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Tanatologica(mente)

Doppelgänger

Dall’etimologia tedesca “Doppelgunger“, questa figura compare sovente nella narrativa in qualità di sosia o doppio di un individuo: presente nel testo di Edgar Allan Poe – “William Wilson” -, è molto in voga nel folklore germanico ed inglese, in quest’ultimo caso prende il nome di “fletch“.

Dal tedesco, per l’appunto “doppel” (doppio) e “Gänger” (viandante) dal verbo gehen, “andare”, fa riferimento al sosia o al doppione di una persona, per lo più si fa riferimento circa il gemello di natura maligna, altresì, è il fenomeno per la quale tendiamo a vedere la nostra immagine con la coda dell’occhio!

Nel mondo si dice che vi siano ben 7 (!) sosia per ciascuno di noi, nessuno escluso. Molti sono i testi letterari, nel corso dei secoli, in cui si raccontano le storie di incontri con il proprio doppione, anche da parte di personaggi famosi, come ad esempio Abraham Lincoln, il quale disse di aver visto il proprio sosia nel riflesso di uno specchio.

Per la primissima volta questo termine venne citato nel libro “Siebenkas”, del 1796, a cura di Jean Paul: un percorso fantastico dove realtà e finzione collidono, in particolar modo narra la storia del protagonista che, infelice del proprio matrimonio, vede il proprio alter ego fingerne il decesso. Fingendosi morto, potrà quindi ricrearsi una nuova vita lontana dall’infelicità.

Renè Magritte: “Ritratto di Edward James”

Secondo le leggende, il Doppelganger è un’entità che non può scomparire: vederlo nella vita reale può essere presagio nefasto, nel caso invece in cui siano i parenti o gli amici a vedere il nostro doppio, porterebbe a sfortune di vario tipo.

Non tutti sono d’accordo in merito a chi può o meno vederlo: c’è chi sostiene che esso sia visibile solo dalla persona che viene “sdoppiata” e coloro che ritengono sia visibile a chiunque.

Lo stesso Allan Poe sostenne di aver incontrato il doppelganger della consorte Virginia entro un ospedale, affiancata da un gatto nero: a pochi mesi da quella visione, la donna morì di Tubercolosi e fu spunto per il racconto de “Il Gatto nero” dell’autore.

Da questo episodio, come in molti altri, si può supporre che quando si parla di Doppelganger in realtà vi siano presagi negativi e terribili, dalla malattia alla morte, dalle tragedie o al far male a qualche innocente.

Ad oggi, il doppio legatoo a questa figura in realtà fa riferimento al solo sosia, al doppione vero e proprio che non per forza vuole farci del male.

E voi? Lo avete già incontrato?

Di Beatrice Roncato

Tanatologa Culturale, Tanatoesteta e Cerimoniere Funebre

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