È interessante apprendere che il precedente aforisma venga attribuito ad Einstein. La sua visione del mondo, soprattutto riguardo alla spiritualità e alla vita oltre la morte, è stata spesso interpretata in modi diversi. Einstein era noto per il suo approccio profondamente razionale e scientifico alla realtà, ma anche per una certa sensibilità spirituale, pur non credendo in un Dio personale o in una vita dopo la morte.
Se guardiamo l’aforisma da questa prospettiva, ha senso che Einstein possa aver espresso scetticismo sulla sopravvivenza dell’individuo dopo la morte. La frase riflette la sua incapacità di concepire razionalmente un’esistenza oltre quella fisica, considerandola una proiezione dei desideri umani legati alla paura della morte, all’egoismo (il voler continuare a esistere), al restare legati alle ricchezze materiali e, forse, alla fragilità emotiva.
Quindi non è così sorprendente che l’aforisma di Einstein rifletta una posizione critica e scettica verso l’idea di una vita oltre la morte. Lui era conosciuto per la sua visione del cosmo come un insieme di leggi fisiche impersonali, senza un intervento divino diretto o un “oltre” personale per l’individuo. Questa posizione non toglie nulla alla sua profonda ammirazione per il mistero e la bellezza dell’universo, ma resta coerente con la sua mancanza di fede in una sopravvivenza personale dopo la morte. E quindi noi continuiamo a chiederci.. Oltre la morte fisica la vita continua? Che cosa succede quando tutto finisce? Che cosa succede nell’ultima ora della nostra vita? Esiste un aldilà? Le esperienze di pre morte possono dirci qualcosa sull’aldilà?
In questo articolo ci addentriamo in un tema che, anche se simile a un campo minato, da sempre affascina, spaventa e stimola la curiosità dell’essere umano: la possibilità che la vita non si concluda con la morte fisica.
È uno degli argomenti più difficili da trattare al mondo perché, signori, stiamo parlando della morte. Tema inquietante, anche perché non riusciamo, o non vogliamo, neanche ad immaginare che cosa potrebbe accadere dopo perché sembra che esistano due versioni in merito: la versione materialista e determinista, che ci dice che noi siamo un giocattolo che a un certo punto “si rompe” e finisce di funzionare. Di contro c’è la visione metafisica che ci invita a vedere la vita come “eterna”. Ma chi avrà ragione? Una cosa è certa. La vita, così come la conosciamo, quando tutti i processi biologici termineranno qualcosa deve per forza accadere, o si torna ad essere polvere e stop, oppure la polvere sarà ciò che resta di una coscienza che prende altre destinazioni.
Ma lasciate che vi spieghi qualcosa che probabilmente già sapete, ma che voglio ribadire: ancora oggi ci raccontano che la nostra coscienza è il fenomeno dell’attività dei neuroni del nostro cervello. Cosa significa? Si vuol dire, per caso, che nell’insieme della complessità dei nostri neuroni si genera la mente che, a sua volta, genera la coscienza? Questa visione a livello filosofico si chiama emergentismo perché, per l’appunto, qualcosa emerge da una sincronia così come, dall’insieme di strumenti che suonano, emerge una sinfonia, come dall’unione dell’idrogeno e dell’ossigeno emergere l’acqua, H2O, o meglio la proprietà dell’acqua. Ci sono scienziati deterministi che pensano alla coscienza come un fenomeno fine a se stesso e che dunque, quando l’attività cerebrale e la complessità da cui emerge termina, anche la coscienza finisce di esistere.
Fortunatamente ci sono tanti altri punti di vista di persone intelligenti, anche senza laurea, che ci dicono che in realtà la coscienza potrebbe essere precedentemente esistente e per poi determinare l’attività cerebrale. Quindi, per cercare di capirne qualcosa di più, addentriamoci nell’esplorare teorie audaci e visioni spirituali che spaziano dalle esperienze di pre-morte alla reincarnazione, fino all’idea che la nostra coscienza possa persistere oltre il corpo fisico. Nonostante l’incredulità dei più scettici, il riflettere su cosa potrebbe accadere ‘dopo’ apre a scenari che potrebbero modificare profondamente il nostro modo di vivere e di affrontare la fine della vita con meno timore. Addirittura, con un pizzico di ironia, forse possiamo vedere la morte come un “secondo tempo”, piuttosto che come “titoli di coda”; un modo intrigante di reinterpretare l’inevitabile fine della vita, non trovate? Anziché immaginare la morte come il buio finale che cala sul palco, o come un sipario che cala sullo spettacolo della vita, essa potremmo concepirla come una pausa tra due atti, un intervallo in cui l’esistenza cambia forma, ma non necessariamente termina.
