli uomini si radunarono con pietre in mano intorno ad una adultera. Ho sentito il peso della loro decisione, della loro furia. Non sono io a scegliere, non sono io a giudicare. Ma loro ci lanciarono, con violenza e rabbia, contro il corpo della donna. Ho sentito il colpo, il rumore del contatto con la carne. La pietra non sente dolore, ma ho percepito la sofferenza di lei che riceveva il colpo.”
“E tu non potesti far nulla, vero?” chiesi, quasi sperando in una risposta che potesse attenuare quella cruda realtà.
“No, Vento. Io non posso fermare la mano che mi scaglia. Non posso oppormi al loro giudizio. Non posso piangere né ribellarmi. Io sono qui, sono solo una pietra. E tuttavia, ogni volta che ciò accade, una parte di me sembra spezzarsi dentro, perché anche se non ho volontà, so che non è questo il mio scopo. Io, che provengo dalla terra, che sono nata dal suo calore e dalla sua pazienza, non dovrei essere usata per spezzare la vita.” Sibilai più forte tra le rocce, inquieto, “Ma l’uomo non usa solo la pietra per punire” continuò, “usa il legno per costruire forche e croci, strumenti di morte. Anche le croci per la crocifissione sono fatte di ciò che è naturale, trasformato per scopi distruttivi.” Sospirò profondamente, come se ogni parola fosse intrisa di millenni di riflessione, “Sì. Ho visto anche il legno piegato e sagomato per diventare strumento di sofferenza. La croce, portata come simbolo di fede e di morte, è un’altra distorsione di ciò che la natura offre. Il legno degli alberi, che dovrebbe dare vita, ombra e rifugio, è stato modellato per sostenere il peso di corpi destinati a morire. Il legno e la pietra, entrambi strumenti di morte nelle mani dell’uomo. Non è colpa nostra, ma della rabbia e del giudizio che l’umanità ha inflitto a se stessa.”

Mi feci più dolce, come se accarezzassi la sua superficie per cercare di offrire consolazione.
“Pensi che l’uomo capirà mai l’errore di trasformare la terra in uno strumento di violenza?”
La pietra restò immobile per un lungo momento prima di rispondere.
“Io non posso dirlo, Vento. L’uomo è giovane, troppo giovane rispetto a me. Il tempo delle pietre e della terra è molto più lungo del suo. Ma io so che il cambiamento è inevitabile. Così come le montagne si formano e poi si erodono, anche il cuore dell’uomo può mutare. Ma questo richiede tempo, tanto tempo.”

Rimasi in silenzio, riflettendo su quanto avevo appena udito. Mentre mi muovevo delicatamente lungo il sentiero, percepivo ancora il peso della storia del sasso. Una storia di uso e abuso, di innocenza trasformata in strumento di morte. Ma il sasso non nutriva rancore, non conosceva rabbia o vendetta. Era solo testimone, paziente e immutabile.
E mentre mi allontanavo, portando con me quelle parole, il sasso restava fermo, osservatore eterno del tempo e della violenza degli uomini. Sapeva che, prima o poi, anche il potere distruttivo dell’uomo si sarebbe esaurito. E lui sarebbe stato ancora lì, immobile, ad osservare.

E così, ripresi il mio viaggio, arricchito da una nuova comprensione del mondo.

segue (….) – il Respiro dell’Oceano
    
      
     
    
 
   
     
   
   

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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