La ghigliottina, dispositivo usato per decapitare i condannati a morte, fu inventata in Francia nel XVIII secolo. Nata con lo scopo di garantire una morte rapida e indolore e uniformare la punizione, si diffuse, oltre che nel suo Paese d’origine anche in molti altri Paesi, tra i quali, la Svizzera, il Belgio, la Germania, lo Stato Pontificio e l’Italia.
“Signori, con la mia macchina vi farò saltare la testa in un batter d’occhio e non soffrirete affatto! La lama piomba come un fulmine, la testa vola via, il sangue sgorga, l’uomo non è più. A malapena percepisce un soffio d’aria fresca sulla nuca”.
Così descrive la ghigliottina il medico e politico rivoluzionario francese, Joseph-Ignace Guillotin, quando il 9 ottobre 1789, esordì illustrando infervorato all’Assemblea Nazionale un disegno di legge, per riformare il codice penale.
L’articolato progetto di legge voleva stabilire pene egualitarie per tutti i condannati che non contemplassero più distinzioni di carattere sociale (durante l’ancien régime, gli aristocratici subivano la decapitazione, i plebei venivano impiccati, gli eretici finivano sul rogo, i criminali squartati).
Inoltre, si suggeriva di utilizzare la decapitazione, quale pena da comminare ai colpevoli e la morte sarebbe dovuta avvenire tramite un “semplice meccanismo”.
Tale meccanismo era, appunto, la ghigliottina (guillotine). Come è già intuibile, il suo nome deriva proprio da Guillotin, il politico che ne fu il semplice propugnatore e che, per tutta la vita, ne rinnegò la paternità.
La ghigliottina è in effetti un meccanismo semplice, consta di una pesante lama di metallo, il cui filo era in origine ortogonale al percorso di discesa, poi divenne obliquo con un’angolazione di 30° circa, tale modifica fu suggerita da Luigi XVI che sperimentò di persona l’efficienza del macchinario, il 21 gennaio del 1793.
La lama era lasciata cadere da un’altezza di poco più di 2 metri e seguiva un percorso obbligato, fino a raggiungere il collo del condannato.
La ghigliottina fu introdotta nel codice penale del 1791, quale metodo unico per eseguire le condanne a morte.
Per portare a termine il progetto, Guillotin coinvolse tre esperti: Charles-Henri Sanson, il più famoso boia del Paese; Antoine Louis, medico segretario dell’Accademia di chirurgia; Tobias Schmidt, artigiano tedesco costruttore di clavicembali.
Il contributo del boia Sanson fu quello di studiare un sistema per immobilizzare i condannati; il dottor Louise, invece, presentò il progetto di legge definitivo che fu poi approvato dai deputati; l’artigiano tedesco Schmidt realizzò il primo macchinario mortale.
Il 25 aprile 1792, la prima ghigliottina, verniciata di rosso, fu inaugurata a place de Grève. Il primo a farne le spese fu un ladro recidivo e forse, anche assassino, Nicolas Jacques Pelletier.
Guillotin, con il suo progetto di legge, desiderava mutare il carattere delle esecuzioni: da spettacoli pubblici incivili a punizioni private che avessero più rispetto per i condannati.
In realtà, ottenne il risultato opposto: le decapitazioni divennero degli eventi a cui partecipava un pubblico numeroso.
L’esecuzione effettuata con la ghigliottina doveva essere rapida per evitare inutili sofferenze ai condannati. La procedura prevedeva una serie di passaggi prefissati. Dopo la sentenza, ai colpevoli si legavano i polsi dietro la schiena, si tagliavano loro i capelli (se erano lunghi) e il colletto della camicia, poi erano caricati su una carretta per essere condotti al patibolo.
Successivamente, raggiunto il palco, il condannato era legato a una tavola basculante e poi, il suo capo era bloccato all’interno di un apposito collare, a quel punto, il boia lasciava andare la lama e quale gesto conclusivo, mostrava la testa al pubblico reggendola per i capelli.
Le teste mozzate dalla ghigliottina finivano in una cesta, mentre i corpi erano collocati su una carretta e condotti al cimitero per essere sepolti in fosse comuni.
Si stima che le vittime della ghigliottina corrispondessero a una cifra che oscilla dalle 15 mila alle 25 mila.
In Francia, si effettuarono esecuzioni per decapitazione fino al 1977, anno dell’ultima esecuzione capitale; l’abolizione della pena di morte fu decretata nel 1981.
L’ultimo condannato a morte, “perse la testa” a Marsiglia, si chiamava Hamida Djandoubi, era un tunisino ed era colpevole di femminicidio.
La ghigliottina ebbe delle versioni antecedenti. Una stampa del 1307, conservata al British Museum, ritrae una morte per decapitazione eseguita in Irlanda, mentre in Inghilterra, esisteva un macchinario chiamato patibolo di Halifax. Nel Cinquecento, in Scozia si usava la “pulzella scozzese” (Scottish maiden), mentre in Italia si eseguivano le decapitazioni con la “mannaia” che proseguì a Roma il suo spietato lavoro fino al 1870.
La “vedova”, come era chiamata la ghigliottina, perché si ergeva sola sul patibolo e aveva lo stesso aspetto altero di una donna sola, fu una specie di dannazione per Guillotin che non accettò mai il fatto che le fosse stato affibbiato il suo nome.
A battezzare la “Guillotine” fu la stampa che scelse questo nome per vari motivi. Il primo è di origine fonetica: Guillotine faceva rima con machine e facilitava la scrittura di epigrammi scherzosi e canti popolari. Il secondo motivo era la vendetta nei confronti di Guillotin che era un deputato dal pessimo carattere.
Per ironia della sorte, Schmidt, che realizzò concretamente la ghigliottina, cercò invece in tutti i modi di ottenere i diritti sull’invenzione, diritti che gli furono negati.
L’artigiano presentò un’istanza per brevettare il macchinario, così da poter guadagnare su ogni sua replica, ma la sua richiesta fu rifiutata, il 24 luglio del 1792, dal ministero degli interni; il motivo del rifiuto fu che la Francia non poteva concepire la possibilità di brevettare un marchingegno che poteva avere un unico e solo destinatario: lo Stato.
In copertina: Esecuzione del duca di Montmorency, di Thomas Allom, 1840 circa