Nel “secondo tempo”, forse, torniamo sul palcoscenico in un modo diverso: con una nuova storia, con un nuovo ruolo o, per chi crede nella reincarnazione, come un vero e proprio reboot della nostra anima. Per gli scettici, invece, potrebbe sembrare solo un tentativo poetico di addolcire la pillola amara della fine, un trucco per evitare di affrontare i veri titoli di coda. Eppure, non c’è nulla di male nel prendersi una pausa riflessiva su ciò che potrebbe essere, perché chissà? Forse la vita, come un buon film, ha davvero un secondo tempo… pieno di colpi di scena inaspettati!
Ma prima di proseguire, per preparare il terreno ad una vostra apertura mentale, è giusto che vi descriva il mio punto di vista sullo ‘scetticismo’ e poi, come si suol dire… chi mi ama mi segua.
Esistono vari tipi di ‘persona scettica’, e sicuramente l’essere scettico è diverso da colui che, saggiamente, nutre dei dubbi ma lascia la sua mente aperta all’apprendere e alla ricerca della verità. Uno scettico per partito preso è una persona che, a prescindere dalle prove o dagli argomenti presentati, adotta una posizione di incredulità sistematica e rigida. Questo tipo di scettico non è aperto alla possibilità che le proprie opinioni possano essere messe in discussione o modificate, ma tende a rifiutare a priori qualsiasi affermazione o concetto che non si conformi alle sue convinzioni preesistenti, indipendentemente dalle evidenze. In pratica, uno scettico per partito preso non utilizza lo scetticismo come uno strumento critico per valutare razionalmente le informazioni, ma piuttosto come un atteggiamento difensivo e dogmatico, che lo porta a rifiutare automaticamente qualsiasi cosa si consideri irrazionale, insolito o non convenzionale, senza una valutazione aperta e oggettiva delle prove.
Caratteristiche peculiari di uno scettico:
– Rifiuto automatico di idee o fenomeni senza un’analisi approfondita
– Mancanza di apertura mentale rispetto a nuove evidenze o possibilità
– Dogmatismo: in questo caso lo scetticismo diventa una convinzione inflessibile, piuttosto che un processo di ricerca della verità.
– Bias di conferma: accetta solo informazioni che confermano il suo punto di vista, ignorando o minimizzando quelle contrarie.
Questo tipo di scetticismo non è produttivo, poiché non favorisce un autentico dibattito o una ricerca della verità, ma si limita a negare senza esplorare realmente le possibilità. E quindi, cari ‘Scettici Seriali’, non me ne vogliate e cominciate a riflette su quanto avete letto… noi intanto proseguiamo…
Esperienze di pre-morte NDE (Near-Death Experiences)
Le esperienze di pre-morte sono un fenomeno studiato da decenni, non solo da medici e psicologi, ma anche da filosofi e teologi. Tali esperienze si riferiscono a quegli episodi vissuti da persone che si trovano in condizioni di morte clinica o vicine ad essa, ma che in qualche modo, a malincuore, ritornano in vita e riportano resoconti dettagliati di ciò che hanno vissuto durante quel breve “intervallo”. I racconti più comuni descrivono sensazioni di pace, visioni di un tunnel illuminato, l’incontro con figure amate o entità spirituali, e, in alcuni casi, la revisione di episodi cruciali della propria vita, quasi come se si assistesse a un film che scorre velocemente. Questi resoconti, raccolti in migliaia di testimonianze, sono stati oggetto di studi scientifici e ipotesi su cosa accada davvero in quei momenti critici.
Gl’immancabili scettici seriali, spesso attribuiscono le NDE a fenomeni neurologici legati alla mancanza di ossigeno o all’attività elettrica del cervello in stato di emergenza, come un ultimo “bagliore” prima che tutto si spenga. Eppure, in molte persone che hanno vissuto queste esperienze, il ricordo non è solo vivido, ma trasformativo. Chi torna dalla soglia della morte racconta spesso di aver perso la paura della fine e di aver riscoperto un senso di scopo e spiritualità nella vita di tutti i giorni. Non è un caso che figure come Elisabeth Kübler-Ross, psichiatra svizzero-statunitense famosa per il suo lavoro pionieristico negli studi sulla pre-morte, abbiano prestato attenzione a queste testimonianze, riconoscendole non solo come eventi personali, ma come spunti per una riflessione più ampia sulla natura dell’esistenza. Le NDE hanno scatenato dibattiti tra scettici e sostenitori dell’idea della vita oltre la morte. Ecco alcune spiegazioni avanzate sull’argomento:
Teoria neuroscientifica: Alcuni scienziati ipotizzano che le NDE siano il risultato di cambiamenti nel cervello dovuti a una mancanza di ossigeno o a un’attivazione di aree cerebrali specifiche durante eventi traumatici. Tuttavia, il caso di Pam è difficile da spiegare con questa teoria, dato che il suo cervello era tecnicamente non funzionante.
