Negli ultimi decenni la Morte sta uscendo dalla sua stanza colma di taboo e silenzio: non solo ci si chiede cosa vi sia dopo la morte ma anche nel suo “mentre”, ovvero, cosa si prova mentre ci avviamo verso il lungo addio?
Sembra invero che, mentre ci apprestiamo a dire addio alla nostra vita terrena, in realtà permanga una qualche forma di percezione legata ai nostri sensi: tatto, olfatto, udito, gusto e vista.
Nessuno può confermarcelo con certezza ma, in base a ciò che suggeriscono gli scienziati più all’avanguardia, i nostri organi sensoriali inizino a non funzionare più: perdiamo il senso del gusto, la capacità tattile ed uditiva, così come quella visiva ed olfattiva.
E le voci dei nostri cari accanto a noi? Riusciamo a sentirle?
Anche qui, non abbiamo riscontro: non possiamo sapere cosa i defunti provino o sentano, ma ci si può basare sulle cosiddette NDE (Near Death Experience), esperienze di pre morte la cui maggior parte però, ed è giusto segnalarlo, viene ritenuta poco affidabile.
Ricerche più recenti risalenti al giugno 2021, grazie al lavoro del Dott. Lawrence Ward – docente della British Columbia University – sostengono però che la nostra capacità uditiva tenda proprio a bloccarsi mentre siamo in procinto di andarcene:
grazie all’elettroencefalografia, che permette una scansione del cervello, gli studiosi hanno potuto analizzare l’attività elettrica cerebrale facendo la ricerca su 13 soggetti che, durante l’esperimento, si presentavano reattivi e coscienti, mentre 5 su 13 non reagivano.
L’esperimento proponeva l’ascolto di 5 toni uditivi e, nel mentre, la misurazione e analisi dell’attività del cervello.
Da questa ricerca è emerso dunque che negli ultimi momenti di vita – nelle ultime ore – il cervello nonostante la fase terminale riesca in qualche modo a reagire alle stimolazioni uditive nonostante la condizione di incoscienza del soggetto che, peraltro, non reagisce ad altri stimoli fisici.
“Quello che sappiamo è che alcuni dei sistemi uditivi di questi pazienti funzionano in quello che sembra essere vicino a un modo ‘normale'”.
Dott. lawrence Ward
Non sappiamo però cosa effettivamente il morente riesca a sentire ma solo basarci sull’attività cerebrale grazie all’encefalografia.
Può cioè sentire il suono ma, probabilmente, non riuscire a codificare il linguaggio nè comprendere di chi sia la voce.
La ricerca però cerca di trasmettere un messaggio molto dolce e, in qualche modo, speranzoso: continuare a parlare al nostro caro che ci sta per lasciare può essere duplice fonte di conforto sia per noi che per lui.