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Io Vento e l’Uomo

Un dialogo tra il Reale e l’Invisibile

Era una giornata d’autunno e danzavo tra i rami degli alberi spogli. Un crepuscolo dorato avvolgeva la terra, e l’aria portava con sé il profumo delle foglie morte e del tempo che scorreva. Ma non ero solo brezza, ero una presenza viva, antica, consapevole. In cerca di risposte, decisi di parlare con una delle creature più complesse di quel mondo: l’essere umano.

Egli camminava lentamente lungo un sentiero, le mani affondate nelle tasche, perso nei suoi pensieri. La sua mente era piena di domande irrisolte, desideri mai raggiunti, e paure che lo seguivano come ombre. Mi avvicinai, soffiando piano sul suo viso, come un tocco invisibile. L’uomo si fermò. C’era qualcosa di strano in quella brezza.

“Ehi tu, uomo! Ho una domanda per te.”

L’uomo sussultò. La domanda sembrava venire da dentro di lui, come un pensiero sussurrato dall’aria stessa. Si guardò attorno, cercando di capire da dove venisse quella voce.

“Sono qui” gli dissi, “intorno a te. Come sempre.”

L’uomo guardò il cielo, confuso.

“Vento… mi stai parlando?”

“Sì. È tempo di una conversazione che hai evitato troppo a lungo. Voglio capire. Cosa vi spinge, voi esseri umani, a distruggere ciò che amate? A devastare la terra che vi nutre? A creare cose meravigliose solo per abbatterle poco dopo?” e incalzai… “Mi spiegate la relazione fra voi e tutto ciò che vi circonda? Mi spieghi perché distruggete quello che dite di amare?”

L’uomo rimase in silenzio per un momento. Poi, abbassò lo sguardo, come se le sue stesse parole fossero troppo pesanti da pronunciare.

“Non è così semplice” rispose lentamente, “Non lo facciamo di proposito… a volte non ci rendiamo nemmeno conto di quello che stiamo facendo.”

Iniziai a spirare più forte, come un soffio di frustrazione.

“Non vi rendete conto? Eppure vedo le foreste abbattute, i fiumi inquinati, gli oceani soffocati dalla plastica. Sentite la terra che grida sotto i vostri piedi e la ignorate. Dite di non saperlo? Oppure siete troppo persi nei vostri desideri per preoccuparvene?”

L’uomo chiuse gli occhi per un momento, lasciando che gli scompigliassi i capelli. Sentiva il peso di ogni parola.

“È la nostra natura” disse infine, “Cerchiamo sempre di più. Non ci basta ciò che abbiamo. Vogliamo dominare, controllare. Creiamo meraviglie, ma nel farlo, consumiamo risorse senza pensarci. Siamo ciechi, forse, ma non lo siamo sempre stati. C’è qualcosa che ci spinge, come una fame insaziabile.”

“Una fame di cosa?” chiesi, ora ero curioso, “di potere? Di ricchezza? Di controllo su tutto ciò che vi circonda?”

L’uomo annuì.

“Sì… di tutto questo. Ma anche di connessione. Di trovare un senso in ciò che facciamo. Forse è questa la nostra contraddizione. Distruggiamo ciò che amiamo perché non sappiamo come proteggerlo. E mentre ci perdiamo nel desiderio di possedere, dimentichiamo che la vita non è solo ciò che creiamo o costruiamo, ma anche ciò che lasciamo intatto.”

Rallentai, soffiando dolcemente attorno all’uomo.

“C’è saggezza nelle tue parole, ma mi chiedo: quanta di questa saggezza rimane solo nei pensieri e non nelle azioni? Voi uomini siete maestri nel parlare di ciò che dovete fare, ma lenti nell’agire. Ditemi, quali passi farete per cambiare questa rotta distruttiva?”

L’uomo sospirò, osservando le colline distanti e gli alberi che ondeggiavano sotto le mie carezze.

“Non lo so” ammise con onestà, “ci sono alcuni tra noi che stanno cercando di cambiare, che stanno lottando per invertire la rotta. Ma è difficile, perché il mondo che abbiamo costruito ci intrappola. Viviamo in città fatte di cemento e metallo, lontani dalla natura, e dimentichiamo quanto siamo legati a essa.”

“E io? Sono qui da sempre, a guardare il ciclo della vita che si ripete. Gli alberi crescono, i fiumi scorrono, gli uccelli volano… e voi? Che ruolo giocate in questo ciclo? Siete voi, alla fine, il vento che distrugge o che porta vita?”

Egli rimase immobile, segno che la mia domanda lo colpì in profondità.

“Non lo so” ripeté, più sommessamente questa volta, “forse siamo entrambe le cose. Siamo il vento che soffia dolcemente, ma anche quello che può distruggere, ma con la differenza che ciò dipende da noi. Dipende da come scegliamo di agire.”

“Lo scegliere” sussurrai, “questa è la vostra più grande forza e la vostra più grande maledizione. Solo voi, tra tutte le creature, avete il potere di scegliere. Ma spesso scegliete male. Hai detto bene che io soffio, e il mio soffio non ha intenzione. Voi, però, avete il controllo. Non dimenticatelo.”

Iniziai così a disperdermi, a dileguarmi nell’aria fresca del tramonto. L’uomo sentì un vuoto nel petto, come se avesse appena perso una conversazione con un vecchio amico. Guardò il cielo, ora tinto di rosso e arancio, e sapeva che avevo ragione da vendere.

Sempre presente continuai a soffiare tra i campi e le foreste, lasciando l’uomo solo con le sue riflessioni. Sapeva che l’umanità era a un bivio. La scelta era lì, sospesa tra le dita dell’uomo, come una foglia da me sollevata. E quella scelta avrebbe determinato se l’uomo sarebbe stato il creatore o il distruttore. Sarei rimasto a guardare, eterno, invisibile, pronto a soffiare nel momento giusto. Ma la vera domanda era: da che parte, l’uomo avrebbe scelto di stare?
 

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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