Teoria spirituale: Molti sostenitori e scienziati dell’idea della vita dopo la morte, in molti casi atei assoluti, ritengono i casi di NDE una prova che la coscienza esiste indipendentemente dal corpo fisico e che può continuare a esistere dopo la morte.
Illusioni o ricordi falsi: Alcuni inguaribili scettici suggeriscono che le esperienze di NDE potrebbero essere ricordi creati dal suo cervello dopo il risveglio, basati su informazioni che potrebbero, ma non dicono come, aver inconsciamente captato prima di un intervento chirurgico.
I casi di premorte, esperienze vicine alla morte, sono stati raccontati da persone di tutto il mondo che hanno vissuto momenti estremi di vita e di morte e, nel corso degli anni, alcuni casi famosi di NDE sono diventati noti sia in Italia che a livello internazionale. Basti sapere che negli ultimi anni sono stati studiati oltre 65 mila casi di NDE in tutto il mondo. Ecco alcuni tra i più rappresentativi:
Pam Reynolds (Stati Uniti)
Pam Reynolds ha subito un intervento chirurgico complesso al cervello che ha richiesto di fermare il suo cuore. Durante l’operazione ha vissuto un’esperienza di NDE, poi descritta in modo molto dettagliata, in cui ha visto la sua operazione dall’esterno del corpo e ha descritto oggetti e conversazioni tenutesi nella sala operatoria. Il caso è stato considerato significativo per la sua precisione nei dettagli raccontati e la successiva verifica scientifica, tanto da meritare un giusto approfondimento. L’intervento fu eseguito con una procedura chirurgica che fermò la sua attività cerebrale e cardiaca, rendendo la sua esperienza difficile da spiegare scientificamente. Ma vediamo nel dettaglio cosa è successo. Pam Reynolds era una cantante americana che nel 1991, all’età di 35 anni, subì un’operazione delicata per rimuovere un aneurisma cerebrale. La procedura, eseguita dal neurochirurgo Robert Spetzler, era un’operazione sperimentale chiamata “ipotermia profonda” o “arresto circolatorio”. Questo intervento comportava l’abbassamento drastico della temperatura corporea, lo svuotamento del sangue dal cervello e l’arresto del battito cardiaco, portando il paziente in uno stato di morte clinica temporanea.
Mentre era sotto anestesia, quindi in un stato di morte clinica, Pam Reynolds riferì di aver vissuto una serie di fenomeni tipici delle NDE. I dettagli della sua esperienza furono riportati successivamente in diverse interviste e pubblicazioni nelle quali Pam affermò di aver percepito di essere “uscita dal corpo” e di aver osservato l’operazione dall’alto. Descrisse con precisione alcuni dettagli dell’intervento che, logicamente, non avrebbe potuto vedere con gli occhi chiusi e il cervello non funzionante. Ad esempio, disse di aver visto l’uso di un particolare strumento chirurgico simile a uno “spazzolino da denti” (un trapano chirurgico usato per aprire il cranio).
Pam descrisse correttamente anche le conversazioni tra i medici durante l’intervento e gli strumenti che stavano utilizzando. Ciò che rende notevole questa parte del suo racconto è che, tecnicamente, in quel momento era in uno stato in cui non avrebbe dovuto essere in grado di percepire nulla: il suo cervello era stato svuotato dal sangue e il suo cuore non batteva. Dopo l’esperienza fuori dal corpo, Pam descrisse di essere entrata in un tunnel buio con una luce brillante alla fine, una caratteristica comune nelle esperienze di premorte. Disse di aver incontrato parenti defunti e altre entità spirituali, che la tranquillizzarono e le dissero che non era ancora giunto, per lei, il momento di morire. Durante tutta l’esperienza, Pam raccontò di aver provato una sensazione profonda di pace e amore, accompagnata dalla sensazione di fluttuare verso la luce.
