Similarmente alle altre religioni monoteiste, quella dell’Islam segue una visione legata alla morte di tipo livellatrice: tutti gli uomini, invero davanti alla morte sono uguali nel loro destino in attesa di una resurrezione secondo le decisioni di Allah.
Il Corano suggerisce (II,156): “Ad Allah apparteniamo e a Lui facciamo ritorno”, frase che ogni musulmano ricorda qualora venga a scomparire un proprio caro.
E’ proprio da tale scomparsa che si riflette sull’appartenenza di ogni individuo e creatura al Creatore – qui Allah – verso il quale, dopo la morte, si indirizzano la relatività del corpo, della vita e della storia di chi lascia questo mondo.
Ma che rapporto vi è tra l’uomo e l’aldilà nell’Islam?
“Gli uomini sono addormentati; quando muoiono, si svegliano”
Dalle parole del Profeta
La morte come passaggio e chiusura del ciclo dell’esistenza terrena e del suo abbandono, comprese le sue fragilità, limiti e relatività.
La morte è la conclusione dello spazio e del tempo, il ritorno all’Origine dello spirito, immutabile, eterna ed assoluta.
Essa è dunque il momento della resa dei conti, dove si verificano – attraverso la giustizia divina – le conoscenze di ogni credente davanti ad Allah.
Il defunto infatti viene messo davanti a Munkir e Nakir, due angeli che lo sottopongono ad una sorta di interrogatorio per verificarne la coerenza nella condotta nei confronti del Creatore.
In base alle risposte del defunto, si viene categorizzati in tali divisioni: i graziati, i puniti, gli onorati ed i disprezzati.
Il defunto quindi attende un periodo che terminerà solo al suono della Tromba che convoca al Giudizio Finale: ogni defunto, secondo tale visione, si sveglierà e riassumerà la forma identica a quella che aveva nel momento in cui è morto: “Il giorno in cui la terra sarà mutata in un’altra terra e in altri cieli i cieli, e compariranno le genti davanti a Dio, l’Unico, il Vittorioso” (Corano, XIV:48).
Verranno dunque soppesate le proprie opere buone e quelle negative.
Al momento del decesso, secondo la tradizione islamica, il defunto viene deterso secondo uno specifico rituale del corpo, alla quale la stessa anima assiste e al quale presenziano anche i poc’anzi citati Munkir e Nakir, che ne danno un’accenno della destinazione finale.
E’ proprio l’idea di speranza che permette ai dannati un’ultima possibilità al Paradiso, attraverso l’interposizione dei Profeti, ovvero la possibilità di accedervi attraverso un pentimento profondo, seppur tardivo.
Interessante è anche la visione di una prima e di una seconda morte in ogni creatura:
la prima morte coincide proprio con la nascita, mentre la seconda è la fine del proprio ciclo di vita sulla Terra. Il rapporto tra vita e morte è quindi stretto e risulta alla base dell’orientamento di ogni musulmano.
“Alcuni comportamenti relativi alla morte sono praticati in modo pressoché
universale dai musulmani. Idealmente un musulmano dovrebbe desiderare di
morire nella propria casa. Morire in una collocazione ospedaliera e remota non è in linea con la tradizione islamica. Il morente aspetta di essere visitato da amici
e familiari, che sono incoraggiati a pregare per il suo bene nella vita a venire.
Questo è un momento nel quale i musulmani ricercano il reciproco perdono per
eventuali eccessi che possano aver inavvertitamente commesso”
A decesso avvenuto gli occhi e la bocca vengono delicatamente chiusi, ed il corpo lavato per poi giungere all’abluzione rituale. Gli astanti compiono le Dua’, ovvero le suppliche per il defunto.
Il rito funebre segue un accelerazione dei tempi per quanto concerne la sepoltura, in tal modo il corpo non fa a tempo a corrompersi vista la celerità attraverso cui si compie la cerimonia, preservandone al contempo la dignità davanti agli occhi dei dolenti stessi.