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Cultura Greci miti e leggende

Campi Elisi: il “paradiso” degli antichi, secondo la mitologia

Nella mitologia greca e romana, i Campi Elisi erano un luogo di beatitudine. Qui, dopo la morte, giungevano le anime degli eroi e dei saggi.

Nella mitologia greca e romana, i Campi Elisi erano un luogo di beatitudine. Qui, dopo la morte, giungevano le anime degli eroi e dei saggi.

Se vi dico Campi Elisi, probabilmente, visualizzerete l’immagine degli Champs-Èlysées parigini, ossia il parco o il famoso viale che l’attraversa, da Place de la Concorde all’Étoile, oppure penserete al quartiere che porta quel nome. Forse, solo in un secondo momento, ricorderete che i Campi Elisi erano in origine un luogo di beatitudine, abitato dalle anime di coloro che erano amati dagli dei, cioè persone che, durante la vita, si erano mostrate degne di una ricompensa così grande.

I mitologici Campi Elisi facevano parte dell’Ade e possono essere equiparati al Paradiso cattolico, dove però la beatitudine non era legata alla presenza divina, bensì alla bellezza della natura e a un clima eccezionale.
Il paragone con l’antichità non finisce qui: al regno di serenità e bellezza era infatti contrapposta la destinazione finale delle anime dei malvagi, il Tartaro, un luogo simile all’Inferno; questo regno al negativo fu però aggiunto solo successivamente.

Omero, nell’Odissea, descrive i Campi Elisi come un luogo di pace e delizia, dove “non c’è mai neve né il crudo inverno né pioggia, ma sempre l’Oceano manda soffi di Zefiro dall’acuto sibilo per dare refrigerio agli uomini”.
Questo paradiso in terra era posto ai confini del mondo e qui si trovavano immensi campi fioriti e regnava una perenne serenità. Malattie e sofferenze erano bandite. Persino la morte era risparmiata a coloro che avevano avuto il privilegio di essere scelti dagli dei per abitare questo luogo. Per tutti gli altri, invece, la morte era una sorta di non-esistenza: una volta deceduti si rientrava nel nulla da cui si proveniva.

Anche Virgilio (70 a.C.-19 a.C.), nell’Eneide (libro VI), descrive i Campi Elisi, come un luogo stupendo, dove tra prati e boschi, le anime beate vagavano indisturbate, continuando a coltivare le normali attività della vita quotidiana.

Per quanto riguarda le credenziali richieste per entrare in questo luogo magnifico dopo la morte, ai tempi di Omero erano un po’ diverse da quelle attuali.
Nell’Odissea si dice che Menelao andrà nei Campi Elisi, perché era il marito di Elena (quindi, genero di Zeus) e perché gli dei avevano apprezzato il modo in cui lui aveva gestito il tradimento di sua moglie.

A parte le parentele di elevato rango e i meriti particolari, i guerrieri morti in battaglia (e questo non vale solo per la mitologia greca e romana) e i filosofi – questo però solo in Grecia – avevano diritto di godere dell’eterno soggiorno nei Campi Elisi.

Per i Romani, invece, gli dei consentivano un soggiorno beato a coloro che in vita li avevano onorati, ma la religiosità degli antichi era diversa dalla nostra. Per meritare i Campi Elisi bisognava essere dei difensori della patria oppure dei sapienti o magari essersi distinti nella poesia o nella letteratura.

Attualmente, si resta sul vago riguardo alla posizione del Paradiso, ma nell’antichità si tentò di collocare anche geograficamente i Campi Elisi che furono identificati ad esempio, con varie isole.
Per Diodoro Siculo (90 a.C. circa-27 a.C. circa) si trattava di un’unica isola posta in mezzo all’Oceano. Per Plinio il Vecchio (23 d. C.-79 d.C.) e successivamente, per Tolomeo (100 d.C.-175 d.C.) i Campi Elisi coincidevano con le Canarie; per Plutarco (46 d.C./48 d.C.-125 d.C./127 d.C.) distavano dall’Africa circa 1.600 km.

Isole, regni sotterranei o regno al confine del mondo, i Campi Elisi non erano di certo un luogo a cui si potesse accedere ancora vivi e poi tornarsene tranquillamente alla vita di sempre, eppure, almeno secondo i miti, alcuni riuscirono in quest’ardua impresa, tra questi: Anchise, Enea, Dardano, Orfeo, Assaraco, Armonia, Museo, Menelao e Cadmo.

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