Ciò che rende il caso di Pam Reynolds straordinario è la “verificabilità scientifica” delle sue esperienze. Durante l’operazione il suo corpo era monitorato da sofisticate apparecchiature che tenevano traccia delle funzioni vitali e cerebrali. Gli strumenti hanno mostrato che il suo cervello era effettivamente “spento” durante gran parte dell’intervento, rendendo quindi difficile spiegare come potesse aver avuto percezioni sensoriali o barlumi di coscienza in quel momento. L’uso di tappi auricolari, per bloccare i rumori ambientali durante l’intervento, aggiunge un ulteriore livello di mistero: Pam non avrebbe potuto sentire o percepire nulla dell’ambiente circostante, eppure riuscì a descrivere dettagli della sala operatoria, delle conversazioni e delle azioni dei medici.
Impatto scientifico e culturale
Il caso di Pam Reynolds è stato studiato da medici, neuroscienziati, e studiosi di esperienze di premorte. Il neurochirurgo Robert Spetzler, che condusse l’operazione, pur rimanendo cauto nelle sue conclusioni sulla NDE confermò che Pam esprimeva descrizioni accurate di alcuni dettagli dell’operazione. L’evento è stato citato in numerose pubblicazioni scientifiche e libri, come quelli di Raymond Moody, pioniere nello studio delle esperienze di premorte, che considerò il caso di Pam una delle più convincenti prove di coscienza extracorporea e descritto, tra l’altro, nel suo libro “La vita oltre la vita” (1975), che ha portato per la prima volta alla ribalta il fenomeno delle NDE nel mondo occidentale.
Le NDE, compresa quella di Pam Reynolds, hanno scatenato dibattiti tra scettici e sostenitori dell’idea della vita oltre la morte. Ecco alcune spiegazioni avanzate per il suo caso:
a) Teoria neuroscientifica: Alcuni scienziati ipotizzano che le NDE siano il risultato di cambiamenti nel cervello dovuti a una mancanza di ossigeno o a un’attivazione di aree cerebrali specifiche durante eventi traumatici. Tuttavia, il caso di Pam è difficile da spiegare e risolvere con questa teoria, dato che il suo cervello era svuotato dal sangue e tecnicamente non funzionante. b) Illusioni o ricordi falsi: Alcuni scettici seriali suggeriscono che le esperienze riportate da Pam potrebbero essere ricordi creati dal suo cervello dopo il risveglio, basati su informazioni che potrebbe aver inconsciamente captato prima dell’intervento.. un ‘No Comment’ è il minimo che si possa esprimere. Ad ogni modo, il caso di Pam Reynolds rimane uno dei più affascinanti e misteriosi nella letteratura delle NDE. Anche se non fornisce una prova definitiva della vita oltre la morte, ha certamente messo parecchio in discussione alcune certezze scientifiche e ha aperto nuove strade di ricerca sulla natura della coscienza e sul confine tra la vita e la morte.
Anche In Italia ci sono alcuni casi di esperienze di premorte raccontati da personaggi noti, anche se non sono così numerosi o ampiamente pubblicizzati come quelli internazionali. Tuttavia, ci sono stati alcuni racconti di figure italiane che hanno avuto esperienze vicine alla morte e che le hanno condivise pubblicamente.
Domenico Di Cesare
Di Cesare, imprenditore italiano, ha vissuto la sua esperienza di premorte in un momento in cui si trovava in coma, a seguito di complicazioni mediche dovute a una grave infezione. Durante questo stato, ha riferito di aver vissuto un’esperienza fuori dall’ordinario che ha profondamente influenzato la sua visione della vita.
Come molti altri casi di NDE, Di Cesare ha descritto una esperienza extracorporea (out-of-body experience, OOBE). Ha raccontato di essersi sentito separato dal proprio corpo fisico, osservandolo dall’alto mentre i medici cercavano di salvarlo. Durante questa fase, ha riportato la sensazione di essere consapevole della situazione ma senza la sofferenza fisica associata al corpo. Ha poi riferito di aver viaggiato attraverso il classico tunnel di luce che molti soggetti di NDE descrivono. Durante questo passaggio, si sentiva attirato verso una luce intensa, ma allo stesso tempo tranquillizzante e accogliente. Ha descritto la luce come calda e piena di amore incondizionato. Questo viaggio verso la luce rappresentava una transizione da una dimensione terrena a una spirituale.
Un elemento molto toccante della NDE di Domenico Di Cesare fu il ricongiungimento con persone care decedute. In particolare, racconta di aver incontrato suo padre, morto anni prima. Di Cesare ha spiegato di aver vissuto l’incontro come profondamente sereno e privo di parole, ma colmo di amore e comprensione reciproca. Il padre sembrava comunicargli che non era ancora giunto il momento di morire. Ha riferito, inoltre, che la dimensione in cui si trovava era permeata da una sensazione di completezza, come se tutto fosse al suo posto e non esistesse dolore o conflitto. La consapevolezza della morte fisica sembrava svanire in questo spazio, e tutto appariva chiaro e perfetto.
Una delle fasi cruciali della sua esperienza fu la decisione di ritornare al corpo fisico, infatti ha riferito di aver ricevuto una sorta di “messaggio” dalle entità spirituali o forse da una voce interiore che gli comunicava che la sua missione sulla Terra non era ancora finita e che doveva tornare per portarla a termine. Pur provando una forte attrazione verso la dimensione spirituale in cui si trovava, Di Cesare alla fine accettò di tornare al mondo terreno.
Al suo risveglio dal coma, l’esperienza di premorte lo trasformò a livello personale e spirituale, dandogli una nuova prospettiva sulla vita, la morte e il significato dell’esistenza. Ha raccontato di aver perso la paura della morte, vedendola non come una fine, ma come una transizione verso una nuova fase dell’esistenza. Questa esperienza modificò anche il suo rapporto con le persone, portandolo a vivere con più consapevolezza e gratitudine. Anche la sua visione della religione cambiò radicalmente, iniziando a comprendere la spiritualità come un fenomeno più vasto e inclusivo, che va oltre le singole fedi religiose.
Il chiedersi cosa ci aspetta dopo la vita è il più grande mistero che accompagna da sempre l’umanità, e l’unica risposta a questa domanda sembra avvenire dalla Fede. Ma ci sono scienziati che da anni stanno raccogliendo tracce e indizi che sembrano dimostrare l’esistenza di un mondo al di là di quello che vediamo. Tra questi indizi c’è la storia di un uomo a cui ho voluto riservato alla fine di questa sessione perché, a mio avviso, è un caso così straordinario, unico, e dal finale sconvolgente, tanto da meritarsi particolare attenzione e spazio in questo articolo…
Alexander Eben

Un uomo di scienza con un curriculum al di sopra di ogni sospetto. Essendo un neurochirurgo, ha più volte assistito persone che si trovavano in stato di coma, ma questa volta è toccato a lui affrontare questo momento difficilissimo, un momento sospeso tra la vita e la morte.
Eben lavora come medico a Lynchburg, in Virginia, da oltre 20 anni, in qualità di professore associato specializzato in neurochirurgia. Da giovane credeva in Dio, il paradiso e nella vita oltre la vita. Poi, dopo vent’anni di attività nel campo della neurochirurgia, non riusciva più a concepire che la coscienza potesse sopravvivere alla morte del cervello e del corpo. Non poteva immaginare l’esistenza di un aldilà, così alla fine perse anche la fede. Ma l’esperienza di NDE che ha vissuto gli ha fatto comprendere, con grande chiarezza, che la coscienza può esistere, in una forma estremamente profonda e complessa, anche al di là del nostro cervello. Eben ha vissuto in prima persona un’esperienza ai confini della vita. Un uomo che non avrebbe dovuto avere dubbi, ma che invece oggi ha delle nuove convinzioni, e quello che era solo un ragionevole dubbio, ora nella sua mente sembra essere diventato realtà. Lui giura di aver visto il paradiso e il suo caso ha suscitato grande scalpore in tutto il mondo tantoché, il suo libro “Milioni di Farfalle”, in poche settimane è divenuto un vero e proprio best seller negli Stati Uniti. Ma chi è Eben Alexander? Cosa ha visto esattamente? E perché la sua vicenda è così sorprendente. Davvero quest’uomo possiede le prove dell’esistenza di una vita oltre la vita?
È l’autunno del 2008, Eben si sente male, ma non sa di aver contratto una rarissima forma di meningite batterica tanto rara da colpire solo un adulto su ogni milione. Una malattia terribile che di solito non lascia scampo, considerata da molti fatale, ma che in questo caso, invece, gli cambierà la vita. Sentiva dei dolori fortissimi alla schiena, mai avvertiti prima, poco dopo entrò in coma e rimase in quello stato per i sette giorni successivi. Quando raggiunse il pronto soccorso, le sue speranze di sopravvivenza erano del 10%, ma nei giorni successivi il corpo non rispondeva più agli antibiotici e la meningite gli causò gravissimi danni al cervello. Dopo sette giorni le possibilità di un risveglio dal coma si erano ridotte al 2%, ma soprattutto i medici ritenevano che non ci fosse alcuna possibilità di un pieno recupero sul piano neurologico. Eppure, mentre gli strumenti non registravano più alcuna attività cerebrale, Eben Alexander compie il viaggio più straordinario di tutta la sua vita.
Del suo viaggio nell’oltre egli racconta di ritrovarsi sommerso in lago di fango, circondato dalle radici degli alberi e sentiva un suono ritmico ossessivo, come i colpi di un martello sopra un incudine. Non ricordava nulla della sua vita passata, era come se fossero passati dei secoli o addirittura migliaia di anni. Alla fine vide una luce che si formava a spirale ed era molto brillante, aveva dei filamenti dorati e mentre lentamente si avvicinava a lui, udiva una musica bellissima. Poi la luce bianca apri una specie di portale che si affacciava su una vallata incantevole e rigogliosa, piena di vita. A un certo punto si ritrovò sulle ali di una splendida farfalla, e cerano milioni di altre farfalle intorno che formavano una specie di fiume variopinto. Accanto a lui c’era una ragazza bellissima, dal sorriso dolcissimo e dai lineamenti delicati, occhi azzurri e capelli di un castano chiaro. La ragazza non pronunciò alcuna parola, ma i suoi pensieri comparivano direttamente nella sua mente e gli dicevano: “Sarai amato ed accudito con amore.” Racconta poi di un vento che si alzò, tiepido e leggero, tutto era perfetto, in quell’istante riuscì ad avvertire una presenza divina, di infinito amore e infinita potenza. Era il creatore dell’universo, che permeava tutte le cose; quello fu il momento più intenso di tutto il suo viaggio. Era convinto di trovarsi in un luogo straordinario. L’universo l’infinito, qualcosa di difficile da raccontare, un profondo stato di pace. Ma qualcosa lo stava per strappare a visione paradisiaca, qualcosa che lo stava per riportare improvvisamente sulla terra. Pensava che qualunque fosse stata la sua destinazione, comunque sarebbe stata un’esperienza positiva perché accanto a lui c’era il suo angelo custode, e c’erano anche degli esseri intorno, alcuni tenevano delle candele tra le mani e si muovevano con grande energia, da loro proveniva un forte mormorio che lo circondava. Non comprendeva le loro parole, ma quando uscì dal coma si rese conto che quegli esseri stavano pregando per lui, sostanzialmente lo stavano riaccompagnando nel regno terreno. In coma da sette giorni, privo di qualsiasi attività cerebrale, Eben Alexander visse un viaggio straordinario con la mente.
Ma la bellissima ragazza, al suo fianco sulle ali di una farfalla, era forse un angelo? Il racconto del dottor Alexander ha ancora in serbo diversi colpi di scena, ma prima di svelare gli eventi sorprendenti che stanno per accadere dobbiamo doverosamente porci una domanda, è possibile che l’esperienza vissuta da Eben sia solo il frutto di un sogno? Un sogno vivido ma pur sempre un sogno. Esistono teorie che chiamano in causa la fase REM del sonno e, ad alcune persone, può accadere che al momento del risveglio il sogno che stavano facendo non si interrompe. Tuttavia i sogni sono qualcosa di razionale, non seguono uno schema fisso ne corrispondono ad una realtà oggettiva, le esperienze e i confini della vita invece hanno sempre una scrittura nel mondo reale. L’idea che queste esperienze siano, in qualche modo, legate ai sogni non ha alcun fondamento. Alla fine, l’unica spiegazione ragionevole, è che tutte queste persone hanno vissuto un’esperienza reale non solo dal punto di vista soggettivo, ma anche dal punto di vista oggettivo, e diverse da qualsiasi altro stato di coscienza a cui siamo abituati.
Che sia realmente accaduta o che sia solo frutto della sua immaginazione, l’esperienza di Eben resta inspiegabile… ma fino a un certo punto. Secondo le apparecchiature mediche, infatti, il cervello del Dottor Alexander si trovava in uno stato di totale inattività, uno stato in cui non avrebbe potuto creare alcun tipo di sogno, ma ce di più… Nella versione di Eben troviamo un legame inaspettato con la sua vita reale.
Mentre era ancora in coma, ma in viaggio nell’aldilà, accade qualcosa di sconvolgente. La sua attenzione viene richiamata da una voce che proviene dalla Terra. Era il settimo giorno di coma e i medici dissero che se non avesse mostrato qualche segno di miglioramento, nelle successive 12 ore avrebbero valutato la possibilità di sospendere le cure e di lasciare che la natura avesse fatto il suo corso. Nella sua stanza d’ospedale suo figlio di dodici anni gli diceva che sarebbe migliorato e lo pregava di mettercela tutta, perché sarebbe guarito continuava a ripetere. Di queste parole lui non capiva nulla, non capiva ciò che il figlio gli diceva. Ma a un livello più profondo, il suo legame con lui riuscì a catturare la sua attenzione… e quello fu il momento più drammatico di tutto il viaggio. Immerso in una realtà totalmente distante dalla nostra Eben si ricorda del mondo che ha lasciato. Fu in quel momento che iniziò a riprendere coscienza. Aprì gli occhi e tutti quelli che erano attorno a lui, la sua famiglia, i medici e gli infermieri rimasero scioccati. Non credevano assolutamente che si sarebbe risvegliato dal coma e che sarebbe tornato a parlare… Era tornato sulla terra. Dopo un paio di giorni complicati e difficili, razionalizza quanto gli è successo e comincia a scrivere, e lo fa in una forma tecnica scientifica, quella che lui conosceva molto bene. Insomma, comincia a fare una relazione su tutto quanto gli era accaduto, ma ci sono alcuni interrogativi a cui non riesce a dare una risposta. Intanto… come ha potuto il suo cervello tornare in perfetta forma dopo che sembrava essere completamente compromesso? Questo resta, per lui e per noi, il più grande mistero. Il fatto che quando è uscito dal comma le sue capacità linguistiche, i suoi ricordi e anche le sue conoscenze in neurologia sono tornate ad affiorare nel giro di sei settimane.
Ma allora la mente è un semplice prodotto del cervello, come sostengono alcuni scienziati? Oppure esiste una coscienza nell’uomo che va al di là del meccanismo del sistema nervoso? Sostanzialmente, ritiene lo stesso dottor Alexander, il cervello non può dare vita alla coscienza. Nessun neurologo e nessun scienziato al mondo possono sostenere che la coscienza sia un mero prodotto della chimica e della biologia del cervello, perché in realtà nessuno sa cosa sia esattamente la coscienza, ma tutte queste vicende lo hanno portato a vedere, in modo chiaro, che la nostra coscienza è molto più ricca e articolata quando è libera dal cervello e dal corpo. Lui ora è convinto che quando il nostro corpo fisico muore, la nostra coscienza si innalza fino ad un livello più elevato, ad una dimensione che va al di là dello spazio e del tempo.
Passati due mesi dall’uscita dal coma, c’erano delle domande a cui il dottor Alexander non riusciva ancora a dare una risposta. Perché nella sua esperienza, ai confini della vita, non incontrò suo padre, la persona a lui più cara? E chi era, invece, quella ragazza che lo aveva accompagnato durante il suo viaggio? All’inizio fece fatica a trovare una soluzione a questi due enigmi, quando ad un tratto capì che le risposte che cercava avevano a che fare con le origini della sua vita.
Eben era nato da una giovane ragazza madre, un bambino fragile che dopo sole due settimane di vita era stato affidato a un destino diverso, donato a una nuova famiglia. I suoi genitori biologici lo avevano dato in adozione, una decisione che avrebbe segnato per sempre la sua esistenza. Crescendo, quella ferita mai sanata si era fatta sentire come un vuoto incolmabile, e quando divenne adulto, il bisogno di capire le sue radici si trasformò in una missione.
Pochi mesi prima di cadere in coma, Eben riuscì finalmente a trovare i suoi genitori naturali. L’incontro fu un momento decisivo per lui, come una lama che tagliava il velo che lo separava dal suo passato. Ogni parola, ogni gesto, ogni dettaglio sembrava avere lo scopo di lenire il dolore profondo che aveva segnato la sua infanzia. Fu lì, in quel fragile ricongiungimento, che apprese di avere avuto una sorella, Banksy, scomparsa giovane nel 1998. Non l’aveva mai conosciuta, non aveva mai potuto incrociare il suo sguardo, ma il solo pensiero di lei lo colpì con la forza di un’onda improvvisa, risvegliando una curiosità che non poteva più ignorare.
Un giorno, dal passato che tanto aveva cercato, arrivò un dono inaspettato: una fotografia. Era di Banksy, la sua sorella scomparsa, colta in un momento di vita impresso per sempre su carta. Eben non conosceva quel volto, la guardò a lungo, lasciando che il ricordo della ragazza sulla fotografia scivolasse nella sua mente come una corrente dolce e potente. E poi… l’illuminazione. Un sussurro dell’anima gli rivelò una verità che stava cercando da tempo. La ragazza accanto a lui sulle ali della farfalla… era Banksy. Il suo ricordo visivo, rimasto impresso durante quell’esperienza fuori dal corpo, tornò vivido e chiaro come se fosse accaduto solo un attimo prima. Nella fotografia, gli occhi di Banksy sembravano parlargli, con lo sguardo che sembrava dirgli: “L’hai capito, finalmente.”
Fu come se il mondo si fermasse in quell’istante. Un’ondata di emozioni lo travolse: incredulità, gioia, dolore. Tutte le tessere di un puzzle che sembrava irrisolvibile si incastrarono perfettamente, come se il destino gli avesse finalmente rivelato il suo disegno. E tutto iniziò ad avere un senso, un senso che fino a quel momento gli era stato negato. Banksy non era solo un’ombra del passato, ma parte del suo presente, del suo viaggio, del suo destino. E quell’immagine… quella consapevolezza… cambiarono per sempre il suo modo di vedere il mondo.
Il caso NDE di Eben Alexander è davvero sconvolgente, rispetto ad altri casi simili ha qualcosa di diverso perché è accaduto a lui, uno scienziato, un esperto del cervello umano, un uomo senza problemi economici che godeva di grande popolarità nel suo ambiente. Insomma, nulla di quello che gli è arrivato dopo poteva in qualche maniera migliorare la sua situazione. Anzi, raccontando questa storia, rischiava di essere screditato dai suoi stessi colleghi. E quindi.. dobbiamo considerare questo un caso più unico che raro, accaduto solo a lui, oppure ci sono altre storie uguali? Magari è accaduto a persone meno famose, o meno attendibili, che lo hanno raccontato in modo meno preciso? Insomma, quello che ha visto e che ha sentito Eden, può essere almeno in parte il destino che spetta ad ognuno di noi? E allora il paradiso esiste?
Elementi comuni nelle NDE
Negli ultimi anni sono stati studiati oltre 65 mila casi di NDE in tutto il mondo e hanno tante caratteristiche in comune.
1. Tunnel e luce brillante: Uno degli elementi più ricorrenti nelle NDE è la descrizione di un tunnel buio, spesso descritto come una specie di passaggio stretto e lungo, alla fine del quale appare una luce brillante e rassicurante. Questa luce viene spesso percepita non solo come una fonte di luminosità, ma anche come una manifestazione di amore e accoglienza. Questi soggetti riportano di sentirsi attratti da questa luce e di non riuscire ad ignorarla. Il tunnel e la luce sembrano rappresentare un simbolico passaggio dall’esistenza terrena a una dimensione diversa, potenzialmente spirituale.
2. Esperienze fuori dal corpo (OBE): Un altro aspetto comune nelle NDE è la cosiddetta ‘esperienza extracorporea’ o OBE (Out of Body Experience). Molti riferiscono di avere avuto la sensazione di osservare il proprio corpo dall’esterno, come se fossero separati fisicamente da esso, tanto da poter fluttuare sopra la scena e guardando sé stessi, spesso distesi in un letto d’ospedale o in una situazione di emergenza.
Questa esperienza è accompagnata da una percezione intensa di lucidità e consapevolezza, come se lo stato di coscienza esistesse indipendentemente dal corpo fisico. In alcuni casi, i soggetti raccontano di aver osservato dettagli che non avrebbero potuto conoscere in quello stato di incoscienza, come conversazioni tra i medici o gli oggetti presenti nella stanza.
3. Incontri spirituali e figure mistiche: Una parte significativa delle NDE include incontri con figure spirituali o esseri di luce. Alcuni soggetti riferiscono di aver incontrato persone care già decedute, come familiari o amici, che li accolgono in questa dimensione. Altri invece parlano di entità spirituali non umane, descritte come esseri di luce o figure mistiche. In diversi contesti religiosi, queste entità vengono interpretate come angeli, guide spirituali, o addirittura rappresentazioni divine. Le interazioni con questi esseri sono spesso cariche di messaggi profondi e rassicuranti con frasi come “non è ancora giunto il tuo momento” o inviti a “ritornare” alla vita terrena. Questi incontri sono descritti come estremamente intensi e carichi di un amore incondizionato.
4. Sensazione di pace e benessere: Un tratto comune nelle NDE, quasi universale, è la sensazione di pace profonda, amore incondizionato e serenità assoluta. Le persone che vivono queste esperienze spesso descrivono una liberazione totale dalle preoccupazioni, dal dolore fisico e dalle ansie terrene. Questo stato di beatitudine è così potente che, in molti casi, i soggetti riferiscono di non voler tornare alla vita terrena, preferendo rimanere in quella condizione di benessere totale. Anche coloro che inizialmente avevano paura della morte si trovano improvvisamente in uno stato di accettazione, percependo la morte non come una fine, ma come un passaggio naturale e senza sofferenza.
Reincarnazione: Viaggio della Coscienza oltre la Vita e la Morte